Osteggiata in Ungheria fin dalla sua prima pubblicazione (ma ristampata molte volte), “C’è una fiaba anche per te”, a cura di Boldizsár Nagy M. e con le illustrazioni di Lilla Bölecz, è una raccolta di 17 fiabe rielaborate in chiave inclusiva, che interpreta argomenti come genere, fluidità e ruoli sociali – Su ilLibraio.it una delle storie contenute nel volume

Donne da salvare, bambini in pericolo, mostri da combattere… I pattern delle fiabe, per secoli, si sono basati su un immaginario che vede i protagonisti come degli eroi intrepidi, le protagoniste come delle fanciulle indifese e gli antagonisti come delle figure spesso sgradevoli e pericolose, che se la prendono con i più fragili e soprattutto con i più piccoli.

Si tratta di uno schema narrativo funzionale dal punto di vista comunicativo, dal momento che descrive archetipi a cui possano guardare le nuove generazioni, per capire come stare al mondo, come interpretare certi fenomeni e come affrontare le fasi più delicate della crescita.

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Contemporaneamente, però, basare le fiabe su questi elementi è stato utile agli adulti per cristallizzare alcune tendenze o credenze collettive (non sempre inclusive e progressiste) e tramandarle ai posteri, che se non le leggono con il giusto spirito critico rischiano di prenderle alla lettera replicandone le criticità.

Una questione su cui si dibatte da tempo, e che di recente ha portato l’associazione lesbica Labrisz, che in Ungheria si occupa di programmi legati alle tematiche LGBTQ+, a chiedere a nove autori già affermati nel Paese di “riscrivere una storia classica per loro importante in una prospettiva personale”.

Una delle illustrazioni di Lilla Bölecz contenute nel volume "C'è una fiaba anche per te"

Una delle illustrazioni di Lilla Bölecz contenute nel volume “C’è una fiaba anche per te”

L’obiettivo era quella di “permettere alla loro fiaba di riflettere le loro esperienze contemporanee, scegliendo senza timore eroi con i quali le minoranze e le persone per qualche motivo spinte ai margini della società possano identificarsi“, e ha visto poi affiancarsi ai loro racconti il contributo di altre otto voci esordienti.

Così, ne è venuta fuori una raccolta intitolata C’è una fiaba anche per te (Bompiani, traduzione di Dóra Várnai), a cura di Boldizsár Nagy M. e illustrata da Lilla Bölecz, che è stata però molto osteggiata da alcuni politici di estrema destra, sindaci ed esponenti del governo, subendo censure, attacchi e diffamazioni di cui poi Labrisz si è potuta rivalere in tribunale.

A riconoscere il valore del testo, infatti, al di là della legge nazionale e dell’Associazione di editori e librai ungheresi sostenuta da musicisti, attori e scrittori, sono stati tanti lettori e lettrici che hanno fatto vendere oltre 35mila copie del volume, interessandosi all’iniziativa e portando C’è una fiaba anche per te a ottenere nel 2021 il riconoscimento di libro per ragazzi più innovativo da parte di IBBY Ungheria.

Un traguardo a cui oggi si accompagna quello della traduzione del libro in altre undici lingue, e che ha consentito all’opera di arrivare anche nel nostro Paese grazie alla collaborazione di Oxfam Italia, la quale, per ogni copia venduta, riceverà un euro per finanziare i suoi progetti contro le disuguaglianze nel mondo.

Una delle illustrazioni di Lilla Bölecz contenute nel volume "C'è una fiaba anche per te"

Una delle illustrazioni di Lilla Bölecz contenute nel volume “C’è una fiaba anche per te”

È così che fra le pagine di queste diciassette fiabe abbiamo modo di ritrovare personaggi vecchi e nuovi, legati alla tradizione folcloristica ungherese e non solo: donne che rifiutano di sposarsi, streghe che amano fare le pasticciere (e non divorare i bambini), draghi che non vengono uccisi e animali che si spogliano dei connotati a cui per secoli siamo stati abituati.

