Torna in libreria il romanzo “Puttane per Gloria” di William T. Vollmann, in cui il reduce di guerra Jimmy vive alla giornata soggiornando in pensioni diroccate, frequentando compagnie “poco raccomandabili” e “collezionando” le storie delle prostitute. Il motivo è uno solo: ritrovare, attraverso i racconti e le testimonianze raccolte, Gloria, musa della quale si è innamorato e che da tempo ha perduto… Lo scrittore americano, del resto, è da sempre un indagatore degli anfratti umani più oscuri, e la sua è una ricerca che si muove tra realtà e sogno, tra reportage e fiction

“Storie e capelli, ripeté a se stesso disteso sul letto, questo è il prezzo del biglietto d’ingresso, storie e capelli. Devi solo continuare a fingere, un passo dopo l’altro, e ti troverai presto ad aver rifatto il giro dell’isolato.
Benissimo.
E poi che cosa succede?”.

Queste incerte parole ricalcano la travagliata vita di Jimmy, burbero reduce di guerra e protagonista di Puttane per Gloria di William T. Vollmann, romanzo riedito a gennaio da minimum fax dopo una prima edizione del 2000 per Mondadori Strade Blu, entrambe nella traduzione di Antonio Scurati.

Dopo il racconto del “mestiere del sesso” in Storie dell’arcobaleno (minimum fax, 2021, traduzione di Cristiana Mennella) nel 1989, il romanzo pubblicato originariamente nel 1991 è il primo “tassello” di un’ideale trilogia della prostituzione, assieme a Storie della farfalla (minimum fax, 2019, traduzione di Cristiana Mennella) e The Royal Family (New York, Viking, 2000), libro ancora inedito in Italia.

L’ex militare ritratto dall’autore statunitense classe ’59 vive alla giornata, soggiornando in pensioni diroccate e frequentando compagnie “poco raccomandabili“. Uno su tutti l’amico Codice Sei, un personaggio altrettanto burbero e altrettanto segnato dalla guerra. Ma soprattutto, Jimmy passa le sue giornate a vagare incessantemente per il Tenderloin, il quartiere più degradato di una San Francisco ormai lontana dal sogno hippie.

Il motivo del vagabondaggio è uno solo: ritrovare, attraverso i racconti e le testimonianze delle puttane (che paga grazie al sussidio fornito dell’esercito), Gloria, bellissima prostituta della quale si è innamorato e che ha da tempo perduto. Una Beatrice vittima dell’Inferno dantesco che anima le notti di San Francisco; una musa dal carattere etereo e luminoso che forse cela ombrosi retroscena. Non è infatti chiaro stabilire se la fantomatica Gloria esista davvero o se sia solo la personificazione del sogno che insidia la mente delirante del povero uomo, obnubilato dal proprio burrascoso passato.

Puttane per Gloria di William T. Vollmann

Incalzato dai lugubri moniti del bellicoso compare, l’incessante moto senza meta di Jimmy è volto alla ricerca di una eco lontana di Gloria – amata, pianta e rimpianta – nei dettagli che costellano i suoi incontri mondani. Le storie raccolte durante il suo viaggio fungono da feticci voyeuristici: memorie raccapriccianti, sogni infranti e vite pregne di abusi fisici e mentali, rimandi a un passato lontano tanto doloroso quanto vivido e tangibile.

Jimmy, all’apparenza monodimensionale usurpatore senza riserva alcuna, annaspa tra le pagine alla ricerca di ossigeno, alla ricerca di un impalpabile ricordo svelando ad ogni capitolo un volto sempre più umano e sofferente. Un tanto anelato – e distruttivo – tesoro tolkeniano per il quale si fa collezionista di storie, pronto a vivere e morire per esso.

Jimmy “fotte i ricordi altrui” per ricreare un patchwork anatomico – il proprio rudimentale Frankenstein amoroso – con la fredda crudeltà di Jack lo Squartatore e la cieca ossessività di Jean Baptiste Grenouille, protagonista de Il profumo di Patrick Süskind (TEA, traduzione di Giovanna Agabio) pronto a tutto pur di raggiungere i propri scopi.

“Andare a puttane” ha per l’agire scoordinato del reduce un doppio significato: letterale per quanto concerne il “carosello mortale” legato a tale attività, roulette russa delle malattie veneree alla quale si sottopone costantemente; ma anche figurato in quanto comporta la caduta in un inesorabile baratro di perdizione raccogliendo, una dopo l’altra, autentiche storie di disperazione.

“Questa, senza alcun dubbio, è disperazione. Anche quella che segue lo è, ma di un genere più oscuro, perché fittizio. Tutti i racconti di prostitute qui contenuti sono, però, autentici”.

Dietro il disordinato vagabondare di Jimmy riecheggia la ricerca dell’autenticità di Vollmann, “scrittore dell’ovvio” con l’esigenza di carpire la verità nel grottesco che anima la San Francisco degli anni ’90. Ascoltiamo assorti le peregrinazioni di Jimmy/Bill, crude e deumanizzate come crudo e deumanizzante è il sottobosco che anima la città quando cala la notte.

Un vagabondaggio “sul campo” corredato da un ricco apparato di testimonianze al termine del libro, redatto in prima persona dallo scrittore sotto forma di schematici appunti in equilibrio tra l’analitico e l’aneddotico.

Ogni storia è incastonata in uno schema atto a definirne le caratteristiche ricorrenti, a ritrarre nella maniera più rigorosa possibile il macrogruppo senza tralasciare la grande componente emotiva presente. In Vollmann, l’osservazione empirica si unisce all’ordinata catalogazione, la mise-en-scène si anima e prende vita grazie a una romanticizzazione del “dato” capace di creare personaggi tridimensionali, palpabili, umani.

La scrittura riflette tale presupposto grazie a un linguaggio metaforico, creativo e a tratti poetico nella definizione dei sordidi scenari. Da metafore ossimoriche, tra cui una sala d’aspetto per pazienti affetti da malattie veneree ritratta come platea cinematografica (coniugando dunque malattia e piacere, sofferenza e intrattenimento) a ricche rappresentazioni del contesto cittadino: “Le macchine procedevano lente lungo la strada con i loro grandi occhi rossi accesi, il vento gelido voltava le pagine di un quotidiano abbandonato sul marciapiede (l’aria era infatti una lettrice vorace di notizie fresche di stampa) e la tracolla della borsetta (in cui teneva il suo piccolo revolver automatico)”.

Un florilegio stilistico e linguistico che ruota attorno a un fermo perno narrativo: ogni puttana è Gloria. Dalla rappresentazione delle “profughe di gloria”, impantanate in un presente claustrofobico a causa di un’infanzia traumatica, all’incessante moto di un uomo che ricerca la verità nei particolari, la tanto anelata pace nella guerra che anima i suoi giorni.

Una ricerca della verità – dell’ovvietà della vita – che anima anche lo stesso Vollmann, da sempre indagatore degli anfratti umani più oscuri: prostituzione, povertà, violenza e guerra, su tutti. Una ricerca che si muove tra realtà e sogno, tra reportage e fiction, alla scoperta di angoli di mondo in cerca di voce.

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