“La scuola fa schifo”: fa discutere la maglietta provocatoria indossata da studente siciliano alla Maturità. Su ilLibraio.it l’intervento di Enrico Galiano, insegnante e scrittore: “Francesco ha fatto bene. Come ogni adolescente appassionato è andato sicuramente fuori dalle righe, ma solo un cieco non vedrebbe che dietro questo gesto c’è una grande sofferenza”. E ancora: “Ascoltarlo questo grido, e pensiamo di dare a Francesco delle risposte concrete, e non solo commentini e reprimenda”

Immaginati la scena: tu sei un prof, arrivi lì il primo giorno degli scritti di maturità, e ti vedi un ragazzo che si presenta con una t-shirt bianca, con la seguente scritta sopra:

“LA SCUOLA ITALIANA FA SCHIFO”

Una scritta un tantino eloquente, in effetti.

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A quel punto, angioletto su spalla destra dice: “Dai, è un ragazzo! La sua è una provocazione! Capiscilo!”

Già, ma diavoletto su spalla sinistra ribatte subito: “MA COSA DICI! MA COME SI PERMETTE! MA TI SEMBRA QUESTO IL MODO!”.

E poi finiscono come sempre a fare a botte, mentre il ragazzo ti passa davanti col suo sorriso e se ne va a scrivere il suo tema d’esame.

Come sempre, la cosa migliore da fare è partire da loro, quindi in questo caso da lui, che si chiama Francesco e ha detto:  “Mi hanno detto di vestirmi in maniera consona alla prova che affronterò oggi. Non c’è modo più consono di questo: in questo paese la scuola è l’ultima ruota del carro. Noi maturandi abbiamo perso quasi due anni di scuola. Siamo uno dei paesi in Europa che ha fatto più dad. In quel momento non capivamo appieno quanto ci stavano togliendo, ma adesso che siamo alla fine del percorso, abbiamo preso consapevolezza”. E poi ha anche aggiunto:  “Non mi sarei mai dato pace se non avessi tentato di attirare l’attenzione su una scuola ormai in cenere”.

E quindi?

Ha fatto bene o ha fatto male?

Credo siano più che altro due le domande da farsi:

1) Ha ragione? nel senso: è vero quello che c’è scritto?, e

2) Se sì, è efficace dirlo così?

Alla domanda numero uno mi sa che la risposta corretta è: no, la scuola italiana non fa schifo. Ma non è neanche il meglio che ti possa capitare.

L’ultima edizione del rapporto Ocse, Education at a glance 2021, disegna un ritratto abbastanza impietoso. Soprattutto su un aspetto: quanto investiamo sulla scuola.

E quant’è? Briciole, rispetto agli altri paesi. In Turchia, per dire, o in Colombia, spendono quasi il doppio di noi.

Male anche l’età media dei docenti. Malissimo la dispersione scolastica. Malissimissimo il coefficiente di ansia scolastica, che misura lo stato di benessere degli studenti mentre sono a scuola.

E quindi ok: anche se non fa schifo, in molti casi non ci va molto lontana, se la paragoniamo a quella di altri paesi.

Ma ha fatto bene Francesco a indossare quella maglietta? Sì che ha fatto bene. Come ogni adolescente appassionato è andato sicuramente fuori dalle righe, ma solo un cieco non vedrebbe che dietro questo gesto c’è una grande sofferenza.

“In questo paese la scuola è l’ultima ruota del carro”: voglio vedere chi oserebbe contestare questa affermazione.

Adesso c’è chi se la prende con Francesco, ma per l’ennesima volta è prendersela con il dito, per lasciare la luna lì dov’è, immutata.

Quando pensiamo di svegliarci?

Quando pensiamo di ascoltarlo questo grido?

Quando pensiamo di darci una mossa e capire che la scuola non è un problema di studenti, insegnanti, genitori, ma di tutti?

Quando pensiamo di urlarlo anche noi, che 28 studenti per classe è uno scandalo, che non è possibile fare niente di buono, ma principalmente danni enormi?

Quando pensiamo di arrabbiarci sul serio e di fare qualcosa, quando andando a votare scopriamo che la scuola media del nostro comune è orrenda e cade a pezzi ed è un posto indecente?

Quando capiremo che dire scuola è dire futuro, e che non metterla mai nei discorsi, non includerla mai nei momenti che contano significa smettere di vedere futuro?

Quando pensiamo – non di indossarla anche noi, quella maglietta – ma di rendere quella scritta falsa sotto tutti i punti di vista?

Quando pensiamo di dare a Francesco delle risposte concrete, e non solo commentini e reprimenda?

Quando decideremo di dare a questi ragazzi davvero un futuro all’altezza dei loro sogni, e non solo futuri che si possono solo sognare?

L’AUTORE – Enrico Galiano sa come parlare ai ragazzi. In classe come sui social, dove è molto seguito. Insegnante e scrittore classe ’77, dopo il successo dei romanzi (tutti pubblicati da Garzanti)  Eppure cadiamo feliciTutta la vita che vuoi, Felici contro il mondo, e Più forte di ogni addio, ha pubblicato un libro molto particolare, Basta un attimo per tornare bambini, illustrato da Sara Di Francescantonio. È tornato al romanzo con Dormi stanotte sul mio cuore, e sempre per Garzanti è uscito il suo primo saggio, L’arte di sbagliare alla grande.

Con Salani ora Galiano pubblica la sua prima storia per ragazzi, La società segreta dei salvaparole, un inno d’amore alle parole e alla lingua.

Alla pagina dell’autore tutti gli articoli scritti da Galiano per ilLibraio.it.

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