Hanya Yanagihara è tra le scrittrici contemporanee più apprezzate. Il suo romanzo cult, “Una vita come tante” (titolo originale “A little life”), è diventato un vero e proprio caso editoriale, non solo per la qualità narrativa e per la delicatezza delle tematiche affrontate, ma anche grazie ai social (e al passaparola su TikTok in particolare), dove spesso appare nelle classifiche dei “libri consigliati per piangere”. Per scoprire le ragioni letterarie di un passaparola così trasversale, vi proponiamo un approfondimento dedicato all’autrice e ai suoi libri: dall’esordio, “Il popolo degli alberi”, al nuovo romanzo, “Verso il paradiso”

Sebbene, per sua stessa ammissione, Hanya Yanagihara non ami in particolare modo twittare, è di certo proprio lei una delle scrittrici contemporanee maggiormente “cinguettate” dal popolo della rete; e ciò non soltanto per i ruoli di prestigio da anni affidatile all’interno delle principali riviste dello stile americano – da Condé Nast Traveler al T magazine – ma soprattutto per aver regalato al suo pubblico romanzi di notevole impatto social(e), sia per qualità narrativa sia per delicatezza delle tematiche affrontate.

Oltreché virali dal punto di vista della condivisione: prima oggetto di dibattito presso i più importanti forum di bibliofili, poi centro di interventi su ogni altra piattaforma culturale e di intrattenimento, è con l’approdo su Tiktok che il fenomeno Hanya Yanagihara ha fatto un nuovo salto, anche grazie alle molteplici video-recensioni che, nell’inserire Una vita come tante in cima alle classifiche dei “libri più consigliati per piangere”, ne hanno incentivato un costante ritorno nelle classifiche di vendite, trasformando il romanzo cult in un longseller.

Ma quali, alfine, le ragioni letterarie di un passaparola così trasversale? Per saperne di più, e per riflettere quindi sul successo di Hanya Yanagihara, ecco a voi un breve viaggio nella sua opera.

Hanya Yanagihara (Photo by David Levenson/Getty Images - gennaio 2022)

Hanya Yanagihara (Photo by David Levenson/Getty Images)

I libri di Hanya Yanagihara

Il popolo degli alberi, Una vita come tante, Verso il paradiso, sono questi i libri di Hanya Yanagihara che hanno determinato la fama dell’autrice; difficili da ricondurre a un medesimo sotto-genere (se non, in piccola parte, quello della narrazione identitaria), ciascuno dei romanzi si interroga sulle contraddizioni dell’animo umano disvelando, nei relativi protagonisti, sfumature esistenziali a dir poco divisive.

“In qualità di scrittori, è nostro specifico dovere suscitare empatia nei confronti di tutti i personaggi, specialmente i più deplorevoli”, così dichiara Hanya Yanagihara in merito al suo processo di scrittura: “(…) Credo che ognuno di noi sia molto più complesso e difficile da decifrare di quanto le sue azioni lascino a intendere”. E non che tale proposito risulti disatteso; nel loro essere provocatori per esplicita scelta autoriale, i libri della scrittrice statunitense di origini hawaiane, nata Los Angeles il 20 settembre 1974, ci richiedono, per essere apprezzati, un’astensione da ogni forma di pregiudizio, affidandoci al flusso degli eventi con la sicura consapevolezza che, a ogni capovolgimento di trama, ben potrebbe la storia ritrovarci innamorati o puranche costernati nel profondo.

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A little life – Una vita come tante

copertina del romanzo Una vita come tante, titolo originale A little life, di Hanya Yanagihara

Prova ne siano i numerosi altolà che, sui blog di settore, mettono in dovuto allarme chiunque intenda approcciare le oltre mille pagine di A little life (Una vita come tante, nella traduzione italiana di Luca Briasco, per Sellerio, dove è uscito nel 2016, a un anno di distanza dalla pubblicazione americana), il romanzo di Hanya Yanagihara più apprezzato dalla critica ma anche il più recensito dalla platea di lettori.

Mi sta uccidendo”, “Ho finito il libro, o è stato il libro a finire me?”, “Se hai mai pensato al suicidio, non aprire questo libro per nessun motivo al mondo”, sono solo alcuni degli accorati commenti che meglio ci descrivono la sua esperienza di fruizione; abusi su minori, autolesionismo e perdita della persona amata, questi gli scioccanti avvertimenti (o trigger warnings) che dovunque caratterizzano le problematiche del libro.

