“Nella vita a volte il dolore arriva, e non puoi far finta di niente. Ma può diventare uno strumento, e insegnarti qualcosa. A volte, può diventare la tua arma”. Nel fantasy “Le Cinque Rive”, l’autrice e content creator Chiara Cecilia Santamaria (conosciuta come @boomfiction su TikTok e @machedavvero su Instagram) narra l’importanza di affrontare le proprie fragilità per trasformarle in un punto di forza. Questo romanzo, che inaugura la nuova linea di Gribaudo Fantasy “Fenice”, dedicata ai giovani adulti, tratta quindi tematiche come l’amore (in tutte le sue forme), la ricerca d’identità, l’insicurezza e la salute mentale, interpretando il genere fantasy come “una grande metafora per parlare di realtà”. I protagonisti, Bram e Deva, si muovono in un mondo vasto, insidioso e ricco di magia, su cui incombe una minaccia proveniente dal passato. ilLibraio.it ha intervistato Cecilia Santamaria per parlare dei temi centrali del libro, del processo di creazione del suo mondo fantastico e della sua evoluzione come creatrice di contenuti online

“Una grande metafora per parlare di realtà”: è così che l’autrice e content creator Chiara Cecilia Santamaria (conosciuta come @machedavvero su Instagram), definisce il genere fantasy. A prima vista un ossimoro, l’opposizione tra realtà e fantastico: ma basta addentrarsi di qualche pagina all’interno del suo romanzo, Le Cinque Rive (Gribaudo), per cogliere il significato di queste parole, e per vedere i due estremi – crudo realismo e magiche atmosfere– fondersi con naturalezza.

Questo perché all’interno di un mondo vasto e insidioso, ricco di magia, minacce e leggende sussurrate, si muovono personaggi con fragilità e dubbi, i cui pensieri parlano direttamente all’orecchio del lettore, ricordandogli le proprie personali (e reali) battaglie.

“I miei personaggi sono tutti un po’ rotti, fallimentari, insicuri”, racconta l’autrice intervistata da ilLibraio.it, “e non risolvono automaticamente i loro problemi, ma trovano il coraggio di chiamarli per nome e guardarli in faccia, di affrontare il nemico anche con le mani che tremano, perché capiscono la necessità di attraversare quel momento”.

Le cinque rive

Le Cinque Rive è il titolo che inaugura la linea Fenice del nuovo progetto editoriale Gribaudo Fantasy, che dopo la collana Pixie (diretta ai lettori dagli 8 ai 10 anni) e Kimera (dedicata al pubblico middle grade), rivolge la sua attenzione ai giovani adulti, proponendo delle storie che cercano di trattare, sotto diversi punti di vista, temi come la salute mentale, l’amore, le insicurezze, fondamentali durante la costruzione della propria identità.

Il fantasy, d’altronde, è un genere particolarmente popolare tra le nuove generazioni, soprattutto su #BookTok, che di queste storie apprezza le ambientazioni coinvolgenti, il carattere avventuroso e la presenza, spesso, di appassionanti storie d’amore (anche LGBTQ+). Ed è anche in questo ambiente, sempre alla ricerca di nuove storie, che Chiara Cecilia Santamaria, conosciuta su TikTok come @boomfiction, crea oggi i suoi contenuti.

Cecilia Santamaria ha cominciato a comunicare online in un periodo in cui internet non era ancora sinonimo di social: era il 2008, e sul suo blog Ma che davvero, raccontava la sua vita personale, la sua esperienza con la maternità (che ha ispirato la scrittura del suo primo libro, Quello che le mamme non dicono, Rizzoli, 2010) e le sue passioni.

“Ho iniziato quando i ‘blogger’ si contavano sulla dita di una mano, perché mi ha sempre affascinato questo mondo di condivisione e narrazione online”, ci spiega l’autrice.

Ma da qui ha continuato la sua evoluzione, seguendo i veloci cambiamenti della tecnologia e la dinamicità della sua vita personale: tra trasferimenti a Londra e la scrittura di un secondo libro (Da qualche parte nel mondo, Rizzoli, 2015), Chiara Cecilia Santamaria è passata ad altre forme di comunicazione, da Youtube a Instagram.

“Mi fa sorridere che io sia stata chiamata in mille modi: blogger, youtuber, instagramer, tiktoker. La mia passione per la creatività, le storie e la comunicazione ha trovato sui social il modo più libero ed entusiasta per esprimersi. Nel tempo i miei contenuti si sono adattati al linguaggio dei diversi media, e il contatto con una realtà internazionale e con nuove voci online mi ha decisamente fatta maturare come individuo, aprendomi a una sensibilità che prima non avevo”.