Il risultato è un volume fresco e ricco di spunti che, offrendoci modelli comportamentali al passo con la modernità e un apparato grafico sempre notevole ed evocativo, ci porta in una dimensione fiabesca, sì, ma anche e specialmente ancorata al reale. Una in cui possiamo lasciare da parte le etichette e accogliere le individualità con l’immediatezza tipica di questo genere letterario.

Nessun intento didascalico a margine delle storie, però: le loro tematiche inclusive puntano più a posizionarsi sopra le righe che al di sopra di chi li legge, e sono solo il buon senso e il contesto nel quale si muovono i protagonisti a farci capire che possono esistere tante fiabe a cui non avremmo mai pensato, tante trame tutte da riscrivere, tanti lieti fini ancora da sognare.

Perché, come ci tengono a chiarire le curatrici dell’opera, l’unica cosa importante “è che sia i giovani sia i meno giovani possano trovare una o più fiabe capaci di parlare proprio a loro. Fiabe che, come una scia di briciole disseminate nella foresta, possano guidarli dalla parte giusta, qualunque essa sia”.

Copertina del libro C'è una fiaba anche per te

Per gentile concessione della casa editrice, su ilLibraio.it pubblichiamo una delle fiabe contenute nel volume:

ESZTER GANGL

Brunafoglia

C’erano una volta un re e una regina che non avevano figli. In una bella giornata autunnale la regina era seduta al piano di sopra della sua torre, intenta a cucire. Quando si stancò di quel lavoro, aprì la finestra e guardò fuori con tristezza, osservando il panorama. Ai piedi della torre i tronchi degli alberi rilucevano scuri nel riverbero serale, gli ultimi raggi del sole brillavano sul tappeto dorato di foglie secche. La regina sospirò: “Oh, come sarei felice se potessi avere un figlio. Un bimbo dalla pelle ambrata come queste foglie autunnali, dai capelli scuri come i tronchi di questi alberi. Che sia maschio o femmina non importa, io lo amerei comunque.”

Non passò nemmeno un anno e la regina ebbe una bellissima figlia. La sua pelle era scura e dorata come le foglie autunnali colpite dai raggi del sole, i suoi capelli neri lucenti come l’ebano. La chiamarono Brunafoglia.

Il tempo scorreva, Brunafoglia cresceva, vagava alla scoperta del palazzo e delle foreste intorno, giocava nel cortile con gli altri bambini. La regina era contenta di vedere la sua unica figlia felice. Non rimase però contenta a lungo, perché poco dopo il settimo compleanno di Brunafoglia si ammalò e ben presto morì.

Il re continuò da solo a occuparsi di Brunafoglia, ma lo faceva in modo molto diverso da come aveva fatto insieme alla regina. Lui non aveva mai visto di buon occhio che sua figlia si vestisse come un ragazzo, che vagasse giorno e notte per la campagna rientrando tutta sporca di fango. ‘Una principessa dovrebbe starsene nel palazzo, imparare a ballare, impratichirsi nelle buone maniere,’ pensava tra sé e sé, scontento.

Il re possedeva uno specchietto magico per radersi la barba, e lo specchietto era il suo consigliere in tutto. E così una sera, quando Brunafoglia rientrò di nuovo tutta sporca, ricoperta di fango dalla testa ai piedi, il re chiese aiuto allo specchio:

“Specchio, mio specchio, fammi un piacere: prestami ascolto e dammi un parere! Questa bambina mi fa dannare… in quale modo si può educare?” e si lamentò del fatto che Brunafoglia si rifiutasse di indossare i suoi bellissimi abiti principeschi, e che preferisse vestirsi come un maschietto per poi sgattaiolare in giardino.

Lo specchio rispose:

“O mio signore, per punizione, chiudila a chiave nella sua stanza, e metti guardie di sorveglianza!”

