L’insegnante e scrittore Enrico Galiano, dopo aver vinto il Premio Bancarellino 2023 con “La società segreta dei salvaparole”, torna con un nuovo (avventuroso) libro per i più piccoli, “L’incredibile avventura di un SUPER-ERRORE”, in cui, con ironia, scardina la ricerca della perfezione come ideale da inseguire a tutti i costi. Il protagonista, il goffo Ricky, più che un supereroe si sente un SUPER-ERRORE. Fino a quando incontrerà un gruppo di alieni… – Su ilLibraio.it un estratto

Enrico Galiano, insegnante e scrittore protagonista in classe, sui social e in libreria, torna con un nuovo libro pensato per i più piccoli, L’incredibile avventura di un super-errore (Salani, già editore di La società segreta dei salvaparole, con cui l’autore ha vinto il Premio Bancarellino 2023).

Con ironia, Galiano scardina la ricerca della perfezione come ideale da inseguire a tutti i costi, e lo fa attraverso una trama avventurosa e una storia di amicizia e coraggio, ma anche di rinascita: L’incredibile avventura di un SUPER-ERRORE è infatti una celebrazione dell’errore come momento fondamentale per la crescita di ognuno di noi.

enrico galiano l'incredibile avventura di un super errore salani

Lo scrittore di Pordenone, che per Garzanti ha firmato numerosi romanzi e saggi di (crescente) successo, come Eppure cadiamo feliciTutta la vita che vuoiFelici contro il mondo, e Più forte di ogni addio, Basta un attimo per tornare bambini (illustrato da Sara Di Francescantonio), Dormi stanotte sul mio cuoreL’arte di sbagliare alla grande, Scuola di felicità per eterni ripetenti, Geografia di un dolore perfetto e il recente Una vita non basta, nel nuovo libro fa incontrare a Ricky, il protagonista, un gruppo di… alieni.

Si tratta però di alieni belli come gli idol K-pop e arrivati a bordo di un’astronave a forma di ciambella. Dovrebbero aiutare gli esseri umani, ma la prima regola delle Norme di comportamento interstellari proibisce di intervenire direttamente negli affari di un altro pianeta. Toccherà quindi a Ricky affiancarli anche se lui, più che un supereroe, si sente un SUPER-ERRORE: la tuta che gli hanno dato e che dovrebbe dargli poteri incredibili sembra solo una vecchia calzamaglia e quando la indossa combina ancora più pasticci del solito. Ma è proprio grazie alla sua goffaggine e ai suoi formidabili errori che Ricky riuscirà a sbaragliare la misteriosa Setta dei Perfetti, dimostrando che senza cadute e senza fallimenti è impossibile fare qualcosa di bello.

Su ilLibraio.it, per gentile concessione della casa editrice, proponiamo un estratto:

(…)

La situazione era questa.

Un ragazzino di nome Ricky Pardo stava sfrecciando a tutta birra su una biciclettina arrugginita, lanciato verso non sapeva nemmeno lui dove.

Nello stesso momento, un ex poliziotto di origini giapponesi di nome Toni Tanaka stava sfrecciando a tutta birra su una macchina preistorica, con una fascia legata sulla testa lanciato verso non sapeva nemmeno lui dove.

Nello stesso momento, una ragazzina di nome Jo, con in braccio un’ippopotama peluche parlante, stava sfrecciando a tutta birra dentro uno scuolabus vuoto, lanciata verso non sapeva nemmeno lei dove.

E nessuno di questi tre poveri malcapitati aveva più il controllo del mezzo su cui stava andando, perché bicicletta, macchina e scuolabus procedevano automaticamente, come guidati da un telecomando invisibile.

Ah, e in tutto questo: Ricky era ancora col suo bel pigiamino e le ciabatte.

All’inizio aveva pensato che la sua bici fosse semplicemente impazzita, che andasse un po’ a casaccio insomma, ma dopo un po’ fu evidente che invece no: voleva andare in un posto molto preciso.

Ok, ma quale? A un raduno di biciclette? Era tipo il compleanno di una di loro e lei non voleva perdersi la festa?

No, la festa che si stava preparando era per lui: e Ricky lo avrebbe scoperto molto presto. Quando la bici arrivò ai confini estremi della città, deviò con grande decisione in salita verso i boschi, su una strada sterrata, col povero Flù ormai svenuto per i troppi sbalzi dentro il suo zaino. E, una volta giunti lì, finalmente la bicicletta rallentò, fino a fermarsi proprio al centro di una radura grande come sei campi da calcio messi insieme.

«Oooh, era ora!» commentò Ricky, ansimando.

Non era mai stato lì. Le montagne ancora leggermente innevate facevano da cornice a quella prateria gigantesca, come una ciambella zuccherata attorno a un buco. E lui era lì, al centro di quel buco.

E poi, all’improvviso, accaddero contemporaneamente due cose.

«Ma che cavolo…» riuscì solo a dire, per poi interrompersi, bocca mezza spalancata e occhi che non sapevano dove guardare. Se verso sinistra, da dove arrivava il rumore di una macchina in corsa, o destra, da dove proveniva invece la polvere alzata da un altro mezzo, molto più grande.

