Enrico Galiano commenta la lettera di uno studente neodiplomato, che critica “una scuola sempre più dilaniata dalla retorica del merito, della performance e dell’eccellenza”. Su ilLibraio.it l’insegnante e scrittore accoglie la protesta e fa una serie di proposte (“basta con la retorica del merito”, “mettiamo le persone al centro, non i risultati…”) ma invita anche il ragazzo a “non cascare nel tranello del vittimismo” – L’intervento

Mi raccomando, lasciamo passare ancora tutto inosservato.

Anche questa lettera, scritta in modo così lucido. Con questo grado di consapevolezza, quella precisione nell’attribuire cause e conseguenze. Facciamo finta che non sia mai stata scritta.

Quale lettera? Faccio un passo indietro. Qualche giorno fa è stata pubblicata sul Corriere della Sera la lettera di un ragazzo neodiplomato, che criticava aspramente il sistema scolastico italiano. Il mio consiglio è di leggervela tutta, così potete farvi una vostra idea.

Per comodità, vi lascio qui qualche stralcio:

Una scuola sempre più dilaniata dalla retorica del merito, della performance e dell’eccellenza”, dice il ragazzo, che ha preferito restare anonimo. “Un posto, dove, come ho già detto, vengono considerati solo aspetti come la media scolastica, i voti, i risultati che hai ottenuto o le tue certificazioni; non la persona che si è.”

Poi spiega perché la pensa così: “Ciò che conta è il risultato, non il percorso, quello che sei è il voto, non la tua crescita e le tue esperienze, l’importante è andare avanti a denti stretti e non fermarsi mai, almeno fino a quando non raggiungi il burnout: le relazioni sociali, gli hobby, le proprie passioni vengono tutte dopo”.

E si interroga su quello che dovrebbe essere il fine dell’istituzione scolastica: “Non credo che la scuola pubblica sia stata creata per insegnare che nella vita bisogna essere insensibili, che dobbiamo accettare di avere le crisi nervose per la pressione troppo alta, che se non raggiungiamo un certo standard allora siamo un fallimento e che va data più importanza al risultato, non alla salute mentale o alla nostra felicità”.

Nella sua critica, si sente anche l’alito di una proposta, quando afferma che la scuola “non sta insegnando la cosa più importante che vada insegnata, e cioè che fallire è normale, che sbagliare è normale e che dedicare tempo a se stessi, costruendo la persona che si vuole essere, dovrebbe essere la priorità, non “ il resto che viene dopo”.

E conclude: “Vorrei che la gente si interrogasse seriamente sul modello di scuola che desideriamo e quindi sul modello di società a cui aspiriamo, perché è dalla scuola che parte tutto, che si pongono le basi del paese in cui vivremo. Facendolo con gli studenti, non senza”.

Cosa vogliamo dire a questi ragazzi? Vogliamo fare ancora finta di niente? Vogliamo ancora credere che siano le lamentele di chi non vuole la fatica e il sudore, di chi non è disposto a fare sacrifici?

Non mi sembrano queste le parole di uno scansafatiche o di uno che si atteggia a vittima: è un ragazzo che sa cosa vuole, o cosa avrebbe voluto dalla scuola che ha frequentato, e che non l’ha visto. Un ragazzo che si è trovato in mano, alla fine del percorso, solo un grande vuoto.

Vogliamo cominciare ad ascoltare le loro richieste? Sono precise, lucide e argomentate.

Ve le riassumo:
basta con la retorica del merito;
– troviamo un’alternativa al voto numerico;
opponiamo a una scuola ultracompetitiva un altro modello, più sano, dove il fallimento diventa un’opportunità
– de-ansizziamola (se così si può dire), cioè bonifichiamola dall’ansia che serpeggia in modo ormai patologico nelle nostre aule
facciamo entrare gli studenti nel dibattito, non rendiamolo solo gli “utilizzatori finali” di un servizio

e, soprattutto:

mettiamo le persone al centro, non i risultati; le specificità, non l’omologazione; rendiamola insomma un posto dove ci si possa sentire a casa.

Pensiamo sia possibile?

PS. Adesso voglio dire due cose a te, caro ragazzo.
Come vedi, ho accolto tutte le tue istanze, e ti ho dato ragione praticamente in tutto.
Però c’è un però, e ci tengo a consegnartelo rivolgendomi direttamente a te.
Due cose della tua lettera meritano una riflessione da parte tua, anzi da parte “vostra”, secondo me.

La prima è: all’inizio sostieni che, del vuoto che hai sentito alla fine degli esami, ritieni pienamente responsabili gli anni di scuola.
Attento: non cascare nel tranello del vittimismo. Il resto della lettera non aveva niente di tutto ciò, ma tieni sempre gli occhi aperti: quando si comincia a individuare un unico colpevole è sempre il primo passo per cedere alla retorica, e per chiamarsi fuori da ogni responsabilità.

E poi la seconda: perché hai scelto l’anonimato?
Lo so che il tuo era un grido, uno sfogo, un bisogno di farsi sentire. Però è proprio da qui che comincia il cambiamento: con l’assunzione di responsabilità.
Rimanendo anonimo, rischi che anche la tua voce resti tale, e così il tuo grido.
E, in questo modo, stai facendo esattamente quello che tanto critichi alla scuola: ti stai chiamando fuori.
No, se vuoi davvero questo cambiamento, il posto è dentro.
Dillo chi sei, alza la mano, fatti avanti. Dimostra di essere all’altezza delle tue parole così forti.

L’AUTORE – Enrico Galiano sa come parlare ai ragazzi. In classe come sui social, dove è molto seguito. Insegnante e scrittore classe ’77, dopo il successo dei romanzi (tutti pubblicati da Garzanti)  Eppure cadiamo feliciTutta la vita che vuoi, Felici contro il mondo, e Più forte di ogni addio, ha pubblicato un libro molto particolare, Basta un attimo per tornare bambini, illustrato da Sara Di Francescantonio. È tornato al romanzo con Dormi stanotte sul mio cuore, e sempre per Garzanti è uscito il suo primo saggio, L’arte di sbagliare alla grande. Con Salani Galiano ha quindi pubblicato la sua prima storia per ragazzi, La società segreta dei salvaparole, un inno d’amore alle parole e alla lingua. Ed è poi uscito per Garzanti il suo secondo saggio Scuola di felicità per eterni ripetenti. Il suo nuovo romanzo è Geografia di un dolore perfetto (Garzanti).

Qui è possibile leggere tutti gli articoli scritti da Galiano per ilLibraio.it.

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