“Forse, in fondo, i ragazzi parlano con l’AI non perché sono alienati. Ma perché siamo noi adulti che, troppo spesso, temiamo le loro domande. Perché le loro fragilità fanno tremare anche le nostre. Perché guardarli in faccia e dire “Non lo so, ma possiamo cercare una risposta insieme.” ci costringerebbe a fare i conti con la parte di noi che vorremmo dimenticare…”. Si discute molto dell’utilizzo di ChatGPT da parte delle nuove generazioni. Su ilLibraio.it la riflessione di Enrico Galiano, insegnante e scrittore

C’era una volta un ragazzo che, nei momenti difficili, parlava con il suo diario segreto. C’era una volta una ragazza che scriveva lettere a qualcuno che non avrebbe mai letto, solo per sfogarsi. C’era una volta uno studente che, davanti alla prof che spiegava Kant, scarabocchiava un quaderno pieno di frasi che iniziavano con “E se invece fosse tutto un sogno?”.

Oggi quel diario, quelle lettere, quei quaderni hanno un nome diverso. Si chiama ChatGPT.

E no, non lo usano solo per copiare i compiti – cioè, lo fanno, certo, non siamo ipocriti – ma lo usano anche per raccontare cose che non direbbero a nessuno. Gli scrivono delle loro ansie, dei loro amori, dei loro dubbi. Chiedono consigli su come dichiararsi, su cosa fare quando si sentono soli, su come smettere di sentire quella voce che dice “Non sei abbastanza”.

Perché ChatGPT è sempre lì. Non giudica. Non sbuffa. Non ha impegni. Non ha problemi più grossi di cui occuparsi. Risponde sempre.

L’amico perfetto.

Eppure, in questa perfezione, c’è qualcosa di tragico. Perché l’amico perfetto, in fondo, non è un amico.

Un amico ha pause, esitazioni, sguardi che dicono più delle parole. Un amico ti interrompe con un “Ma che cavolo stai dicendo?” quando ti vede sprofondare in pensieri sbagliati. Un amico non è sempre disponibile, perché a volte ha bisogno di tempo per sé, e proprio in questo sta la magia: quando c’è, c’è davvero.

Ma c’è un altro aspetto ancora più inquietante in tutto questo.

Non è solo che i ragazzi parlano con un’intelligenza artificiale. È che spesso non hanno nessun altro con cui parlare. Non perché non ci siano amici, ma perché gli adulti sono diventati sordi. Non hanno smesso di sentire, certo. Ma hanno smesso di ascoltare.

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L’AUTORE – Enrico Galiano, insegnante e scrittore friulano classe ’77, in classe come sui social, dove è molto seguito, sa come parlare ai ragazzi.

Dopo il successo di romanzi (tutti pubblicati da Garzanti) come Eppure cadiamo feliciTutta la vita che vuoiFelici contro il mondo, e Più forte di ogni addio, ha pubblicato un libro molto particolare, Basta un attimo per tornare bambini, illustrato da Sara Di Francescantonio. È poi tornato al romanzo con Dormi stanotte sul mio cuore, e sempre per Garzanti è uscito il suo primo saggio, L’arte di sbagliare alla grande. Con Salani Galiano ha quindi pubblicato la sua prima storia per ragazzi, La società segreta dei salvaparole. Ed è poi uscito, ancora per Garzanti, il suo secondo saggio, Scuola di felicità per eterni ripetenti. Dopo il romanzo Geografia di un dolore perfetto, è tornato in libreria con Una vita non basta… E da poco ha pubblicato con Salani il suo nuovo libro per ragazzi, L’incredibile avventura di un super-errore.

Qui è possibile leggere tutti gli articoli scritti da Galiano per il nostro sito, con cui collabora con costanza da diversi anni (anche in versione video, su Instagram e TikTok).

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