“Prof, io sono un maschio. Se mi vedono sul pullman a leggere certe cose poi mi prendono in giro…”. Valentina Petri, insegnante e autrice, racconta su ilLibraio.it il dialogo con uno studente che preferisce leggere in ebook per non sentirsi giudicato per le sue letture…

Ultima ora di supplenza, classe sconosciuta ma tranquilla, clima sereno. Un gruppetto chiede subito di poter ripassare per una verifica imminente, alcuni si ripetono a vicenda una qualche lezione facendo una cosa che potrebbe chiamarsi “diamoci una mano, va’, che domani interroga” ma fa molto più figo dire “peer tutoring”. E uno, solitario, sta immerso nel suo tablet. Lo sfiora ogni tanto.

Cerco di attirare la sua attenzione, del resto sono pur sempre un’adulta che sta parlando in una classe di minorenni, ma resta con la testa abbassata. Risponde al terzo richiamo perché, evidentemente, qualunque cosa faccia sembra prenderlo parecchio. Eppure non ha le cuffie, è solo assorto, concentrato.

“Che fai?”.

Sembra impiegarci un paio di secondi a tornare tra noi, ad atterrare sul pianeta Terra.

“Ah, scusi, leggevo”.

E per dar forza alle sue parole alza lo schermo del suo ebook reader, così da dimostrarmi che effettivamente i suoi occhi correvano dietro alle parole e non alle caramelle colorate da far scoppiare a gruppi di tre. Ora, non è del tutto vera la storia che i ragazzi non leggono più, ma è anche vero che quando ne vedi uno leggere, e non giocare con il cellulare, cadi in sindrome di Stendhal. Lo guardo come guarderei un pinguino in Amazzonia.

Ne nasce una conversazione non sul titolo del libro, se ha voglia me lo dirà, ma su quale rapporto abbiano lui e i suoi compagni con i libri digitali.

Qualcuno non legge su nessun supporto e lo ammette. Qualcuno resta fedele fedelissimo alla carta, sia per studiare sia per leggere. Qualcuno dice di aver trovato l’eldorado con gli audiolibri, perché così il lavoro faticoso lo fa un altro e bisogna solo mettersi gli auricolari. Ma lui, il lettore solitario, lui difende a spada tratta gli ebook.

Perché sono comodi da portare in giro, certo. Perché puoi ingrandire il carattere, ovvio. Perché il peso è limitato e l’archivio enorme, naturale. Ma lui storce un pochetto la bocca e mi dice “sì, ma soprattutto puoi leggere quello che vuoi e nessuno ti dice niente”. Ora, escludendo la possibilità che lo studente legga un manuale per l’assemblaggio di armi micidiali, non vedo perché qualcuno debba criticare le sue letture.

Cosa leggerà mai? Romanzi proibiti? Ce ne sono ancora, nel 2023?

Indago, mi informo e tutti quanti convengono sulla gran comodità di non dover esibire la copertina del libro sui mezzi o in mezzo alla gente. “Poi mi guardano male”.

Chi è che ti guarda male? Esiste una task force di censori di libri per adolescenti che storce il naso sui mezzi pubblici? Oppure è quel ragazzo che si diletta in letture ambigue e perverse? La mia curiosità arriva a livelli parossistici.

“Ma sì, prof, se leggi certi libri la gente ti guarda male. Ma uno mica può sempre leggere solo i libri che danno a scuola”. Ah, quindi a scuola consigliamo libri socialmente accettabili, mi fa piacere saperlo. “Sì, ti dicono che…”.

Cosa dice la gente? E soprattutto, importa tantissimo? Siamo ancora alla vecchia storia che i fumetti sono roba da bambini e che uno studente deve leggere solo il giovane Holden?

Giudichiamo i libri dal colore della copertina e le persone dalle copertine dei libri?

“Prof, io sono un maschio. Se mi vedono sul pullman a leggere certe cose poi mi prendono in giro”. “E cosa leggi di così inadeguato alla tua virilità?”. “Quelle storie dove… insomma… anche di fantasia, eh, oppure ambientate in qualche periodo storico… però, ecco… mi piace se c’è anche…insomma, se sono storie d’amore”.

Io non so se sono più contenta di aver trovato uno studente che legge romanzi d’amore, o se sono più arrabbiata che uno che legge romanzi d’amore debba nasconderli sul treno neanche fosse un narcotrafficante. Nel tempo di questa confessione, però, ha spacciato un paio di titoli ai compagni di classe.

L’AUTRICE  – Valentina Petri vive a Vercelli, dove insegna lettere all’istituto professionale Francis Lombardi. Dal 2017 condivide le sue storie di scuola sulla pagina Facebook Portami il diario. Che ha dato anche il nome al suo primo romanzo, in libreria per Rizzoli. Un libro in cui racconta la scuola dal punto di vista (autoironico) di una prof di lettere in un istituto professionale.

Nel 2022 è tornata in libreria con Vai al posto (Rizzoli), una storia di ordinaria follia, che ci racconta come, tra tutti gli insegnamenti che ci dà la scuola, lo stare insieme è senza dubbio il più bello. Un libro che nasce dalla volontà dell’autrice di restituire un anno di scuola normale, in cui si sta insieme a volto scoperto, attraverso il potere delle parole.

Qui i suoi articoli per ilLibraio.it.

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