Ciò detto, e nonostante una pressoché inenarrabile sequela di sventure si abbatta sul percorso di Jude e sulla sua famiglia di amici newyorkesi Willem, Malcolm e JB, A little life travolge la lettura in una spirale di sentimenti contrapposti, da una parte augurandoci tutti che l’accanimento sui suoi personaggi arrivi quanto prima alla conclusione, dall’altra affezionandoci così tanto da lasciarci disperati di fronte allo straziante finale.

In tal senso, Hanya Yanagihara ci abitua alla chimica del dolore rendendoci, capitolo dopo capitolo, quasi assuefatti ad essa; non a caso, una volta terminato il libro, ciò che si realizza è simile a una vera e propria “crisi di astinenza” sicché, anche a distanza di anni, la sua rilettura – e vale la pena provare – potrebbe paragonarsi alla ricaduta in una dipendenza. E che non sia forse questa la spiegazione di cotanto clamore: nel suo essere coinvolgente a un punto tale da risultare insostenibile, A little life ragiona sui traumi della generazione Y (quella dei nati dopo il 1981, dalla smania di riuscita alla paura del fallimento) con una veridicità tale da renderci non soltanto spettatori, ma puranche compartecipi nelle drammatiche vicende dei protagonisti.

Discorso di merito sul biglietto da visita; nello scegliere l’Orgasmic man di Peter Hujar quale accattivante immagine di copertina, Hanya Yanagihara riassume con eleganza il binomio piacere/sofferenza che di lì a poco ci devasterà il cuore.

Il popolo degli alberi

copertina del libro il popolo degli alberi di Hanya Yanagihara

E non che il suo romanzo d’esordio fosse meno sorprendente (leggasi disturbante): ambientato nell’arcipelago micronesiano e liberamente ispirato alle ricerche di Daniel Carleton Gajdusek – Premio Nobel per la medicina nel 1976 e scopritore del morbo di kuru, poi indagato per molestie sessuali su quegli stessi bambini da lui curati -, Il popolo degli alberi (Feltrinelli lo ha pubblicato in Italia nel 2020, nella traduzione di Francesco Pacifico, mentre oltreoceano era stato pubblicato nel 2013) di Yanagihara già ci ricorda, dell’autrice, la propensione per l’ambivalenza. Sì, perché nel mentre la vicenda ci appassiona, e il Dottor Perina ci accompagna nell’esplorazione di U’ivu, ecco il nostro amabile protagonista d’improvviso mutare in uno scienziato privo di scrupoli, disposto a ogni cosa pur di rivelare il segreto dell’immortalità tramandato dagli Ivu’ivuiani. Ma è oramai troppo tardi: complici, senza nemmeno accorgercene, di pagine crude e impossibili da digerire, una parte di noi continua a parteggiare per il vecchio ricercatore, convinti che qualcosa dell’inaccettabile memoriale di viaggio sia stato, quantomeno, oggetto di mistificazione. Una trappola cui è difficile sfuggire.

Verso il paradiso: il nuovo libro di Hanya Yanagihara

Verso il paradiso (To paradise), il nuovo libro di Hanya Yanagihara

Che cosa aspettarci, dunque, dal nuovo libro To Paradise, titolo originale di Verso il Paradiso (traduzione di Francesco Pacifico, Feltrinelli)? Difficile prevederlo – Hanya Yanagahara trova sempre il pretesto per spiazzarci – quel che è certo è che, fin dalla sua struttura, il testo si propone come ambiziosa novità letteraria: collocato in una versione alternativa dello Stato di New York e sviluppato a ridosso di tre secoli (dal 1893 al 2093), il romanzo si compone di tre differenti storie ciascuna delle quali destinata a intrecciarsi nella cornice comune dell’odierno Greenwich Village. Per quivi raccontare, al di là del passaggio del tempo, quali sono i sentimenti che più ci rendono umani (amore, paura, solitudine e bisogno). Nell’attesa di immergervi nella trama, fazzoletti a portata di mano.

In conclusione, e per sottolineare quanto davvero l’intervento del suo pubblico abbia reso Hanya Yanagihara un fenomeno “di scuola”, pare opportuno riportare lo stralcio di un’intervista rilasciata dall’autrice al settimanale Panorama in occasione dell’uscita di Una vita come tante: “La mia speranza era arrivare a un piccolo gruppo di lettori che sentisse che questo romanzo parlava loro direttamente (…) Non pensavo a grandi numeri, ma a pochi appassionati. Il fatto che sia diventato un caso editoriale continua a sorprendermi”.

Quasi a confermare che, nella sua emotività straordinaria e condivisa, il successo di Una vita come tante è altresì ciò che è successo grazie all’unione di tutti i suoi lettori.

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