Da giorni si parla della protesta di alcuni studenti che boicottano l’orale della Maturità. Su ilLibraio.it, Enrico Galiano, insegnante e scrittore, torna sul tema e invita a non soffermarsi sul gesto, ma sui motivi che spingono ragazze e ragazzi a protestare: “Hanno ragione a chiedere una scuola più attenta alle persone, meno ossessionata dai voti, più capace di valorizzare l’impegno e il pensiero critico. La competizione esasperata, l’ansia da prestazione, la sensazione di non essere visti come individui ma solo come ‘media aritmetica’, sono problemi che tanti studenti vivono davvero. E finiscono per ostacolare la loro preparazione, più che a stimolarla. Ma hanno anche il dovere di non vivere la scuola solo come un distributore automatico di attenzione, empatia e successo. Non possono pretendere una scuola migliore senza fare la loro parte…” – L’intervento
Un favore, piccolo.
Facciamo finta che la protesta dei giovani non sia arrivata boicottando un esame orale, ma con un gesto meno divisivo. Che ne so, una lettera rivolta al ministro, una cosa così.
Sforzatevi insomma di concentrarvi su cosa ci stanno dicendo, e non su come ce l’hanno detto: che, sono d’accordo, lascia molto perplessi. Se non altro, sull’efficacia del gesto, visto che ora quasi nessuno sta discutendo davvero dei problemi che ci hanno descritto, ma solo su quanto fosse opportuno farlo così.
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(Spoiler: per me, poco. Qualsiasi gesto che sia una sottrazione si presta troppo facilmente a essere visto come una fuga. Cosa che magari non era, o forse sì, chi lo sa: ma intanto ora, per quasi tutti, questi ragazzi sono solo dei furbi che hanno approfittato di un meccanismo per cui erano già al sicuro per uscirsene da vincitori. No: se volete davvero far sentire cosa dite, ragazzi, vi dovete aggiungere, non sottrarre. Fine dello spoiler.)
Bene, siete ancora con me o avete già il dito che vi prude per commentare?
Perfetto, se riuscite nello sforzo ora vediamo nel dettaglio cosa ci stanno dicendo questi ragazzi.
Perché qualcosa lo stanno dicendo, eccome.
Stanno dicendo che il meccanismo di valutazione oggi, in troppi casi, non misura le persone ma solo i numeri.
Che l’impegno conta poco, se non si traduce subito in una prestazione perfetta.
Che chi parte da più indietro resta indietro, e che spesso la scuola se ne accorge solo quando è troppo tardi.
Stanno dicendo che nelle classi si respira competizione, non cooperazione.
Che si impara a confrontarsi con i voti degli altri, ma non con sé stessi.
Che si parla troppo poco di ansia, di fragilità, di attualità.
Dicono che vorrebbero un esame che misuri la maturità vera: non solo quanto sanno, ma quanto capiscono, quanto si interrogano, quanto sono cresciuti.
Che la maturità non è saper ripetere a memoria la lezioncina, ma saperla collegare alla propria vita.
Che a scuola non si dovrebbero imparare solo cose, ma anche come si sta al mondo.
E poi chiedono una scuola più umana, più capace di ascoltare.
Non vogliono insegnanti che diventino amici: vogliono adulti autorevoli, non autoritari. Vogliono qualcuno che si accorga di loro. Che si accorga come stanno, non solo dove sbagliano.
Sbagliano? Hanno ragione? Un po’ e un po’?
Provo a dire come la vedo io.
Sì, hanno ragione a chiedere una scuola più attenta alle persone, meno ossessionata dai voti, più capace di valorizzare l’impegno e il pensiero critico. La competizione esasperata, l’ansia da prestazione, la sensazione di non essere visti come individui ma solo come “media aritmetica” sono problemi che tanti studenti vivono davvero. E finiscono per ostacolare la loro preparazione, più che a stimolarla.

Letture originali da proporre in classe, approfondimenti, news e percorsi ragionati rivolti ad adolescenti.

Ma hanno anche il dovere di non vivere la scuola solo come un distributore automatico di attenzione, empatia e successo. Non possono pretendere una scuola migliore senza fare la loro parte: mettersi in gioco, assumersi responsabilità, non aspettarsi che tutto cambi per loro ma anche grazie a loro.
Perché la scuola non è un luogo dove vieni a prendere, ma dove impari a dare senso a ciò che prendi.
Non è uno sportello di servizi, ma un laboratorio imperfetto dove si cresce anche nei conflitti, nelle frustrazioni, nei no.
È un luogo in cui ricevi, sì, ma solo se sei disposto a investire davvero: e non solo in termini di studio.
Ecco il punto: non basta chiedere ascolto, bisogna anche imparare a dire le cose nel modo migliore e ad ascoltare le ragioni dell’altro.
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E non basta denunciare un sistema sbagliato, rifiutare il vecchio: bisogna anche avere il coraggio di proporre il nuovo.
Per questo, Maddalena e gli altri pongono domande vere — ma a volte sembrano cercare risposte facili. Esprimono un vero disagio, ma sembrano non accorgersi nemmeno loro del disagio che abita moltissimi insegnanti – che infatti non viene mai citato, in tutti i loro discorsi.
Si sente insomma che sono molto concentrati su di sé, e forse poco su chi hanno di fronte, sul contesto, sulle condizioni in cui un insegnante è costretto a lavorare. Anche questa è maturità.
La sfida, oggi, allora è questa: fare in modo che la scuola sia un luogo in cui gli adulti si mettano in discussione, ma anche in cui i ragazzi non abbiano paura di giocare davvero la partita. Di elaborare le proprie frustrazioni. Di assumersi delle vere responsabilità. E di interessarsi davvero agli altri, al mondo in cui vivono, e non solo a sé stessi.
Solo così si cresce. Da entrambe le parti.
L’AUTORE – Enrico Galiano, insegnante e scrittore friulano classe ’77, in classe come sui social, dove è molto seguito, sa come parlare ai ragazzi.
Dopo il successo di romanzi (tutti usciti per Garzanti) come Eppure cadiamo felici, Tutta la vita che vuoi, Felici contro il mondo, e Più forte di ogni addio, ha pubblicato un libro particolare, Basta un attimo per tornare bambini, illustrato da Sara Di Francescantonio. È poi tornato al romanzo con Dormi stanotte sul mio cuore, e sempre per Garzanti è uscito il suo primo saggio, L’arte di sbagliare alla grande. Con Salani Galiano ha quindi pubblicato la sua prima storia per ragazzi, La società segreta dei salvaparole. Ed è poi uscito, ancora per Garzanti, il suo secondo saggio, Scuola di felicità per eterni ripetenti. Dopo il romanzo Geografia di un dolore perfetto, è tornato in libreria con Una vita non basta, e ha poi pubblicato con Salani il ultimo libro per ragazzi, L’incredibile avventura di un super-errore.
Da metà maggio 2025, per Garzanti, è in libreria il nuovo romanzo, Quel posto che chiami casa.
Qui è possibile leggere tutti gli articoli scritti da Galiano per il nostro sito, con cui collabora con costanza da diversi anni (anche con dei video per Instagram e TikTok).
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