Tra smart working, home working, sblocco dei licenziamenti e, in generale, impatto della pandemia anche sul mondo delle professioni, inevitabilmente si parla e si parlerà molto di lavoro. Su ilLibraio.it due estratti da “Il pessimo capo – Manuale di resistenza per un lavoro non abbastanza smart”, il nuovo libro di Domitilla Ferrari, in cui attraverso esempi e testimonianze l’autrice racconta i danni che possono fare i pessimi capi (e si sofferma sulle loro diverse tipologie)…

Tra smart working, home working, sblocco dei licenziamenti e, in generale, impatto della pandemia anche sul mondo delle professioni, inevitabilmente si parla e si parlerà molto di lavoro. Non solo sui media, ma pure in libreria. Dove arriva, per Longanesi, Il pessimo capo – Manuale di resistenza per un lavoro non abbastanza smart.

L’autrice, Domitilla Ferrari, docente di Comunicazione Digitale all’Università di Padova, lavora come chief marketing officer a Milano, città in cui vive. Considerata una celebrità nel campo del networking, ne ha scritto in Due gradi e mezzo di separazione. Come il networking facilita la circolazione delle idee (e fa girare l’economia) (Sperling & Kupfer, 2014) e in Se scrivi fatti leggere. L’importanza della riconoscibilità in Rete (Sperling & Kupfer, 2015).

Nel suo nuovo libro, attuale e ricco di testimonianze, prova a spiegare come come si disinnesca un pessimo capo (sempre che, nei casi più gravi, non resti che dare le dimissioni). Per l’autrice, che parte dalla propria esperienza e dalle (dis)avventure vissute nel corso della carriera, la verità è che spesso si impara di più dai cattivi esempi che dai buoni: possiamo diventare persone migliori, imparando dai peggiori.

L’APPUNTAMENTO CON LIBLIVE SULLA PAGINA FACEBOOK DE ILLIBRAIO.IT – Il 9 settembre, alle ore 13, Domitilla Ferrari presenta Il pessimo capo con Paolo Armelli e Ester Viola

A testimonianza dell’attualità del volume, pare che in Giappone abbiamo chiesto a Zoom di prevedere una disposizione gerarchica dei partecipanti ai meeting digitali, in modo che i capi ottenessero un posto di rilievo nella griglia dei volti: un’ottima metafora del modo in cui il mondo del lavoro – e la leadership – spesso non hanno saputo adeguarsi al cambiamento in corso.

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Ma il lavoro, come scrive Domitilla Ferrari, non sta cambiando ora: è sempre in evoluzione, come tutto. Grazie alla tecnologia, all’innovazione, alla consapevolezza mutata della società. Lo smart working è un lascito durevole della crisi e modificherà in profondità il nostro modo di lavorare, fare riunioni, gestire routine, fissare obiettivi, ma non è la causa unica del cambiamento. Siamo noi, perché il lavoro è prima di tutto un luogo di relazioni e interazioni, e la chiave per rendere un lavoro migliore, più efficace e gratificante di un altro sta nella leadership.

In questo senso, un cattivo capo può rendere impossibile un ambiente di lavoro, danneggiare i risultati e deteriorare la salute mentale delle persone. Era vero prima ed è ancora più vero oggi che lo smart working ha reso più immateriali – e complesse – le nostre dinamiche quotidiane.

Quanti (molti) più danni può fare allora un pessimo capo, oggi?

Domitilla Ferrari Il Pessimo Capo Longanesi

Su ilLibraio.it, per gentile concessione della casa editrice, proponiamo due liste dalla parte finale del libro, che riassumono in parte, e schematicamente, quanto viene raccontato nei capitoli precedenti:

Al lavoro con un pessimo capo in 19 punti non esaustivi

1. È possibile giudicare un gruppo di lavoro dal capo che ha.
2. Mantenere il monopolio delle informazioni è controproducente.
3. Divide et impera è una regola da imbecilli.
4. La comunicazione è manipolatoria solo se chi parla lo è.
5. Siamo tutti clienti e siamo tutti datori di lavoro. E quindi potenzialmente pessimi clienti e pessimi capi.
6. Tutti possiamo fare la nostra parte per migliorare la società nella quale viviamo.
7. Mistero a volte è sinonimo di incapacità di gestire una situazione.
8. Come in politica, sul lavoro hai bisogno di consensi, non solo di accordi, quindi è più facile fare carriera e raggiungere i tuoi obiettivi se le persone con cui lavori ti sostengono. Se votano per te.
9. Il pessimo capo non impara, non cambia, non innova, ma trama per far restare tutto lì com’è. Anche sé stesso.
10. Il capo rovesciato non riesce a entrare nel suo ruolo di capo e continua a comportarsi da collega, non da guida.
11. Uno non vale uno: il capo che lavora solo per corridor test invece di affidarsi alle competenze del suo team chiede un’opinione al primo che passa.
12. Il capo ragioniere non ha una visione d’insieme, ma conosce i costi di ogni cosa.
13. Tipica del capo cafone è la comunicazione ostentata che urla successi anche quando non ci sono.
14. Essere sessisti non è maleducazione. È inconcepibile.
15. Il capo competitivo in crisi diventa il tipo di capo che ama circondarsi solo di incompetenti per sembrare intelligente: a quel punto è giusto farsi domande su di sé.
16. Troppi feedback negativi sono un problema. Spesso non tuo.
17. Smettere di studiare è smettere di crescere.
18. Il micromanager prende decisioni piccole, che includono spesso responsabilità personali.
19. Il capo procrastinatore fa questo: compila liste per il dopo. Liste di cose da delegare a chissà chi. Magari un secondo manager che non conosciamo ancora.

Fuori dai pessimi uffici in 12 (non semplici) mosse

1. Se non puoi scegliere capo né ufficio, puoi scegliere come viverli entrambi e cosa imparare dagli ostacoli che incontri.
2. Non importa la forza di un singolo, ma quella del gruppo. Ognuno di noi può realizzare molti più progetti lavorando insieme anziché da solo.
3. La felicità sul lavoro non deve essere un obiettivo in sé.
4. Nonostante la tua formazione e i tuoi titoli di studio, non è possibile che tu sappia tutto: i consigli di chi ci sta accanto sono importanti.
5. Condividere le esperienze con i colleghi serve a produrre nuove idee e a ridurre il rischio di ripetere errori già commessi da altri.
6. Saper fare rete è la chiave del successo. È una competenza sottovalutata, che serve verso l’esterno come all’interno dell’azienda, per creare nuove opportunità.
7. Sviluppa la tua capacità di entrare e rimanere in contatto con gli altri. Siamo maglie di reti interconnesse che vanno coltivate.
8. Se vuoi che il tuo team sia propositivo, devi esserlo anche tu. Lavora con costanza – e insistendo – sul buon esempio.
9. Coltiva la curiosità. E circondati di chi lo fa.
10. Non basta resistere, conta anche imparare a dare il meglio di sé. E – a volte – saper riconoscere quando è tempo di andarsene davvero.
11. Il nome che diamo alle cose è importante, ma non dovrebbe avere un peso nella trattativa economica.
12. Parlare di soldi non deve essere un tabù: il lavoro va pagato. Il giusto, per tutti.

(continua in libreria…)

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