Il re fece proprio così, e da quel giorno la vita di Brunafoglia diventò molto triste. Non poteva andare da nessuna parte, era costretta a indossare abiti eleganti e doveva prendere lezioni di ballo. Con il passare del tempo, sempre su consiglio del suo specchio, il re le impose cose sempre più malvagie. A volte la costringeva a ballare per ore e ore senza potersi mai fermare, in altre occasioni, ritenendola troppo sporca, la faceva lavare e sfregare vigorosamente per ore dai servitori, senza badare ai suoi strilli e pianti.

Alla fine il re si stancò di tutti quegli inutili sforzi di rendere Brunafoglia una vera principessa, e chiese di nuovo consiglio allo specchio. Lo specchio rispose di dare ordine al cacciatore di portare la ragazza nella foresta. Una volta là, il cacciatore l’avrebbe uccisa, e come prova del compimento della missione gli avrebbe riportato il cuore della figlia.

Il re non indugiò: quella stessa mattina inviò il cacciatore con Brunafoglia nel bosco. Quando però raggiunsero il profondo della foresta, la ragazza scoppiò a piangere, e il suo pianto era così disperato che il cacciatore non se la sentì di ucciderla. ‘Tanto finirà comunque sbranata dalle bestie, questa poverina,’ pensò. La lasciò quindi libera, e al posto del suo cuore portò al re quello di un cervo.

Brunafoglia rimase sola nella foresta, senza sapere dove andare e nemmeno quale direzione prendere. ‘Chi mai mi accoglierebbe?’, pensava con tristezza. Cominciava ormai a far buio. Brunafoglia era spaventata. Si avviò quindi veloce in una direzione a caso, sperando che le bestie selvagge della foresta non le facessero del male. Vagava e vagava nel bosco da diverse ore, era infreddolita e affamata, quando tutt’a un tratto si accorse di una lucina che brillava in lontananza. Accelerò il passo in quella direzione.

Al centro del bosco c’era una piccola radura dove sorgeva una casetta, e la luce che Brunafoglia aveva visto filtrava proprio dalla finestra di quella casetta. Bussò alla porta, ma non ricevette risposta. Così entrò con cautela. La casetta era vuota, ma al centro della stanza c’era una tavola, già apparecchiata a puntino per sette persone. Tutto intorno, lungo le pareti, erano disposti sette letti, già sistemati con coperte e cuscini.

‘Chissà chi vive in questa casetta? Venendo qui non ho incontrato nessuno lungo la strada,’ rimuginò tra sé e sé Brunafoglia. Aveva una gran fame e fuori era ormai calato il buio. Decise quindi di restare. Mangiò un boccone da ogni piatto, dopodiché si sdraiò su uno dei letti, ma vi rimase a dormire solo per poco tempo, passando poi al letto dopo e a un altro letto ancora. Il settimo letto era però così comodo che venne subito sopraffatta dal sonno, e non si svegliò più fino al mattino. Era notte fonda quando fecero rientro le padrone di casa: erano sette ragazze, sette tessitrici, che erano state tutto il giorno alla fiera della città a vendere i loro tessuti. Si erano appena accomodate al tavolo per mangiare quando una di loro chiese, perplessa:

“Chi ha mangiato dal mio piatto?”

“E chi ha usato il mio cucchiaio?” chiese un’altra.

“E chi ha dormito nel mio letto?” chiese la terza.

Al che tutte controllarono in rapida successione i propri piatti, i propri cucchiai, e i propri letti. Finché, nel settimo letto, trovarono Brunafoglia che dormiva beata.

“Che bella bambina!” esclamò una delle ragazze, ma le altre si affrettarono subito a zittirla. Tornarono al tavolo in punta di piedi, finirono di mangiare in silenzio, e senza fare rumore si coricarono. La settima tessitrice, per non disturbare Brunafoglia, passò la notte dormendo a turno nel letto di ognuna delle sue compagne.

