Lev Nikolaevič Tolstoj (1828-1910), autore dal fascino intramontabile, è stato un attivista sociale, un filosofo e non da ultimo un educatore, che ha lasciato un segno indelebile nella società e cultura russa (come anche all’estero) – Un approfondimento sulle tappe principali della sua esistenza, i punti cardine della sua poetica e il significato delle grandi opere per cui è passato alla storia, da “Guerra e pace” a “Anna Karenina”, passando per “La sonata a Kreutzer” e “La morte di Ivan Il’ic”…

“Chi sono io? Uno dei quattro figli di un tenente colonnello in pensione, rimasto orfano a sette anni, allevato da donne e da estranei e che, senza aver ricevuto alcuna educazione mondana né intellettuale, a diciassette anni è entrato nel mondo”. Si descrive così, il 7 luglio 1854, il grande scrittore russo Lev Nikolaevič Tolstoj (1828-1910), in una frase dei suoi Diari (Garzanti, traduzione di Silvio Bernardini) diventata iconica.

Eppure, a distanza di oltre due secoli, Lev Tolstoj è considerato molto più di questo: un autore dal fascino intramontabile e dalla personalità complessa, un attivista sociale, un filosofo e non da ultimo un educatore, che ha lasciato un segno indelebile nella società e cultura russa (come anche all’estero).

Ripercorriamo così le tappe principali della sua esistenza, i punti cardine della sua poetica e il significato delle grandi opere per cui è passato alla storia, da Guerra e pace a Anna Karenina, passando per La sonata a Kreutzer e La morte di Ivan Il’ic

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Infanzia e adolescenza

Lev Tolstoj nasce il 9 settembre 1828 nel governatorato di Tula, non lontano da Mosca, e più precisamente nella tenuta di Jasnaja Poljana. La sua famiglia fa parte dell’aristocrazia imperiale ma, come scrive lo scrittore stesso, il destino lo porta a restare orfano di padre a soli 7 anni, dopo aver perso la madre quando ne ha appena 2.

La sua infanzia passa quindi a contatto con alcune zie e due precettori, che gli impartiscono un’educazione fortemente religiosa senza però dotarlo degli strumenti necessari a inserirsi in modo adeguato nella società dell’epoca e all’interno delle sue regole.

Ecco perché, quando si iscrive all’Università di Kazan’, non riesce a portare a termine né gli studi di Filosofia orientale né quelli di Legge a cui passa in un secondo momento, rinunciando alla laurea e portando avanti uno stile di vita basato sulle distrazioni e sul gioco d’azzardo – nonché, in parallelo, sulla letteratura.

Affascinato dal pensiero di Jean-Jacques Rousseau (1712-1778) e da autori del calibro di Laurence Sterne (1713-1768), Aleksandr Sergeevič Puškin (1799-1837) e Nikolaj Vasil’evič Gogol’ (1809-1852), Lev Tolstoj sviluppa infatti fin da ragazzo l’idea che la letteratura debba basarsi sul realismo e sulla sincerità, pubblicando su diverse riviste i suoi primi racconti ispirati a questa visione.

Negli anni seguenti, fra il 1853 e il 1856, il suo percorso viene però interrotto e influenzato dalla partecipazione prima alla guerra nel Caucaso e poi alla Guerra di Crimea, che fanno sprofondare l’autore in un cupo stato di inquietudine.

La paura di morire e il senso di impotenza nei confronti delle violenze a cui assiste lasciano infatti un solco dentro di lui, spingendolo a pubblicare al rientro in patria alcune storie brevi confluite – nonostante le pressioni della censura – nella raccolta I racconti di Sebastopoli (Garzanti, traduzione di Vittorio Tomelleri), in cui la sua avversione per la guerra e un ritratto lucido e crudo della vita al fronte destano fin da subito l’attenzione del pubblico.

Copertina del libro I racconti di Sebastopoli di Lev Tolstoj

Giovinezza

Spinto dall’esperienza appena vissuta e dalla morte del fratello Dmitrij per tubercolosi, Lev Tolstoj si sente sempre più toccato dalla condizione dei poveri e dei meno fortunati. Viaggia e studia con l’obiettivo di conoscere meglio il mondo, e intanto fa da giudice di pace fra proprietari terrieri e contadini, appoggia l’abolizione della servitù della gleba e si dedica alla stesura di numerosi racconti a sfondo sociale, come Felicità familiare (Garzanti, traduzione di Laura Salmon) e I Cosacchi (Garzanti, traduzione di Luisa De Nardis).

Copertina del libro Felicità familiare di Lev Tolstoj

Nel 1862 sposa poi la diciottenne Sof’ja Andreevna Bers, da cui avrà tredici figli (cinque moriranno in età precoce e molti altri emigreranno dopo la Rivoluzione), e grazie alla quale conduce inizialmente una vita serena in campagna, lontano dalle sofferenze e dalle contraddizioni della mondanità.

