A cura di Daniele Pasquini, in libreria con il romanzo “Selvaggio Ovest”, un ampio percorso di lettura, ricco di suggerimenti che dal passato arriva al presente, tutto dedicato alla narrativa western di ieri e di oggi: “Potrebbe venire naturale pensare agli amanti del western come a dei tradizionalisti o dei nostalgici, ma in realtà il western non è così monolitico, è un filone florido, che esiste e resiste proprio perché la frontiera può accogliere tutti…”

Dici western e pensi a John Wayne. O a Paul Newman, a Gary Cooper, o a Clint Eastwood. Pensi sempre e comunque a un maschio bianco, tutto d’un pezzo. Il prototipo del protagonista dei western – almeno di quelli che si sono consolidati nell’immaginario grazie al cinema di Hollywood – somiglia all’eroe omerico, giusto un filino più ombroso e machista.

È naturale, quindi, pensare agli amanti del western come a dei tradizionalisti: o dei nostalgici, o addirittura dei passatisti, dei conservatori che nel caro e vecchio west ritrovano le origini mitologiche e la giustificazione della propria indole reazionaria, le armi da far tuonare contro una società eccessivamente liberale, e un saloon in cui andare a bere al riparo dall’imperante ideologia woke… Ma in realtà il western non è così monolitico. È un filone florido, che esiste e resiste proprio perché la frontiera può accogliere tutti.

È vero che il western letterario, negli ultimi 50 anni, risponde principalmente ai nomi di Cormac McCarthy e Larry McMurtry, ma identificare il genere esclusivamente come una cosa vecchi o da maschi è un errore di prospettiva storica. Tant’è che la narrativa western nacque con una donna.

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Alcuni esempi di dime novels, via James Vaughan

Quando ancora la vita di frontiera nell’Ovest era cronaca, sulla costa orientale degli USA cresceva la fame di storie sulla civilizzazione delle terre selvagge. Iniziarono così a diffondersi le dime-novels, romanzi popolari a larghissima diffusione. Il primo romanzo a ottenere un grandissimo successo – 300.000 copie nell’anno di pubblicazione – fu Malaeska: The Indian Wife of the White Hunter di Ann S. Stephens, autrice nata in Connecticut nel 1810 e considerata a tutti gli effetti la madre della narrativa western.

Tra le autrici di grande successo – perlopiù dimenticate – figura anche Dorothy M. Johnson, nata in Iowa nel 1905, e di cui Mattioli1885 pubblica meritoriamente in Italia la raccolta L’uomo che uccise Liberty Vallance: un nome, quello di Johnson, che può dire poco ai lettori italiani, ma le cui storie ispirarono almeno tre enormi successi cinematografici: oltre a L’uomo che uccise Liberty Valance con John Wayne e James Stewart, Un uomo chiamato cavallo con Richard Harris e L’albero degli impiccati con Gary Cooper.

Insuperabile, nel racconto della vita dei primi coloni immigrati nell’Ovest, fu Willa Cather, la cui opera è frammentata tra i cataloghi di troppi editori, ma il cui Pionieri – pubblicato ancora una volta da Mattioli1885 – è un capitolo irrinunciabile.

Pionieri (Mattioli1885)

Come irrinunciabili sono i racconti di Annie Proulx, oggi raccolti in due volumi da Minimum Fax. Nelle sue Storie del Wyoming brilla, tra gli altri, Brokeback Mountain, trasposto per il cinema da Ang Lee, con la sceneggiatura firmata da Larry McMurtry: gemma indiscussa del western contemporaneo, e probabilmente l’esempio più fulgido di come la frontiera possa offrire prospettive di indagine oltre gli stereotipi.

E se il western alle origini intendeva costruire lo spirito di una nazione che stava nascendo, nel tempo ha imparato a fare i conti con la verità storica che la mitologia aveva tentato di seppellire: il genocidio dei nativi è oggi evidente in tutta la sua tragicità, anche grazie a centinaia di pellicole e romanzi.

Fortunatamente, negli ultimi tempi, in Italia si è scelto di valorizzare anche le opere di autori nativi: tra le voci più significative c’è quella di Scott Momaday, autore di etnia Kiowa nato nel 1934 a Lawton, autore di Casa fatta di alba (Black Coffee traduzione di Sara Reggiani), vincitore del Pulitzer per la narrativa del 1969; così come James Welch, tra i maggior autori di origine nativo americana (discendente da Black Feet e Gros Ventre), il cui capolavoro L’ultimo giorno di Jim Loney è stato proposto con la traduzione di Nicola Manuppelli, sempre da Mattioli1885, nel 2023.

