“I mosaici della basilica di Aquileia sono affiorati dalla terra in cui hanno riposato per oltre mille anni proprio come ricordi, in stupefacenti affreschi di un pensiero antico, liberati finalmente dal cocciopesto e dal marmo medievale che li hanno ricoperti fino al 1906”. In occasione dell’uscita del suo nuovo romanzo, “Figlia della cenere”, su ilLibraio.it la riflessione di Ilaria Tuti

Che cosa siamo se non il patrimonio di esperienze, emozioni e progetti che ci portiamo dentro? Che cosa saremmo senza i ricordi che ci definiscono, pietre miliari del cammino percorso e punti cardinali della strada ancora da compiere?

Me lo domando spesso, scavando nella storia. Personale, delle comunità, della mia terra. Seguo questi frammenti per trovare storie ancora da comporre.

Quando la ricerca e la curiosità mi hanno portato ad Aquileia – patria del Friuli e dei Patriarchi, ma prima ancora ricca e potente città dell’Impero romano, crogiolo di popoli e mutamenti culturali –, davanti ai suoi lacerti musivi paleocristiani unici e tra i più estesi al mondo, ho pensato fortemente che la vita di ciascuno di noi è un immenso mosaico in divenire composto da tessere di ricordi.

Tutta la memoria di cui disponiamo non è che un continuo processo di scelta e conservazione, che ha inizio con la fotografia di un particolare in un determinato istante, quando tutto ciò che lo circonda è fuori fuoco. Un processo mnemonico di ricostruzione, quindi, e non di attendibile registrazione. La realtà incredibilmente complessa in cui siamo immersi non ci permette di rilevare ogni singolo aspetto di un evento. Come un obiettivo fotografico, il cervello immortala un soggetto che la nostra attenzione sceglie tra tanti.

Ricordare significa ricostruire un momento della nostra vita recuperando questi scatti, mettendoli uno accanto all’altro per ottenere un disegno più complesso e più ampio. Tutto ciò che non era a fuoco viene interpretato, immaginato, riempito anche con falsi ricordi.

Ecco perché testimoni di un identico fatto possono riferirlo in mondo anche sostanzialmente diverso. Ecco perché i ricordi possono cambiare nel tempo, arricchendosi di nuovi particolari, sostituendone altri, rinunciando magari agli aspetti che infondono dispiacere o disagio, mettendo in luce quelli più graditi.

Componiamo incessantemente la memoria, posando ogni frammento di colore, di ombre, di luci, odori, suoni, per creare – letteralmente – l’esperienza vissuta. Creiamo il mosaico della nostra vita, che va a sovrapporsi a quello di chi incontriamo.

I mosaici della basilica di Aquileia sono affiorati dalla terra in cui hanno riposato per oltre mille anni proprio come ricordi, in stupefacenti affreschi di un pensiero antico, liberati finalmente dal cocciopesto e dal marmo medievale che li hanno ricoperti fino al 1906. Testimonianza del cristianesimo primigenio probabilmente arrivato da Alessandria d’Egitto, opera eccelsa di maestranze mediorientali, non sono solo un’opera d’arte che ha come fondamenta una delle case di Dio più antiche d’Europa. Troppo mirabili e troppo costosi per essere stati, a quei tempi e con quei mezzi, meri ornamenti.

Le decorazioni non richiedono sforzo interpretativo. I mosaici di Aquileia, sì. Sono un cammino iniziatico e misterico sul quale il catecumeno era chiamato a camminare per leggerne i simboli e dare le risposte ai grandi misteri del credo; risposte racchiuse nelle figure tracciate sotto i suoi piedi, in alcuni casi rimaste ancor oggi arcane. Una liturgia che, passo dopo passo, lo portava un po’ più vicino a Dio.

Ma i mosaici di Aquileia non sono solo preziose tessere di Storia. Rappresentano immagini di vite vissute, sono la testimonianza di esistenze passate, delle mani capaci di creare meraviglie con piccoli frammenti di pietra e smalti. Con il fango della condizione terrena, quelle mani hanno innalzato ciò che nel profondo sentire dei primi cristiani rappresentava la porta del paradiso, e hanno tracciato la mappa per arrivarvi.

Davanti a simili tesori di fede, rifletto sul fatto che il mosaico ha anche un significato più profondo e personale. Tutti noi siamo tessere che messe vicine le une alle altre completano un disegno più ampio, più complesso, potenzialmente infinito. E tutti noi, nella vita, prima o poi siamo chiamati a rimettere assieme i pezzi per andare avanti, con un continuo scomporre e ricomporre mosaici mnestici che rispondono a un bisogno intimo della psiche, a una necessità primordiale, che si traveste da narrato quando in realtà altro non è che istinto di conservazione.

Ricordiamo per vivere, ma alteriamo di continuo i ricordi per sopravvivere.

 

L’APPUNTAMENTO CON “LIBIVE” SULLA PAGINA FACEBOOK DE ILLIBRAIO.ITL’8 giugno alle 18 Ilaria Tuti presenta il suo nuovo romanzo, Figlia della cenere, con Annachiara Sacchi

libri thriller copertina figlia della cenere di ilaria tuti

L’AUTRICE E IL LIBRO – Ilaria Tuti vive a Gemona del Friuli, in provincia di Udine. Appassionata di pittura, nel tempo libero ha fatto l’illustratrice per una piccola casa editrice. Il thriller Fiori sopra l’inferno, edito da Longanesi nel 2018, è il suo libro d’esordio. Il secondo romanzo, Ninfa dormiente, è del 2019. Entrambi vedono come protagonisti il commissario Teresa Battaglia, uno straordinario personaggio che ha conquistato editori e lettori in tutto il mondo, e soprattutto la terra natia dell’autrice, la sua storia, i suoi misteri. Con Fiore di roccia (2020), e attraverso la voce di Agata Primus, Ilaria Tuti celebra un vero e proprio atto d’amore per le sue montagne, dando vita a una storia profonda e autentica. Nel 2021, con Luce della notte, torna alle storie di Teresa Battaglia. Del 2021 è anche la nomina di Ninfa dormiente agli Edgar Awards.

Ora torna in libreria con Figlia della cenere (Longanesi), la nuova avvincente storia del commissario Teresa Battaglia. Un romanzo intriso di spietatezza e compassione, di crudeltà e lealtà, di menzogna e gentilezza. L’indagine più pericolosa per Teresa, e il caso che segna la fine di un’epoca.

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