Nel suo romanzo d’esordio, la giornalista Marianna Aprile racconta la storia di una freelance quarantenne che sembra aver perso il controllo sulla propria vita, tanto nel lavoro quanto nelle relazioni. Ma il ritrovamento inaspettato di una spilla da balia cambia la sua frenetica quotidianità, diventando il pretesto per fermarsi e poter tornare a respirare…

Il romanzo d’esordio di Marianna Aprile, giornalista e già autrice di saggi (tra cui Il grande inganno, Piemme), ci proietta subito nell’ambivalenza della storia con un titolo dal duplice significato. In balia (La Nave di Teseo) rievoca la spilla da balia, un oggetto d’uso comune che dà origine a un valzer di vite e di incontri, e al contempo l’essere in balìa degli eventi, una sensazione che soffoca la protagonista nel suo lungo percorso di ricerca.

Copertina del libro In balia

La vicenda narrata dall’autrice vede come protagonista Virginia Rocchi, freelance quarantenne, che sembra aver perso il controllo sulla propria vita tanto nel lavorogiornalista, ma non per scelta – quanto nelle relazioni. La sua quotidianità è un giro sulle montagne russe tra Milano e Roma, un disperato tentativo di tenere insieme tutte le storie che racconta ogni giorno per lavoro e quelle che la travolgono, provenienti dagli amici più cari.

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La realtà di Virginia è fatta di voci che si sovrappongono e di persone che faticano a restare, ed è in questo vortice impazzito che cerca di dare un senso alle cose, anche alle più piccole, per provare a mettere ordine nel caos. E così, in un mondo di infinite possibilità, una spilla ritrovata in fondo a un armadio diventa il motore per una vera e propria missione.

“Una banalissima spilla da balia di metallo, in tutto simile a quelle che legano i cartellini con il prezzo agli abiti, nei negozi. Forse appena più grande. Eppure diversa. Poi l’occhio era finito sull’interno di quel pezzetto di carta. Una grafia sottile e antica, elegante ma figlia di una mano che avrebbe detto non più salda, ci aveva scritto sopra: La sua unica colpa è aver amato un uomo“.

Di qui inizia il viaggio di Virginia alla ricerca affannosa della proprietaria di quell’oggetto, un viaggio che la porta a rievocare episodi di oltre settant’anni prima, facendo riemergere antichi dissapori, ricordi di famiglia e vicende che col tempo sono sbiadite tra le pagine dei giornali, ma che sono ferite più attuali che mai.

La scrittrice Marianna Aprile

Marianna Aprile (foto di Maki Galimberti)

Nel turbinio della vita di Virginia rintracciamo qualcosa di molto familiare: l’essere sempre in movimento, alla ricerca della nostra realizzazione personale tra lavoro, famiglia e amici, lo schizzare da un posto all’altro come schegge impazzite per non darci il tempo di riflettere su cosa realmente vogliamo e per non dare modo agli altri di giudicare le nostre azioni e il nostro percorso.

Riconosciamo il suono costante delle notifiche, dei messaggi, dei social che scandiscono il ritmo di un tempo dilatato e irreale. E come Virginia, in tutta questa frenesia, siamo in realtà vite in attesa, alla ricerca del pretesto per fermarsi e poter tornare, finalmente, a respirare.

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