“Cos’è l’amore? Ho scritto il romanzo quando è nata mia figlia, 23 anni fa. Mi sono chiesta: come posso essere sicura che lei sappia che io l’amo? Si può dire ti voglio bene, ti amo, mille volte. Ma come essere sicuri che le parole contengono quello che dicono? Cos’è l’amore?”. In occasione dell’uscita del romanzo “Amore”, ilLibraio.it ha intervistato la scrittrice norvegese Hanne Ørstavik che ha parlato, tra le altre cose, del suo rapporto con la lingua italiana e delle sue ultime letture

Dopo essere stato tradotto in più di venti lingue, arriva in Italia Amore (Ponte alle Grazie, traduzione di Luigi Spagnol) della scrittrice norvegese Hanne Ørstavik. L’autrice, vincitrice di numerosi premi e finalista al National Book Award 2018 per la letteratura in traduzione, che si è già fatta conoscere dai lettori italiani con il romanzo A Bordeaux c’è una grande piazza aperta, racconta la storia di Vibeke e Jon, una madre e un figlio che si sono appena trasferiti in un paesino dell’estremo nord. È il giorno prima del compleanno di Jon e in città fa freddo, molto freddo, come continuano a ripetere i due personaggi nel corso della lunga notte che trascorrono l’uno lontano dall’altra. La tragedia di questo romanzo breve è sottile e imprevedibile, si sviluppa lentamente, pagina dopo pagina, attraverso uno stile minimale e lapidario, che gela il lettore e lo lascia senza fiato.

Amore Hanne Ostarvik

Hanne Ørstavik, il titolo del suo romanzo preannuncia al lettore il tema principale del libro. Ma Amore non è una storia romantica, né sentimentale. Quale aspetto di questo sentimento voleva raccontare?
“Il titolo è per me piuttosto una domanda: cos’è l’amore? Ho scritto il romanzo quando è nata mia figlia, 23 anni fa. Mi sono chiesta: come posso essere sicura che lei sappia che io l’amo? Si può dire ti voglio bene, ti amo, mille volte. Ma come essere sicuri che le parole contengono quello che dicono? Cos’è l’amore?”.

Come in A Bordeaux c’è una grande piazza aperta, anche in Amore sono fondamentali gli incontri. I due libri sono legati in qualche modo?
“Fra Amore e A Bordeaux c’è una grande piazza aperta sono passati 16 anni e altri 8 romanzi, ma siccome per me tutti miei romanzi sono legati, uno porta al prossimo, così fanno parte di un solo grande movimento, che penso si possa condensare in questo: imparare ad amare”.

Al centro del romanzo c’è il rapporto tra madre e figlio, eppure questi due personaggi sono separati praticamente lungo tutto il corso dell’arco narrativo, se si esclude l’inizio. 
“È il tema del libro. È disturbante”. 

Durante la notte che trascorrono lontani, Jon pensa continuamente a sua madre, mentre lei raramente rivolge pensieri al figlio. Come descriverebbe il personaggio di Vibeke?
“Per me, Vibeke vive nella sua testa, nelle sue idee. Vive secondo le immagini e le frasi prestate. È una persona che non sa cosa prova, solo cosa pensa. E se l’amore è una cosa che si prova, lei non saprebbe riconoscerlo. Però lo cerca con tutta se stessa”.

Il linguaggio che ha scelto di utilizzare è glaciale, proprio come la notte che vivono i due protagonisti. L’aspetto più particolare del suo libro, però, è lo stile, il montaggio delle scene, che si alternano come se fossero le immagini di un film. Come l’ha costruito?
“L’ho scritto alternando Vibeke e Jon, senza un piano, non sapevo niente prima che accadesse nel testo, sapevo solo che scrivendo seguivo le mie paure; il romanzo è scritto al presente, tutto accade adesso e adesso, come in un film horror”. 

Lei ha imparato l’italiano in poco tempo. Come prosegue lo studio della nostra lingua?
“Bene, spero! Sono gratissima di poter leggere scrittori italiani in italiano. Quello è anche il mio metodo per approfondire di più: leggere e leggere”.

Poco più di un anno fa, in una precedente intervista, aveva citato Elena Ferrante, Donatella Di Pietrantonio, Elsa Morante e Massimo Recalcati. Ci sono altre autrici e autori italiani che ha scoperto negli ultimi mesi?
“Sì, certo! Ho letto con molto piacere Daria Bignardi, Nadia Terranova, Rossella Milone, Marco Missiroli. Sto leggendo Nathalia Ginzburg, Lessico famigliare. Eh sì! Anche Stefano Sgambati ho letto, e vorrei incominciare i libri di Valeria Parrella e Anna Maria Ortese, che sono qui nella mia libreria. E vorrei leggere Svevo!”. 

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