È qui che sviluppa le sue idee progressiste ed egualitarie e che trova la concentrazione per dedicarsi al progetto di un lungo e poderoso romanzo che prenderà il nome di Guerra e pace (Garzanti, traduzione di Pietro Zveteremich) – o di Guerra e mondo, come ipotizza un certo filone di studi, dal momento che il sostantivo mir in russo può significare sia l’una che l’altra cosa.

Copertina del libro di Guerra e pace di Lev Tolstoj

Si tratta, di fatto, di un romanzo in cui alle guerre napoleoniche viene contrapposto un macrocosmo sociale dalle innumerevoli sfaccettature, e nel quale si affianca dunque alle vicende belliche un vero e proprio mondo alternativo, che dopotutto è quello a cui l’umanità ha accesso nei momenti di pace.

Obiettivo di Lev Tolstoj, al di là di alcune imprecisioni storiche che gli vengono ben presto fatte notare, è quello di proporre un ritratto composito e monumentale dell’aristocrazia russa, spesso coinvolta in sotterfugi, ipocrisie e comportamenti scorretti, oltre che incapace di vedere al di là del proprio naso e di rifarsi a dei valori morali condivisibili.

Motore dell’azione, e forza ispiratrice e positiva, è soprattutto l’amore, che prima permette al principe Andrej Bolkonskij di elevarsi e di riscattarsi grazie ai sentimenti che prova per Nataša Rostova, e che poi consente a quest’ultima – una donna aggraziata, spontanea ed energica – di allontanarsi dalle storture del suo tempo quando si lega emotivamente a Pierre Bezuchov.

Parallelamente al suo mestiere di romanziere, Lev Tolstoj porta avanti la scuola per i figli dei contadini che ha fondato nel 1857 nella sua fattoria, e si impegna per divulgare la sua visione pedagogica attraverso una rivista da lui fondata poco tempo dopo, e che chiama Jasnaja Poljana come la terra in cui abita. Qui si schiera apertamente contro la pena di morte, le convenzioni della nobiltà, gli abusi di potere e la forbice sociale, mentre comincia a maturare l’idea per un nuovo romanzo.

Parliamo di Anna Karenina (Garzanti, traduzione di Pietro Zveteremich), pubblicato fra il 1875 e il 1877, in cui ancora una volta l’attenzione è rivolta ai comportamenti dell’alta società: l’opera racconta infatti del matrimonio di Anna e Karenin, di Dolly e Stiva (fratello di Anna) e di Kitty (sorella di Dolly) e Levin.

Copertina del libro Anna Karenina di Lev Tolstoj

La coppia Kitty-Levin, nonostante le difficoltà iniziali, riesce a trovare la sua armonia nella sincerità reciproca e nell’allontanamento da certe tendenze sociali distruttive, mentre la coppia Dolly-Stiva non riesce mai a superarle del tutto e vive a cavallo fra l’affetto reciproco e l’incapacità di comportarsi in modo integro e rispettoso nei confronti l’uno dell’altra.

Diverso è il caso della coppia Anna-Karenin, dal momento che Anna compie una scelta più radicale e decide di intraprendere una relazione clandestina con l’affascinante Vronskij, finendo per avere una figlia da lui e per allontanarsi dalla sua famiglia pur di seguirlo in Europa, dove cerca di trovare un equilibrio fra i suoi desideri e le sue responsabilità senza mai riuscire a sentirsi serena, fino a quando non opta per un tragico suicidio.

Il duplice messaggio dei suoi testi è, pertanto, sempre più evidente: la felicità non va cercata né nelle apparenze sociali né nella ricchezza o nel piacere, bensì nella condivisione genuina e leale con le persone che si hanno intorno, da rispettare a prescindere dal loro status di appartenenza e dalle tentazioni – posto che comunque, come ricorda Lev Tolstoj tramite l’epigrafe di Anna Karenina, solo Dio può giudicare l’operato umano (“A me la vendetta, io farò ragione”).

Resurrezione

Il pensiero di Lev Tolstoj, già emerso anche nei suoi aspetti più tormentati in questa fase della sua produzione, si accompagna tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta dell’Ottocento a una sempre più radicata crisi spirituale, che lo spinge ad avvicinarsi prima alla Chiesa ortodossa russa e poi a un Cristianesimo più anarchico, influenzato inoltre da molti testi orientali e saggi filosofici.

Più nello specifico, la consapevolezza a cui giunge l’autore riguarda la necessità di appianare qualunque conflitto internazionale, di privarsi delle ricchezze individuali per andare incontro a una comunione dei beni, e di impostare un diverso rapporto con gli animali smettendo – fra le altre cose – di mangiare carne.

Copertina del libro Resurrezione di Lev Tolstoj

Le considerazioni appena citate confluiscono, così, in un romanzo intitolato Resurrezione (Garzanti, traduzione di Emanuela Guercetti), nel quale ampio spazio trova il Discorso della montagna rivolto da Gesù ai suoi discepoli, a riprova del fatto che più che possedere è fondamentale donare e donarsi, andando così verso una “rinascita etica” che coincide con l’esperienza personale di Lev Tolstoj – proprio come era già accaduto nel ciclo di romanzi semiautobiografici Infanzia, Adolescenza e Giovinezza (Rizzoli, a cura di Leone Pacini Savoj e Maria Bianca Luporini) dati alle stampe tra il 1852 e il 1854.

