Siamo sicuri di sapere davvero da dove derivano le citazioni tratte dai libri di cui ci serviamo più spesso nella nostra vita quotidiana? Da Neruda a Orwell, da Eraclito a Saint-Exupéry, passando per Nietzsche, Goethe, Machiavelli e altri ancora, scopriamo la verità su dieci fra le frasi più famose e usate dei nostri tempi…

Ogni lingua, si sa, ha le sue frasi fatte, così come ogni sistema culturale finisce per avere delle citazioni d’autore di uso frequente, che vengono estrapolate dal loro contesto originale per rendere la comunicazione più autorevole, più briosa o più toccante, a seconda delle circostanze.

Siamo sicuri, però, di sapere davvero da dove derivano alcune delle frasi di cui ci serviamo più spesso nella nostra vita quotidiana? I lettori più appassionati penseranno di non avere dubbi al riguardo, eppure sono tante le citazioni che, online (e non solo), vengono attribuite, seppure in buona fede, allo scrittore sbagliato.

Scopriamone dieci fra le più famose e usate dei nostri giorni…

1) “Elementare, Watson!”

Se pensate di sapere chi ha pronunciato questa battuta celeberrima, abbiamo una sorpresa per voi: Sherlock Holmes, personaggio inventato dal maestro di romanzi gialli Arthur Conan Doyle, non l’ha mai pronunciata. Vero è che in un dialogo con il detective, contenuto nel racconto L’uomo deforme, l’amico John Watson esclama “Semplice!” e l’investigatore ribatte “Elementare!”, ma non si tratta di uno di quei casi in cui Holmes sta rimbrottando bonariamente il dottore, e comunque non con il vocativo che è poi passato alla storia.

2) “Tutto scorre”

Anche stavolta ci troviamo davanti a una citazione arcinota, per quanto la sua storia sia meno prevedibile di quanto si creda. Di “Panta rei” (in greco antico, πάντα ῥεῖ), infatti, ecco cosa scrive Platone nel Cratilo a proposito del frammento 91DK del filosofo Eraclito: “Dice ‘che tutto si muove e nulla sta fermo’ e confrontando gli esseri alla corrente di un fiume, dice che ‘non potresti entrare due volte nello stesso fiume'”. La formula pervenuta fino a noi, quindi, è diversa da quella del testo, formulata originariamente con altre parole.

3) “E coloro che sono stati visti danzare erano ritenuti pazzi da coloro che non potevano ascoltare la musica”

Restiamo in ambito filosofico e passiamo a una frase attribuita a Friedrich Nietzsche. L’unica sua traccia è in una fonte indiretta e risale al 1927, anno in cui sul Times apparve una variante piuttosto affine a questa, all’epoca etichettata come un vecchio modo di dire. Fino al 2003 il collegamento con il pensatore tedesco era dunque inesistente; dopodiché qualcuno, forse incoraggiato dalla rapida diffusione delle citazioni su internet, ha pensato di associarla alla sua figura, nonostante nelle sue opere non ne sia stata trovata traccia.

4) “Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo”

Francia illuminista, XVIII secolo, Voltaire (pseudonimo, ricordiamolo, di François-Marie Arouet): ecco quali elementi verrebbero in mente, leggendo l’affermazione in questione. Il periodo sembra quello giusto, così come il tono della citazione, ma in realtà la frase è da far risalire a uno scritto del 1906 di Evelyn Beatrice Hall, un’autrice e biografa inglese che a sua volta pubblicava sotto pseudonimo, firmandosi come S.G. Tallentyre. E Voltaire? Probabilmente avrà pensato qualcosa di simile, però non l’ha mai messo nero su bianco.