Al mattino Brunafoglia si spaventò molto quando vide le sette ragazze intorno a sé, ma quelle la circondavano sorridendo e si affrettarono subito a rassicurarla.

“Chi sei?” le chiesero.

“Mi chiamo Brunafoglia,” rispose, e raccontò loro la sua storia.

“Resta qui con noi,” le dissero “c’è posto anche per te. E poi noi passiamo tutto il giorno a tessere. Nel frattempo tu potresti riparare il tetto, tagliare la legna, o andare a caccia di cibo per la cena.”

Brunafoglia era ben felice di poter restare: del resto non aveva nessun altro posto dove rifugiarsi, e lì poteva fare tutto ciò che le piaceva.

Nel frattempo il re aveva ricevuto dal cacciatore il cuore del cervo e quindi era tranquillo. Visse per un po’ felice e contento, pensando che Brunafoglia non fosse più al mondo, fino a quando, un giorno, non prese di nuovo il suo specchio:

“Specchio, specchio delle mie brame, che mai succede dentro il reame?”

Lo specchio iniziò a elencare gli eventi, e parlava e parlava. Finché a un certo punto disse qualcosa che fece quasi cadere il re dalla sedia:

“Per Brunafoglia nella foresta ogni giorno è un giorno di festa: taglia la legna piena di gioia e non conosce tristezza o noia. Vive con sette tessitrici, e tutte quante sono felici.”

Il re era furioso di rabbia. Come era possibile che Brunafoglia fosse ancora viva, oltretutto intenta ogni giorno a fare certe cose orripilanti, adatte solo ai maschi?

Escogitò allora un piano malvagio per liberarsi una volta per tutte di Brunafoglia. Si travestì da cacciatore e partì.

Quel giorno era di nuovo un giorno di fiera, le sette tessitrici si erano avviate dunque verso la città. Brunafoglia non le accompagnò, perché voleva andare a caccia.

Stava giusto uscendo dalla porta della casetta quando arrivò il re.

“Dove vai, bella fanciulla?” le chiese.

“Vado a caccia,” rispose allegra Brunafoglia, che non aveva riconosciuto il re.

“Stavo andando anch’io da quella parte, lascia che venga con te,” le disse il re.

Brunafoglia era felice di avere compagnia, e così i due si incamminarono nella foresta. Camminarono e camminarono, quand’ecco che arrivarono a un precipizio.

‘Come possiamo attraversare?’ si chiese Brunafoglia, guardando giù dall’alto dello strapiombo. Il re colse al balzo l’occasione: ratto come un fulmine la sorprese alle spalle e la scaraventò nella voragine. Poi se ne tornò a casa tutto soddisfatto.

La sera le tessitrici cercarono spaventate Brunafoglia da ogni parte. All’improvviso sentirono arrivare delle grida dal folto del bosco, seguirono la voce, e trovarono Brunafoglia che le chiamava dal fondo del precipizio. La recuperarono e tornarono subito a casa. Rientrate nella casetta, Brunafoglia raccontò loro che cosa era accaduto.

“Quel cacciatore era il re,” le dissero le tessitrici, e le raccomandarono di non uscire più da sola in futuro; se non voleva andare con loro, era meglio che rimanesse in casa.

Nel frattempo, il re tornò a palazzo e corse a interrogare il suo specchio.

“Specchio mio, specchio mio, dimmi quel che più mi importa: Brunafoglia è infine morta?”

Lo specchio rispose: “Brunafoglia si è salvata, a casa sua è stata riportata.”

Il re non ci vedeva più per la rabbia, e in preda al furore escogitò subito un nuovo piano. Prese una lunga corda, si travestì da boscaiolo, e ancora una volta si mise in cammino.

Quel giorno Brunafoglia era di nuovo sola in casa, perché le tessitrici erano andate in città a prendere dei filati, ma prima di partire le avevano fatto promettere di non aprire la porta a nessuno. Lei stava giusto intagliando un pezzo di legno per farne un piatto quando sentì bussare alla porta.

