In “Io sono l’uomo con due facce”, Viet Thanh Nguyen racconta la sua vita tra il ricordo del Vietnam e il desiderio di sentirsi americano. Lo scrittore premio Pulitzer, autore, tra gli altri, di “Il simpatizzante”, si racconta in un memoir delicato, che diventa saggio critico e arrabbiato, in cui il tema dell’identità è punto di partenza e di arrivo…

“Come può la parola ‘io’ essere plurale…”

Se lo chiede Merleau-Ponty in un classico della fenomenologia, e sembra chiederselo Viet Thanh Nguyen nel corso dei capitoli di Io sono l’uomo con due facce (Neri Pozza, con la traduzione di Massimo Bocchiola).

In questo nuovo libro, Nguyen sceglie la strada della storia, della memoria e del ricordo per provare a raccontare la sua vita tra Vietnam e Stati Uniti, tra l’immagine del rifugiato e la volontà di sentirsi americano.

I temi di questo memoir – guerra, fuga, razzismo, identità, solo per citarne alcuni – riflettono almeno in parte quelli presenti nelle opere narrative di Viet Thanh Nguyen: Il simpatizzante (Neri Pozza, traduzione di Luca Briasco) del 2015, con cui ottiene il Premio Pulitzer; I rifugiati (Neri Pozza, traduzione di Luca Briasco) del 2017 e Il militante (Neri Pozza, traduzione di Luca Briasco) del 2021.

Eppure, in Io sono l’uomo con due facce tutto sembra più potente, più diretto e, se possibile, più crudo.

Io sono l'uomo con due facce di Viet Thanh Nguyen - cover

La pluralità dell’io

Senza seguire un ordine cronologico, il libro di Viet Thanh Nguyen racconta buona parte della vita dell’autore, tra infanzia e adolescenza, scuola e università, ma anche il rapporto con i genitori e l’essere diventato uno scrittore.

Il fil rouge dei ricordi, e delle riflessioni, però è uno solo: la sensazione di essere più persone, di possedere più identità. Quella di vietnamita e di americano, ovviamente, a cui però seguono (e si sovrappongono) quella di asiatico – sottintendendo “giallo” tra i bianchi -, quella di rifugiato e quella di immigrato.

Tutte queste forme di “io” differenti vengono descritte, analizzate e inserite nel contesto storico-culturale occidentale e statunitense. Nguyen sottolinea come ogni minoranza subisca un diverso tipo di razzismo, e che questo si manifesti anche tra le minoranze stesse:

“La maggioranza dei vietnamiti non distingue una popolazione latinoamericana dall’altra, ma del resto, molti latinos usano ‘chino’ per indicare qualunque asiatico che dall’aspetto potrebbe essere cinese”.

Una formula ritorna spesso, per descrivere la consapevolezza di avere “due facce” ma anche la confusione sulla propria identità, quella del colonizzato che è anche colonizzatore. Viet Thanh Nguyen racconta la storia del Vietnam, di come nel 1954 molti cattolici vietnamiti “migrano dal Nord al Sud, incoraggiati dalla CIA, trasportati da navi americane e francesi” per occupare gli Altipiani Centrali. Tra questi, i suoi genitori…

Ma il giovane Viet, da colonizzato si fa colonizzatore anche quando si identifica in John Wayne che uccide i nativi nei film western, o quando è affascinato dal capitano Willard (Martin Sheen) in Apocalypse Now (ispirato a Cuore di Tenebra di Joseph Conrad).

Sei gli americani che uccidono? O i vietnamiti che vengono uccisi?”, si chiede l’autore, che successivamente prova ad analizzare il film di Francis Ford Coppola affermando che “un’opera d’arte che condanna il razzismo può nello stesso tempo essere razzista (…)”. E infatti, nei titoli di coda appare il nome dell’attore americano che interpreta un anonimo mitragliere, mentre le comparse vietnamite (uccise nel film, ma rifugiate nelle Filippine nella vita vera) non compaiono con i loro nomi.

La riflessione sul cinema e su come questo abbia influenzato i “nuovi americani“, tra cui l’autore, ritorna spesso. I film di guerra (per quanto riguarda espressamente il Vietnam), ma in generale una certa cinematografia whitewashed, sono stati una forza nascosta degli Stati Uniti tanto da portare Nguyen a definire Hollywood “il ministero non ufficiale della propaganda AMERICANA“.

Il tema dell’identità a tratti si fa meno personale, tende a un livello più globale. Chi sono i rifugiati e, di conseguenza, chi sono i veri americani?

Viet Thanh Nguyen parla di radici e tradizioni, ma anche di integrazione e del tentativo da parte di molti immigrati/rifugiati di diventare la “minoranza modello”. Prima i filippini, poi i nativi, per qualche tempo i vietnamiti: collocati su un metaforico piedistallo per mostrare agli “altri” che è possibile avere successo e vivere il Sogno Americano.