Casa fatta di alba (Edizioni Black Coffee)

Lo scorso anno è stato pure pubblicato in Italia un romanzo di Stephen Graham Jones (anche lui di origine Black Feet): Gli unici indiani buoni, (Fazi, traduzione di Giuseppe Marano), che evoca atmosfere horror ma che riprende nel titolo la macabra frase del Generale Philip Sheridan, al tempo delle guerre contro i nativi (“L’unico indiano buono è un indiano morto”).

Gli unici indiani buoni (Fazi)

E a proposito di indiani, un romanzo mozzafiato lo ha scritto Micheal Punke, l’autore di Revenant (Einaudi, traduzione di Norman Gobetti): il suo ultimo libro, Il crinale (traduzione di Gaspare Bona), è basato sulla vera storia della battaglia di Fort Phil Kearney, dove la resistenza delle popolazioni indigene sconfisse l’esercito dei visi pallidi. Il romanzo celebra – e presenta i punti di vista – di due figure mitiche della resistenza dei nativi, Nuvola Rossa e Cavallo Pazzo.

Il crinale (Einaudi)

Dicevamo, solo maschi bianchi?

Degna di nota è la vicenda di Nat Love, divenuto poi noto come “Deadwood”: nato da una famiglia di schiavi in una piantagione del Tennessee, una volta libero divenne addestratore di cavalli, cowboy, pistolero di fama leggendaria, e anche autore di un’autobiografia di successo. Nat Love è anche un personaggio che compare in diverse storie scritte da J.R. Lansdale, nonché il protagonista del romanzo Paradise Sky (Einaudi, traduzione di Luca Briasco) uscito nel 2015.

Un ultimo capitolo lo merita l’Italia, che con la tradizione degli Spaghetti Western negli anni ’60 e ’70 ha di fatto dato nuova linfa al genere.

Ma già a inizio Novecento, alle nostre latitudini, la frontiera faceva sognare: basti pensare a La fanciulla del West di Giacomo Puccini, alla trilogia di romanzi western scritti da Emilio Salgari, o ai fascicoli Buffalo Bill l’eroe del Wild West pubblicati dall’editore fiorentino Nerbini. Negli anni ’30 e ’40 il mito di Buffalo Bill era così forte da generare imbarazzo tra le gerarchie fasciste, che in tempo di guerra mal tolleravano l’idea che si potesse venerare apertamente un eroe americano…

Ma lo spirito della frontiera, anche nelle patrie lettere, è vivo e vegeto ancora oggi. Vecchie e nuove generazioni di autori trovano nel genere western un mondo di possibilità narrative, con declinazioni local spesso riuscite e tutt’altro che forzate: basti pensare al western pugliese di Omar Di Monopoli (Adelphi, Feltrinelli), all’ambientazione sarda de La Cantadora di Vanni Lai (Minimum Fax), a quella Veneta della fortunata trilogia Senza Patria di Matteo Righetto (Mondadori), ai western toscani di Vincenzo Pardini e ancora ai briganti maremmani raccontati da Mauro Garofalo ne Il fuoco e la polvere (Frassinelli) o da Filippo Cerri in Di macchia e di morte (effequ).

Parafrasando Cormac McCarthy: il West non è solo un paese per vecchi, è davvero di tutti.

Selvaggio Ovest di Daniele Pasquini

 

L’AUTORE E IL LIBRODaniele Pasquini è nato nel 1988 in provincia di Firenze e lavora come addetto stampa nel mondo editoriale. Ha esordito nella narrativa nel 2009 con Io volevo Ringo Starr, uscito per Intermezzi Editore. I suoi racconti sono comparsi su riviste e antologie, e nel 2022 ha pubblicato per SEM Un naufragio.

Selvaggio Ovest, romanzo edito da NN Editore, trasporta il West americano in terra toscana e lo trasforma in quotidiana leggenda da tramandare a voce…

Alla fine dell’800 l’Italia è da poco un unico stato, ma nelle campagne non è cambiato nulla o quasi: i butteri della Maremma, i mandriani a cavallo, badano come sempre al bestiame e si guardano dai briganti che infestano la zona. Penna, un buttero capace e taciturno, insieme a suo figlio Donato ha appena fatto arrestare Occhionero, uno dei fuorilegge più spietati.

Nel frattempo, la giovanissima Gilda, figlia di un carbonaio, medita vendetta contro i complici di Occhionero, colpevoli di averle usato violenza; quando il brigante prepara la fuga dalla caserma, presidiata dal vanesio Orsolini, arriva in Italia il Wild West Show, il grandioso spettacolo di Buffalo Bill, che insieme a pistoleri e capi indiani gira il mondo in cerca di guadagni e di fama. E mentre lo Show si sposta a Firenze, un furto di cavalli intreccia le vite dei protagonisti, innescando la catena di eventi che condurrà fino al drammatico scontro finale…

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