“Buon uomo, per favore, ascoltami: ho bisogno di aiuto,” il re si mise a implorare attraverso la porta.

Brunafoglia guardò fuori dalla finestra e disse:

“Vai via! Prosegui e trova qualcun altro che ti aiuti!” Ma il re, che Brunafoglia non aveva riconosciuto, non si arrese.

“Non ho abbastanza legna per poter costruire una casa per mia moglie e i miei figli.”

Brunafoglia ebbe pietà di lui. ‘È solo un povero taglialegna,’ pensò, e uscì.

“Fammi strada, dimmi dove vuoi andare,” disse sorridendo al re.

Il re si avviò, e camminarono e camminarono, finché non arrivarono proprio nel bel mezzo della foresta, dove si ergeva una grande quercia.

“Aiutami a misurare se questo albero va bene,” disse il re a Brunafoglia. Le mise in mano la corda, come se con quella volesse misurare l’ampiezza della quercia. Un cerchio, due cerchi, e il re avvolse la ragazza fino a quando non finì tutta la corda, poi la lasciò lì legata, in modo che venisse sbranata dai lupi.

Per fortuna le tessitrici erano preoccupate per Brunafoglia, e tornarono a casa prima del solito. Quando rientrarono videro che Brunafoglia era di nuovo sparita. Capirono subito che questo significava che il re era tornato. Si avviarono quindi nella foresta e in poco tempo trovarono Brunafoglia legata all’albero, già circondata dai lupi. La slegarono rapidamente e corsero tutte insieme a casa. Una volta al sicuro, Brunafoglia raccontò quel che era accaduto.

“Era di nuovo il re! Ma perché l’hai seguito? Non uscire più da sola, perché prima o poi arriveremo troppo tardi e non riusciremo più a salvarti,” dissero le tessitrici. Brunafoglia promise di non farlo più, e la volta dopo che le tessitrici dovettero andare in città alla fiera chiuse bene la porta.

Intanto il re, appena rientrato a palazzo, corse a prendere il suo specchio.

“Specchio mio, specchio mio, dimmi quel che più mi importa: Brunafoglia è infine morta?”

“Brunafoglia si è salvata, a casa sua è stata riportata,” rispose lo specchio.

Il re a questo punto era davvero furioso. Ordinò quindi al suo cuoco di cucinare un coniglio e di imbottirlo di veleno. Si travestì di nuovo da cacciatore e si addentrò nella foresta.

Arrivato alla casetta delle tessitrici, bussò alla porta.

“Vai via, non ti faccio entrare!” gridò Brunafoglia.

“Non voglio entrare, sono venuto qui solo perché ho sparato a un coniglio, l’ho cotto per bene, e ho pensato di condividerlo con gli abitanti di questa bella casetta,” disse il re.

Brunafoglia spiò fuori dalla finestra con sospetto, e disse:

“No, non posso accettarlo.”

“Hai forse paura che sia avvelenato?” rise il re. “Guarda, lo spezzo in due, io gli mangio la coscia sinistra e tu puoi mangiare quella destra.”

Solo che il malvagio re aveva fatto mettere il veleno proprio nella coscia destra del coniglio, e così quando Brunafoglia accettò e morse la coscia di coniglio, cadde morta all’istante.

“Vediamo se le tessitrici riusciranno a salvarti anche questa volta,” rise il re tutto soddisfatto, e scappò via.

Appena rientrato a palazzo, interrogò lo specchio:

“Specchio mio, specchio mio, con i tuoi occhi fammi vedere, del loro pianto fammi godere!”

E lo specchio gli mostrò subito le tessitrici che tornavano alla casetta sul loro carretto. Appena varcarono la soglia videro che Brunafoglia era sdraiata sul pavimento. La presero in braccio e la misero a letto, ma Brunafoglia non si svegliava.