Con tono critico, che caratterizza tutta l’opera, lo scrittore premio Pulitzer afferma che alla fine “il ruolo della minoranza modello è essere salvata e educata dall’uomo bianco, aiutarlo a portare il fardello dell’uomo bianco e (…) morire per l’uomo bianco”, richiamando la poesia The White Man’s Burden di Rudyard Kipling.

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L’America di Viet Thanh Nguyen

Come Viet Thanh Nguyen e come il protagonista del suo Il simpatizzante, anche l’America ha due facce. Quella del Sogno Americano; e quella dei soprusi, delle discriminazioni e della guerra. Com’è facile immaginare, questo secondo volto – non così spesso nascosto – è quello più presente in Io sono l’uomo con due facce.

Viet Thanh Nguyen cita Ta-Nehisi Coates e Frantz Fanon, racconta i suoi sentimenti sul caso George Floyd e non manca di contestare la politica trumpiana (nonostante il nome dell’ex Presidente non venga mai realmente fatto). In queste righe, il carattere biografico lascia spazio a quello critico, e il memoir diventa un saggio attento e arrabbiato. Contro il nazionalismo, contro il razzismo, contro il nazionalismo bianco.

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Il rapporto tra Nguyen e gli Stati Uniti, tra un rifugiato e la terra di approdo, è complesso. L’America ci viene descritta come un paese di contraddizioni, in cui i genitori di Viet, “Ba” e “Má”, vivono il loro American Dream con un piccolo negozio, e poi vengono aggrediti la vigilia di Natale. Un paese in cui l’autore non viene riconosciuto come americano – dai bianchi – né come vietnamita da chi ha vissuto veramente nel sud-est asiatico.

“Smetterai di chiamare Fitzgerald il Grande Romanziere Maschio Bianco Americano quando la gente smetterà di chiamarti scrittore vietnamita-americano”.

Ciò che forse emerge maggiormente è la mancanza, da parte dell’America, di una certa memoria storica, il non aver fatto i conti con il proprio passato e la volontà di nascondere sotto il metaforico tappeto gli eventi che hanno portato alla presenza di Nguyen e di molti altri nel Paese.

Parlando dell’Occidente, l’autore scrive: “… ha inventato la forchetta – tanto più facile da usare delle bacchette, tanto più pulita della mano – oltre al napalm lanciato su Phan Thi Kim Phúc, la fotocamera e la pellicola che l’hanno ritratta ustionata (…)” (l’autore si riferisce alla fotografia Napalm Girl di Nick Út, nda).

Gli altri libri di Viet Thanh Nguyen

Tra il 2015 e oggi, Viet Thanh Nguyen ha pubblicato diversi testi (proposti in Italia da Neri Pozza) in cui riprende, affronta e narra la storia della guerra in Vietnam. Le ricostruzioni storiche si uniscono a elementi più romanzati, ma rimane evidente l’obiettivo dell’autore: raccontare la guerra con gli occhi di chi l’ha vissuta ma non hai mai avuto la possibilità di parlare.

Il simpatizzante di Thanh Nguyen Viet

In Il simpatizzante (2015), seguiamo il Capitano durante la fuga da Sài Gòn verso gli Stati Uniti, e la sua nuova vita in Occidente. Il Capitano è l’espressione massima di una vita da doppiogiochista, è infatti una spia filo-comunista, membro della Polizia militare del Vietnam del Sud e collaboratore della CIA. La vita in California aumenta i dilemmi morali del protagonista e lo pone di fronte alla crisi esistenziale di possedere due identità. Nel 2024, il romanzo è stato adattato da HBO nell’omonima miniserie, diretta da Park Chan-wook e portata in Italia da Sky, con Hoa Xuande, Sandra Oh e Robert Downey Jr.

Il militante di Thanh Nguyen Viet

Nel seguito, Il militante (2021), il Capitano si sposta a Parigi, dove cerca di costruirsi una nuova vita. Storia e finzione si mischiano mentre il protagonista si fa largo nella sinistra francese degli anni ’80.

I rifugiati di Thanh Nguyen Viet

I rifugiati (2017) è una raccolta di racconti, una narrazione corale che testimonia le difficoltà dell’immigrazione, trattando i temi della fuga, del ricordo e dell’identità. Attraverso vite e storie diverse tra loro, Nguyen racconta il comune senso di isolamento e di speranza che unisce chi scappa dalla propria casa.

Niente muore mai di Thanh Nguyen Viet

Niente muore mai – Il Vietnam e la memoria della guerra (2018, traduzione di Chiara Brovelli) è il libro di Viet Thanh Nguyen più vicino a un saggio storico e antropologico. In queste pagine, l’autore indaga la doppia concezione della guerra attraverso il ricordo, tra miti hollywoodiani e testimonianze del conflitto.

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Fotografia header: Viet Than Nguyen nella foto di BeBe Jacobs

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