5) “Chi non legge a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto cinquemila anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è un’immortalità all’indietro”

Senza nulla togliere al fascino della riflessione in sé, libro alla mano non è così che si era espresso per l’esattezza Umberto Eco, che secondo quanto appare ne La bustina di Minerva avrebbe invece scritto, in un passo di non minore bellezza: “Non ce ne rendiamo conto, ma la nostra ricchezza rispetto all’analfabeta (o di chi, alfabeta, non legge) è che lui sta vivendo e vivrà solo la sua vita e noi ne abbiamo vissuto moltissime. Ricordiamo, insieme ai nostri giochi d’infanzia, quelli di Proust, abbiamo spasimato per il nostro amore ma anche per quello di Piramo e Tisbe, abbiamo assimilato qualcosa della saggezza di Solone, abbiamo rabbrividito per certe notti di vento a Sant’Elena e ci ripetiamo, insieme alla fiaba che ci ha raccontato la nonna, quella che aveva raccontato Sheherazade”.

6) “Il fine giustifica i mezzi”

Con buona pace dell’utilitarismo di stampo machiavellico, questa citazione non è attribuibile alla lettera allo scrittore e pensatore politico fiorentino del XV secolo, autore, fra gli altri, del saggio critico Il Principe. Sembra, invece, che la semplificazione passata di bocca in bocca fosse stata in realtà concepita da Niccolò Machiavelli come segue: “Nelle azioni di tutti gli uomini, e massime de’ Principi […] si guarda al fine […]. I mezzi saranno sempre iudicati onorevoli e da ciascuno lodati”.

7) “Qualunque cosa tu possa fare, o sognare di fare, incominciala. L’audacia ha in sé genio, potere e magia”

Secondo molti siti web italiani, e perfino inglesi, la frase sarebbe stata pronunciata da Johann Wolfgang von Goethe. Eppure, se si prova a rintracciarla in tedesco ci si accorge che non esistono corrispondenze nelle opere del filosofo romantico. Cos’è successo, quindi? Probabilmente l’errore è il risultato di una traduzione del Faust non proprio letterale curata da John Anster, che venne poi ripresa nel 1951 da William Hutchinson Murray nell’opera The Scottish Himalayan Expedition

8) “Nel tempo dell’inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario”

Ed eccoci a un altro comune tranello letterario, dal momento che né 1984 né più in generale George Orwell hanno a che vedere con questa citazione. Due, nel caso specifico, sono le possibili origini dell’equivoco: una risalirebbe all’articolo Democrazia operaia di Antonio Gramsci apparso su L’Ordine Nuovo il 21 giugno 1919, nel quale si legge che “Dire la verità, arrivare insieme alla verità, è compiere azione comunista e rivoluzionaria”; l’altra è del 1982, anno in cui nell’opera Partners in Ecocide di Venturino G. Venturini venne attribuita proprio allo scrittore britannico. Quale che sia la verità, Orwell era all’oscuro di tutto.

9) “Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine”

La poesia da cui è tratto questo verso si intitolerebbe Chi muore?, e a lungo si è pensato che a firmarla fosse stato il grande Pablo Neruda. “Chi conosce la sua poesia si accorge all’istante che quei versi […] New Age non possono certo essere opera di uno dei più grandi poeti del Novecento”, ha tuttavia fatto presente Stefano Passigli, presidente di Passigli editori. E in effetti, a ben cercare, il componimento appartiene alla giornalista e autrice brasiliana Martha Medeiros, che per toni e stile ha poco a che fare con il poeta cileno.

10) “È una follia odiare tutte le rose perché una spina ti ha punto, abbandonare tutti i sogni perché uno di loro non si è realizzato, rinunciare a tutti i tentativi perché uno è fallito”

Concludiamo con una tra le citazioni più condivise online fra quelle qui proposte. Se state pensando anche voi che provenga dalla storia de Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry, siete giustificati: non è ancora chiaro chi abbia scritto e fatto circolare questo paragrafo, ma in pochi hanno notato l’imprecisione. Basta però cercare qualcuna di queste parole nel libro per accorgersi che la sua paternità non è affatto legata all’autore francese del XX secolo. Che ci sia dietro una nuova penna di talento dei nostri giorni?

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