“È morta, è morta!” gridarono le tessitrici in un pianto disperato, sentendo il cuore spezzarsi per il dolore. Con grande pena e tristezza le confezionarono un bellissimo abito, e dopo averla vestita, tutte e sette si riunirono intorno a lei a piangere lacrime amare, per tre lunghi giorni e tre notti intere. Quando smisero, dissero:

“Brunafoglia non giacerà nella terra buia. Le faremo fare una bara di vetro, in modo da poter continuare a vederla sempre.”

E così fecero, e quando la bara fu pronta la deposero dentro, ci scrissero sopra il suo nome, e aggiunsero che era la figlia di un re. La portarono in cima alla collina e la adagiarono in una radura. Da quel momento in poi una delle tessitrici rimase sempre lì a fare la guardia, mentre gli abitanti della foresta si accostavano alla bara per piangere Brunafoglia.

Il tempo passava, ma l’aspetto di Brunafoglia non cambiava. Il suo colorito rimaneva sempre di un bel bruno dorato, i suoi capelli neri continuavano a risplendere. Sembrava che stesse solo dormendo.

Un bel giorno un principe, arrivato da un regno confinante, raggiunse quella foresta per cacciare. Salito in cima alla collina si accorse della bara e lesse l’iscrizione.

Un'illustrazione tratta dal libro C'è una fiaba anche per te

Una delle illustrazioni di Lilla Bölecz contenute nel volume “C’è una fiaba anche per te”

“Che bellissima ragazza,” il principe non poté fare a meno di ammirarla. Infine disse alle tessitrici:

“Datemi questa bara e io in cambio vi darò tutto ciò che volete!”

Le tessitrici protestarono, dicendo che non gli avrebbero lasciato Brunafoglia per nulla al mondo. Il principe però sentiva che non poteva più vivere un solo giorno senza poter ammirare Brunafoglia.

“Allora regalatemela,” le implorò il principe.

Le tessitrici si commossero e gliela regalarono. Il principe fece sollevare ai suoi servitori la bara e si misero in viaggio. Camminarono e camminarono, finché uno dei servitori per caso non inciampò. La bara sussultò, e la carne avvelenata uscì dalla bocca di Brunafoglia. La ragazza, come per miracolo, subito si svegliò.

“Dove mi trovo?” chiese Brunafoglia.

“Sei qui con me,” rispose il principe, e le raccontò tutto ciò che era avvenuto. Dopo di che le chiese: “Vuoi proseguire fino a casa mia e diventare mia moglie?”

“Va bene, verrò con te,” rispose Brunafoglia piena di gioia, “e sarò tua!”

E così fecero: il principe la fece sedere davanti a sé sul proprio cavallo, raggiunsero il suo regno e annunciarono al mondo intero che il principe si sarebbe sposato.

Ospiti da tutto il mondo accorsero in gran numero per l’evento, a malapena riuscirono a entrare nel palazzo. Anche il malvagio re aveva ricevuto l’invito, e infatti si era vestito di tutto punto, ma prima di mettersi in viaggio si sedette davanti al suo specchio.

“Specchio, specchio delle mie brame, fammi vedere la sposa nel vicino reame!”

Lo specchio gli mostrò all’istante Brunafoglia che si stava acconciando i capelli.

“Specchio mio, specchio mio, ti stai sbagliando assai, Brunafoglia è morta ormai!” gridò il re inorridito.

“Sana e salva invece è Brunafoglia, è con lei che il principe si ammoglia!” rispose lo specchio.

Appena il re sentì questa risposta diventò tutto blu dalla rabbia, poi tutto viola, poi cadde a terra. E non si alzò mai più.

Brunafoglia sposò il principe e divenne un’ottima regina. E forse vive ancora oggi felice e contenta, a meno che non sia già morta.

© 2023 Giunti Editore S.p.A. / Bompiani

(continua in libreria…)

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