«Ehi, ma quella non è…»

Sì, era il catorcio di macchina rossa che per poco non lo aveva investito una mezz’oretta prima, e alla guida c’era ancora Toni Ufo, di nuovo senza le mani sul volante.

«E quello invece non è…»

Proprio così: era lo scuolabus. Il suo. Lo stesso che prendeva ogni mattina. Dentro, al posto di guida, la sua compagna e prima nella sua personale lista delle antipatiche della classe, Giovanna Marzo detta Jo.

Erano giunti tutti e tre al centro di quello spiazzo erboso gigantesco: e lì i loro mezzi, finalmente, si fermarono, a pochi passi dalla bocca spalancata di Ricky.

Lui rimase immobile sulla bici: ora, incredibilmente, la storia del pigiama sembrava la meno assurda di quella giornata.

Le porte del bus si aprirono, con uno sbuffo d’aria. Una voce femminile uscì da lì: «Ci sono 15 gradi Celsius, umidità del 32%, pressione in diminuzione: quindi ci sono 88 probabilità su cento che pioverà!»

Ma chi aveva parlato? Quella non era la voce di Jo! Era una voce più metallica, vagamente simile a quelle automatiche dei call center, che si sentiva mentre lei scendeva gli scalini con in braccio un peluche.

«Ci mancava solo la pioggia!» esclamò Jo, e la voce di prima rispose, con tono piccato: «Ti avevo detto di prendere l’ombrello, stamattina, ma tu non mi vuoi mai ascoltare, cocciuta che non sei altro!»

«Non è colpa mia se la tua voce è più fastidiosa del verso di un’anatra con la diarrea!»

«Ehi, guarda che sei tu che mi hai programmato la voce! E poi le anatre con la diarrea non producono suoni diversi dalle anatre senza diarrea, secondo gli studi scien…»

Jo mise una mano davanti alla bocca dell’ippopotama, come per farla stare zitta.

Non c’era un’altra persona, allora! Era l’ippopotama che stava parlando!

Ricky osservava quel dialogo assurdo e non riusciva a chiudere la bocca dallo stupore. Anche se ormai le cose folli erano state talmente tante da non doverlo più stupire, Ricky guardava la sua odiata compagna di classe come… be’, voi come guardereste una ragazzina dai capelli rosa appena uscita da uno scuolabus guidato da lei stessa e con in braccio un peluche parlante?

«E tu che ci fai qui, Pardo?» chiese Jo a Ricky.

Ricky arrossì, come ogni volta che qualcuno gli rivolgeva la parola. E riuscì solo a dire: «Ma… quel coso… parla?!»

Il ‘coso’ non la prese bene, anzi rispose per le rime: «Il ‘coso’ qui presente si chiama GAIA, coso

«Gaia?!» ribatte´ Ricky incredulo.

E il peluche rispose con voce tronfia: «Sì. Bel nome vero? G.A.I.A. è un acronimo, e sta per…»

«Sssst! Quante volte ti ho detto che non devi parlare in pubblico!» la interruppe Jo, rifilandole anche un pugno.

In tutto questo, il vecchio dentro la macchina rossa restava dentro l’abitacolo, immobile e mani sul volante. Li scrutava concentrato, ogni tanto grattandosi il mento. Sì, era quasi sicuramente colpa sua se si trovavano tutti lì, in quella mattina che era cominciata strana, stava proseguendo folle e probabilmente sarebbe finita peggio.

«GAIA, che ci fa qui quel signore, secondo te?» domandò Jo al suo peluche, e il peluche rispose: «C’è circa un 75% di probabilità che il signore di cui parlate sia, se non responsabile, perlomeno coinvolto in questa improbabile successione di eventi che ci ha portati qui!»

«Ma cos…» stava per dire Ricky, quando il vecchio uscì finalmente dalla macchina. Lentamente, molto lentamente, per precauzione o più probabilmente per l’artrosi.

Ricky si grattò la testa. Guardò prima l’ippopotama, poi Jo, poi lo scuolabus, poi il vecchio, poi le montagne, poi il suo pigiama, e per la seconda volta quella mattina optò per l’opzione ‘Ok, è solo un sogno, anzi un incubo, ora mi sveglio e faccio colazione con una bella ciambella!’

Ma non era un sogno, né un incubo. E soprattutto quello non era che l’inizio, perché il vecchio, camminando verso lui e Jo, aprì la bocca come se avesse visto un fantasma. Poi, in preda a una strana paura mista a eccitazione, indicò qualcosa alle loro spalle.

«Lo sapevo! Avevo ragione io! MIO PADRE DICEVA LA VERITÀ!» gridò. «UTSURO-BUNE!!! UTSUROBUNE!!!»

«Utsuro-buneee?!» fecero i due ragazzi, guardandosi perplessi.

Poi Ricky si voltò per guardare dove il dito di Toni Ufo indicava, e gli si spalancò automaticamente la bocca, lasciandolo senza parole. E Jo strinse più forte a sé il suo pupazzo ed esclamò: «Che arcidiavolo è quella palla gigante?!»

(continua in libreria…)

 

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