“Tre mesi di vacanza non sono più un diritto al riposo, ma un lusso che non ci possiamo permettere. Né come famiglie, né come società. E finché non avremo il coraggio di rimodulare il calendario scolastico, distribuendo meglio le pause durante l’anno, continueremo a chiedere ai nonni e agli insegnanti di fare quello che spetterebbe allo Stato: tenere insieme famiglie e futuro…”. Su ilLibraio.it l’intervento di Enrico Galiano, che prende posizione, su un tema sempre più problematico, che pone l’Italia in una situazione molto diversa rispetto ad altri stati europei. Senza dimenticare che “la mente è un muscolo, e tre mesi senza allenamento rischiano di trasformarla in un budino…”

C’è un animale mitologico che in Italia tutti conoscono: il genitore di settembre.

Lo riconosci perché ha lo sguardo allucinato, il badge aziendale al collo e due figli appesi come trolley ai lati.

È quello che torna in ufficio a fine agosto, mentre la scuola si fa desiderare fino a metà settembre.

TRE SETTIMANE DI TERRA DI NESSUNO…

Già. In quel tempo sospeso succede di tutto: bambini parcheggiati in ufficio come faldoni, riunioni con sottofondo di Peppa Pig, mamme e papà che si passano i figli come staffette olimpiche.

I più fortunati hanno i nonni, ormai trasformati in una specie di Agenzia Interinale per l’Infanzia. Gli altri devono inventarsi soluzioni: dal “porta tuo figlio in ufficio day” al “lasciamo che si allevino a vicenda nel cortile condominiale”.

Eppure, qualcuno dirà, cosa volete che siano tre settimane?

Il fatto è che quelle tre settimane arrivano alla fine di tre, lunghissimi, mesi. E lì la faccenda cambia. Perché se puoi permettertelo, i tuoi figli hanno passato l’estate tra campus sportivi, laboratori di coding e viaggi studio in Cornovaglia con tanto di cricket nel parco.

Ma se non puoi, ci sono le giornate infinite davanti alla tv, il tablet che diventa babysitter e i genitori che la sera si sentono in colpa come se avessero lasciato il figlio in autostrada. E così, mentre i figli dei più abbienti imparano l’inglese sorseggiando Earl Grey, gli altri scoprono che su YouTube puoi vederti tutta la carriera di Fedez senza interruzioni pubblicitarie.

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È qui che la vacanza lunga smette di essere riposo e diventa ingiustizia. Perché allarga il divario: chi ha più possibilità accumula esperienze, chi non ne ha si arrangia.

MA PERCHÉ QUESTE VACANZE COSÌ LUNGHE?

Be’, non è sempre stato così per caso.

L’estate lunghissima è un retaggio agricolo: in un Paese contadino, servivano braccia nei campi per la mietitura e la vendemmia, e i ragazzi venivano liberati da scuola per dare una mano.

Una scelta che poteva avere senso quando metà della popolazione viveva di agricoltura. Oggi, però, è un anacronismo: i campi hanno le macchine, e i figli non li manda più nessuno a raccogliere il grano.

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Restiamo così tra i pochi Paesi europei con quasi 100 giorni di vacanza, mentre in Germania non si superano i 46, in Francia i 56 e in Spagna gli 84 (con giornate scolastiche più lunghe).

scuola, classe, banchi, scolastica, educazione, maturità

UN RECORD CHE NON HA NULLA DI INVIDIABILE

Quello che altrove è un tempo di pausa qui diventa un vero e proprio letargo: quando a settembre si riaprono i cancelli, non tutti i ragazzi partono dallo stesso punto. C’è chi porta nello zaino esperienze, lingue straniere e nuove competenze, e chi invece deve prima ricordarsi l’alfabeto: “Ragazzi, questa è la A. Sì, come Alexa!”.

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Perché la mente è un muscolo, e tre mesi senza allenamento rischiano di trasformarla in un budino.

Così gli insegnanti passano le prime settimane non a costruire sapere nuovo, ma a riparare i danni della “summer slide”, cioè la perdita di apprendimento che colpisce soprattutto chi ha avuto meno stimoli. E quella che dovrebbe essere una pausa rigenerante diventa un boomerang: complica la vita ai genitori, allarga le disuguaglianze e rallenta l’apprendimento.

Forse è il momento di ammetterlo: tre mesi di vacanza non sono più un diritto al riposo, ma un lusso che non ci possiamo permettere. Né come famiglie, né come società.

E finché non avremo il coraggio di rimodulare il calendario scolastico, distribuendo meglio le pause durante l’anno o accorciando l’estate, continueremo a chiedere ai nonni e agli insegnanti di fare quello che spetterebbe allo Stato: tenere insieme famiglie e futuro.

L’AUTORE – Enrico Galiano, insegnante e scrittore friulano classe ’77, in classe come sui social, dove è molto seguito, sa come parlare ai ragazzi.

Dopo il successo di romanzi (tutti usciti per Garzanti) come Eppure cadiamo feliciTutta la vita che vuoiFelici contro il mondo, e Più forte di ogni addio, ha pubblicato un libro particolare, Basta un attimo per tornare bambini, illustrato da Sara Di Francescantonio. È poi tornato al romanzo con Dormi stanotte sul mio cuore, e sempre per Garzanti è uscito il suo primo saggio, L’arte di sbagliare alla grande. Con Salani Galiano ha quindi pubblicato la sua prima storia per ragazzi, La società segreta dei salvaparole. Ed è poi uscito, ancora per Garzanti, il suo secondo saggio, Scuola di felicità per eterni ripetenti. Dopo il romanzo Geografia di un dolore perfetto, è tornato in libreria con Una vita non basta, e ha poi pubblicato con Salani il ultimo libro per ragazzi, L’incredibile avventura di un super-errore.

Da metà maggio 2025, per Garzanti, è in libreria il nuovo romanzo, Quel posto che chiami casa.

Qui è possibile leggere tutti gli articoli scritti da Galiano per il nostro sito, con cui collabora con costanza da diversi anni (anche con dei video per Instagram e TikTok).

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