Nell’attesa che viaggiare torni a essere possibile, non ci resta che crogiolarci e farci trasportare dai ricordi, che siano nostri o di qualche scrittore dello scorso secolo. In questo secondo caso viene in soccorso il saggio “La moda della vacanza”, che ci porta a inizio ‘900, tra le montagne di St. Moritz, l’Asia, la costiera amalfitana e i primi impianti termali. Alessandro Martini e Maurizio Francesconi rievocano i luoghi e le storie di villeggiatura tra l’Ottocento e il Novecento, in un intreccio di personaggi della cafè society, tendenze di moda e fotografie – L’approfondimento

Nel suo documentario Pretend It’s a City, uscito su Netflix lo scorso gennaio, Fran Lebowitz pronuncia una frase scioccante: “L’idea di viaggiare… è incredibile che ci sia chi lo fa per svago, quando sono in aeroporto e vedo la gente che parte per le vacanze penso ‘Quanto sarà brutta la loro vita?'”.

Forse ci siamo dimenticati di cosa si prova: scegliere la meta, pianificare il viaggio, leggere la guida turistica e inserire i post-it tra le pagine, prenotare, andare in aeroporto e semplicemente partire.

Ecco, c’è un libro che ripercorre i motivi per i quali viaggiare è, appunto, uno svago.

La moda della vacanza

Si intitola La moda della vacanza (Einaudi), ed è firmato da Alessandro Martini e Maurizio Francesconi: il primo è docente di architettura, il secondo, di semiotica della moda. Insieme hanno combinato i loro due focus – che insieme danno forma alle esigenze del turismo – in un saggio che è una guida storica sul viaggio, circoscritta al periodo tra il 1860 e il 1939.

Questi sono gli anni d’oro del turismo, in cui si abbandonano le case di proprietà in favore dei grand hotel; anni nei quali il turismo è appannaggio esclusivo dell’aristocrazia; dove le strade di reali, alta borghesia e artisti si incrociano nei ristoranti di lusso di alberghi superstellati e costruiscono canoni di gusto tutt’ora in uso.

Nel saggio gli autori ripensano alla topografia di questi incontri fortuiti, sviluppando il discorso in una successione cronologica di luoghi in voga al tempo, passando in rassegna paese per paese. Si parte, ad esempio, con le terme – tra i primi tòpoi turistici a diventare anche culturale –  dall’Inghilterra con Bath (luogo prediletto di Jane Austen), fino alla Germania con Marienbad, che, in anni differenti, ospita Kafka, Twain, Goethe (la visiterà venti volte) e, ancora, Freud (“che si addentra negli affranti dell’animo umano immerso nei fanghi fino al collo”).

Come saggio, lo stile è rigorosamente accademico, ma ci sono alcuni passaggi come questo che intrattengono il lettore come se stesse sfogliando le pagine di un tabloid scandalistico di inizio Novecento, dilettandolo a immaginare destini incrociarsi in luoghi e tempi remoti. Le pagine del libro sono, inoltre, costellate da una serie di fotografie splendide, dal forte potere di trasporto emotivo.

Per la proprietà commutativa, il titolo può essere interpretato in due modi: la moda di andare in vacanza, ovvero i luoghi e le modalità di viaggio prediletti al tempo; sia come la moda, intesa come fashion, della vacanza, cioè cosa si era soliti indossare in queste occasioni.

Due sono i passaggi significativi che esemplificano l’importanza di alcuni momenti turistici per l’abbigliamento così come lo conosciamo oggi. Negli anni Venti a St. Moritz le donne iniziano ad abbandonare la gonna per praticare gli sport invernali e vengono inventate le tute da sci in un susseguirsi di sfilate sulla neve tra Elsa Schiaparelli, Hermès e Jean Patou, che introduce il tessuto impermeabile.

vacanza mare estate

Uno scrittore francese saluta così l’introduzione di queste tendenze in villeggiatura: “purtroppo, si è intromessa la moda, suprema padrona di coloro che non hanno nulla da fare”. Le Alpi, i loro laghi e montagne sono, infatti, la seconda meta prediletta in ordine cronologico, dopo le terme. In Svizzera, a Schweizerhof, si incrociano le strade di Wagner, dove compone Tristano e Isotta, il re di Prussia Guglielmo II, e Tolstoj “che vi incontra le sue babuške tanto amate”.

Il secondo spartiacque della moda è dettato dalla “guerra civile del costume da bagno”, culturale, sociale e religiosa, “ma che per alcuni incarna l’opportunità di trovare un’espressione fisica adeguata al mondo moderno”. Segue, infatti, la stagione delle spiagge, dettata dall’attrazione per la libertà di costumi, non solo sociali: “anche il corpo, in riva al mare, si sbarazza di costrizioni e convenzioni. Ci si libera gradualmente prima della paura dell’acqua, poi della vergogna di mostrarsi”.

Seguiamo così l’inaugurazione delle prime boutique che vendono costumi da bagno (e le prime maglie marinière) in Normandia di Jean Patou e Coco Chanel.

Intanto più a Sud, a Capri, si sta svolgendo una partita di scacchi molto importante: Gor’kij contro Lenin. Sempre sulle spiagge della costiera amalfitana, la Marchesa Casati, di ritorno da un incontro con D’Annunzio, sta sperimentando un nuovo look.

Lo stile austero, seppur vivace, col quale è narrato il saggio vi convincerà che ciò che state leggendo sia essenziale e per nulla frivolo. Quei momenti di “trasgressione di genere”, per esempio, rappresentano un traguardo importante nella libertà d’espressione femminile, che parte proprio dal guardaroba.

Seguono poi i viaggi sui mezzi in movimento: i transatlantici di lusso come il Titanic, oppure l’Orient Express… Le atmosfere evocate si fanno sempre più nitide e si delineano davanti a noi le figure di Agatha Christie, una habitué del treno, che scribacchia nel suo bloc-notes seduta nella carrozza ristorante, e, qualche tavolo più avanti, quelle di Peggy Guggenheim e Hemingway.

L’ultimo macro-capitolo è dedicato alla scoperta dell’Oriente, dettato dalla continua ricerca tipica dell’inizio del Novecento di andare “più in là” alla scoperta dell’avventura, spinti da interessi economici e da afflati religiosi e archeologici. Così, alla fine, il lettore viaggia in Asia, accompagnato dalle parole di W.S. Maugham, che meglio di chiunque altro ha saputo raccontare la società del tempo sottraendo dalla narrazione lo sguardo dominante occidentale.

Scoprire l’Asia attraverso i romanzi di ieri e di oggi

Una pagina di diario di Evelyn Waugh recita così: “si viaggiava perché ci veniva naturale farlo. Sono contento di averlo fatto quando viaggiare era un piacere”.

Nell’attesa che viaggiare ritorni non solo a essere possibile, ma, appunto, anche un piacere, non ci resta che crogiolarci e farci trasportare dai ricordi, che siano nostri o di qualche scrittore dello scorso secolo immortalato nel saggio di Martini e Francesconi.

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