Il suo stile di vita, sempre più insolito ed eccentrico da accettare per la moglie, rompe però i già fragili equilibri coniugali fra lui e Sof’ja Andreevna, portando a loro volta i figli della coppia a difendere più l’uno o l’altro genitore durante le loro animate discussioni.

Morte

Come se non bastasse, nel 1901 il Santo Sinodo scomunica ufficialmente Lev Tolstoj per le sue idee anarchico-cristiane e anarco-pacifiste, mentre lo Stato si rende conto che la sua figura è sempre più scomoda e tuttavia sempre più idolatrata dalle masse, motivo per cui è impossibile censurare o boicottare la sua produzione.

È in virtù della sua popolarità che l’autore riesce allora a far circolare il racconto morale Padre Sergij (Garzanti, traduzione di Laura Salmon), il toccante romanzo Chadži-Murat (Garzanti, traduzione di Paolo Nori) e due dei testi per i quali ancora oggi è studiato e ammirato nelle più disparate Università: La sonata a Kreutzer (Garzanti, traduzione di Laura Salmon), da un lato, e La morte di Ivan Il’ic (Garzanti, traduzione di Giovanni Buttafava), dall’altro lato.

Copertina del libro La sonata a Kreutzer di Lev Tolstoj

Il primo è un racconto incentrato sulla confessione che riceve il narratore da parte di un uomo che viaggia in treno con lui: sua moglie si è invaghita di un musicista con cui ha iniziato una relazione e lui sente i morsi della gelosia, specie quando i due suonano a quattro mani la Sonata a Kreutzer di Beethoven. La vicenda si conclude con l’assassinio del protagonista ai danni della donna, suscitando scalpore per come viene affrontato il tema dell’adulterio, della gelosia e dell’uxoricidio.

Il secondo, invece, si configura come il punto d’arrivo della riflessione di Lev Tolstoj sul significato della vita umana: il funzionario russo Ivan Il’ic, che per anni si è sacrificato per raggiungere certi traguardi sociali e per soddisfare le aspettative delle persone intorno a lui, in punto di morte si rende conto di essere in realtà solo, e di essersi affannato per motivi futili quando avrebbe potuto assaporare la sua esistenza con più autenticità.

Copertina del libro La morte di Ivan Il'ic di Lev Tolstoj

Quanto all’autore, le sue ultime energie vengono al contrario dedicate a ripetuti appelli di pace a molti Paesi occidentali, nonché alla speranza di devolvere alla comunità del movimento di protesta religioso dei Duchobory l’importo del Premio Nobel per la Letteratura che sembra voler essere attribuito a lui nel 1901. In verità, poi, Stoccolma si pronuncia diversamente, assegnando il prestigioso riconoscimento al poeta Sully Prudhomme (1839-1907).

Dopodiché, soffocato dal clima litigioso che si respira in casa, la notte del 28 ottobre 1910 Lev Tolstoj si risolve a scappare di nascosto in compagnia del suo amico e medico di fiducia Dušan Makovitskij, nella speranza di appianare le discussioni sul suo testamento e di rinunciare a tutto in nome di Cristo. Il freddo preso in treno, però, lo fa ammalare di polmonite e lo vede spegnersi nella piccola località di Astapovo il 20 novembre successivo.

Al suo capezzale accorrono, fra gli altri, i familiari e alcuni scrittori del calibro di Boris Pasternak (1890-1960), che ascoltano in diretta le ultime parole pronunciate dall’autore: “Svignarsela! Bisogna Svignarsela!“. Come da sue volontà, il suo corpo viene sepolto nei pressi della sua dimora, sotto un cumulo di terra che non ha né croci né altre indicazioni, per un motivo che spiega bene sua figlia Tatiana in Anni con mio padre (Garzanti, traduzione di Roberto Rebora):

“Sapete perché mio padre è seppellito ai piedi di un poggio, all’ombra di vecchie querce, nella foresta di Jasnaja Poljana? Perché quel luogo era legato a un ricordo […] Il maggiore dei figli Tolstoj, Nikolaj […] aveva confidato di avere interrato in un angolo della foresta un bastoncino verde sul quale c’era scritta una formula magica. Chi avesse scoperto il bastone e se ne fosse impossessato, avrebbe avuto il potere di rendere felici tutti gli uomini. L’odio, la guerra, le malattie, i dolori, sarebbero scomparsi dalla faccia della terra”.

Quel bastoncino, a quanto pare, non è ancora stato trovato, anche se nel frattempo la fama di Lev Tolstoj ha valicato qualunque confine e, fra studi monografici, adattamenti cinematografici e traduzioni in centinaia di lingue, lo ha reso uno dei padri fondatori del romanzo russo e uno fra gli autori classici più apprezzati e conosciuti di tutto il mondo.

Fotografia header: Getty Editorial 24-10-2022

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