“Valutare non è punire. Non è archiviare. Non è sommare. È osservare, capire, scegliere. È dire con un numero non da dove sei partito, ma dove sei riuscito ad arrivare. Soprattutto, valutare è un atto educativo…”. Su ilLibraio.it la riflessione di Enrico Galiano, insegnante e scrittore, che risponde alle centinaia di commenti al suoi video in cui spiega perché fare la media aritmetica dei voti è, spesso, un errore clamoroso…

In questi giorni ho ricevuto tanti commenti al video in cui spiegavo perché fare la media aritmetica dei voti è, spesso, un errore clamoroso.

Il mio video è ispirato al bellissimo libro di Cristiano Corsini, La fabbrica dei voti – Sull’utilità e il danno della valutazione a scuola (Laterza).

 

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Provo a rispondere qui alle obiezioni più frequenti.

1) “La media è democratica: tocca tutti allo stesso modo”

No. La media non è democratica. È impersonale. Sono due cose diverse.

Tratta allo stesso modo voti che nascono in momenti, condizioni, livelli di consapevolezza completamente diversi. E lo fa perché è comoda: una scorciatoia travestita da rigore.

Ma l’aritmetica non basta a raccontare l’apprendimento. Perché l’apprendimento non è lineare, non è costante, non è equo. È umano. Ed è fatto anche di inciampi, slanci, svolte improvvise.

La fabbrica dei voti

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2) “Ogni materia è diversa!”

E certo, lo so. Come ogni verifica è diversa. Ogni classe è diversa.

Ma allora la media aritmetica tra argomenti scollegati ha ancora meno senso. Perché sommare voti su contenuti diversi non restituisce una fotografia reale dello studente, ma solo un calcolo freddo e uniforme.

E non tutte le conoscenze hanno lo stesso peso: mica il salumiere assegna lo stesso prezzo al crudo di San Daniele e alla mortadella, no?

Se fai la media aritmetica, stai dicendo che il crudo di San Daniele vale come la mortadella. È comodo e veloce. Ma è scorretto.

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3) “È il registro che calcola la media!”

Mi spiace ma: no.

Il registro suggerisce. Ma la responsabilità finale è dell’insegnante. E ogni voto può (e deve) essere motivato, anche se diverso dalla media aritmetica. La scuola non è burocrazia: è discernimento.

4) “La media funziona nelle materie tecniche: matematica, scienze, fisica…”

In realtà anche lì si sviluppano competenze trasversali: logica, problem solving, metodo. Se uno studente sbaglia in geometria ma eccelle in statistica, valuti la media o valuti la capacità complessiva di pensare matematicamente?

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5) “Ma se lo studente prende 4 su Dante e 9 su Petrarca?”

Lì la prima cosa da fare è farsi due domande, come per esempio: perché è successo? È stata solo una sua mancanza o qualcosa si poteva migliorare nella didattica?

Dopodiché, è ovvio che bisogna tenerne conto: ma se da un 4 si arriva a un 9, vuol dire che qualcosa è successo. E sarebbe gravissimo ignorarlo solo per restare fedeli a una media.

6) “E se uno studente si impegna tutto l’anno e un altro studia solo all’ultimo?”

Se hai dichiarato che valuterai anche l’impegno, devi tenerne conto. Chi si è impegnato costantemente ha diritto a un riconoscimento. Ma questo non significa che chi è migliorato debba essere “frenato” per pareggiare i conti. Non è una gara tra studenti: è una corsa contro sé stessi.

Prima di mettere una qualsiasi valutazione, non puoi eludere una domanda: cosa sto valutando davvero?

Perché se sto valutando l’apprendimento, allora devo chiedermi: quel voto racconta davvero dove è arrivato lo studente? O è solo la somma dei suoi inciampi?

Nel 1982 l’Italia ai Mondiali di Spagna ha fatto un girono di qualificazione pessimo, qualificandosi dopo molte difficoltà. Ma poi qualcosa è successo, e quel Mondiale lo abbiamo vinto con partite epiche e momenti che sono entrati anche nei libri di storia. Se dovessi dare un voto a quell’Italia, cosa le daresti? 10 alla fase finale e 4 a quella iniziale, quindi 7? Ma seriamente?

Allo stesso modo, se do 6,5 a uno che oggi vale 9, solo perché all’inizio ha fatto fatica… allora sto commettendo un’ingiustizia. E la sto mascherando da oggettività.

Valutare non è punire. Non è archiviare. Non è sommare.

È osservare, capire, scegliere. È dire con un numero non da dove sei partito, ma dove sei riuscito ad arrivare.

E soprattutto: valutare è un atto educativo.

Un voto può spegnere. O può accendere. Dipende da cosa scegli di misurare: le tue certezze, o il suo cambiamento?

L’AUTORE – Enrico Galiano, insegnante e scrittore friulano classe ’77, in classe come sui social, dove è molto seguito, sa come parlare ai ragazzi.

Dopo il successo di romanzi (tutti usciti per Garzanti) come Eppure cadiamo feliciTutta la vita che vuoiFelici contro il mondo, e Più forte di ogni addio, ha pubblicato un libro particolare, Basta un attimo per tornare bambini, illustrato da Sara Di Francescantonio. È poi tornato al romanzo con Dormi stanotte sul mio cuore, e sempre per Garzanti è uscito il suo primo saggio, L’arte di sbagliare alla grande. Con Salani Galiano ha quindi pubblicato la sua prima storia per ragazzi, La società segreta dei salvaparole. Ed è poi uscito, ancora per Garzanti, il suo secondo saggio, Scuola di felicità per eterni ripetenti. Dopo il romanzo Geografia di un dolore perfetto, è tornato in libreria con Una vita non basta, e ha poi pubblicato con Salani il ultimo libro per ragazzi, L’incredibile avventura di un super-errore. Dal 13 maggio, anche per Garzanti, il nuovo romanzo, Quel posto che chiami casa.

Qui è possibile leggere tutti gli articoli scritti da Galiano per il nostro sito, con cui collabora con costanza da diversi anni (anche con dei video per Instagram e TikTok).

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