La stessa uscita del suo ultimo romanzo è stata un’occasione per costruire una storia e condividerla con il proprio pubblico: negli intensi giorni di lavoro precedenti alla consegna del libro all’editore, Cecilia Santamaria ha realizzato diversi video, molto apprezzati dagli utenti, che mostravano il lungo percorso di ricerca a cui deve prestarsi uno scrittore fantasy (e non solo): “Come autrice mi sembrava bello mostrare anche ciò che è antecedente alla pubblicazione, crisi e fatica incluse”, ci ha detto. “Dal momento che Le Cinque Rive è ambientato in un mondo alternativo, il lavoro di worldbuilding è stato particolarmente intenso”.

Le Cinque Rive, infatti, ci trascina in un mondo assai diverso dal nostro: il regno di Radian, suddiviso in diverse regioni chiamate “Rive”, differenti per clima, cultura e capacità degli abitanti. Gli Anni delle Nebbie, pieni di sangue e massacri, hanno lasciato un segno vivido nella memoria dei cittadini, e il seme della paura affonda ancora le radici nei loro cuori. È da un secolo che le Rive sono arrivate a una pace apparente, dopo anni di guerra e terrore. Ma una minaccia proveniente da quel cupo passato sembra farsi ogni giorno più vicina…

Le cinque rive mappa

Il regno di Radian si apre davanti agli occhi del lettore poco per volta, seguendo la guida di Chiara Cecilia Santamaria: “Come autrice devo conoscere molto bene il ‘mio’ mondo, quindi mi è capitato di studiare di tutto: da ricette tipiche di territori ai quali ispirarmi a regole di strategia militare, dall’equitazione alle tecniche di orientamento”.

Il risultato è un’ambientazione ricca di dettagli, usanze, piatti tipici, colori, odori e costumi. Un’atmosfera intrigante, ma non idilliaca: anche a Radian esistono le ingiustizie e i pregiudizi, la sete di potere e la guerra; esistono individui che rimangono a guardare, indifferenti, e persone che invece, anche se costa fatica e sofferenza, decidono di lottare per fare del bene. Ancora una volta, una “grande metafora” per parlare della nostra società.

Bram, giovane apprendista dell’ordine del Cerchio, i cui membri proteggono e perseguono l’armonia e l’ordine, è chiamato a partire alla ricerca di Aral, un bambino di 9 anni, scomparso prima che il suo importante destino venisse rivelato.

Nel frattempo, in un’altra Riva, Deva, l’unica figlia di una ricca famiglia di commercianti, vede quella stessa famiglia sterminata davanti ai suoi occhi. Dovrà così intraprendere un lungo cammino alla scoperta della propria forza interiore, uscendo per la prima volta da quella campana di vetro sotto cui è stata sempre trattenuta.

Sia Bram che Deva troveranno molti ostacoli sulla loro strada, a partire da ciò che ribolle dentro di loro: il primo è tormentato da dubbi sulle proprie capacità e sul proprio destino (oltre che da improvvise allucinazioni); la seconda vive forti episodi di crisi autolesionistiche, e sente di aver perso la propria identità assieme alla sua famiglia.

Sono “temi forti ma necessari“, quelli che, secondo Cecilia Santamaria, toccano le vite dei protagonisti: “Una vera conversazione senza tabù attorno alla salute mentale e alla (faticosa) ricerca della propria identità sta nascendo solo ora, mentre è importante, specialmente per i più giovani, parlarne, leggerne, vedere rappresentate più realtà e situazioni. Anche nei fantasy“.

Ed è così, quindi, che i personaggi attraversano una graduale metamorfosi, nel tentativo di rispondere alla domanda “chi sono?“. Dare una risposta non è facile, perché in questo romanzo, così come nella vita vera, non esistono solo il bianco e il nero, ma anche un centinaio di sfumature intermedie.

Il cambiamento che coinvolge Bram e Deva li porta a fare i conti, inevitabilmente, con le ferite che portano dietro da tutta la vita, e che, alla fine, impareranno ad accettare e a sentire come parte del loro sé.

Appare chiaro, quindi, il significato che l’autrice voleva trasmettere: “La mia dedica recita ‘a chi ha fatto del suo dolore il suo potere’ e il messaggio che vorrei dare è: nella vita a volte il dolore arriva, e non puoi far finta di niente. Ma può diventare uno strumento, e insegnarti qualcosa. A volte, può diventare la tua arma“.

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