Già da prima dell’elezione di Trump i siti letterari (e non solo) negli Usa hanno iniziato a dedicare un’attenzione crescente alla rappresentazione delle voci femminili. Vi proponiamo un’analisi di questa tendenza, che coinvolge sia realtà “pop” sia riviste sofisticate e dalla grande tradizione. E l’opinione di chi, da più di vent’anni, si occupa di femminismo e ammette che “i prossimi anni potrebbero essere molto fruttuosi per i media che si occupano di certi temi…”. A parlare con ilLibraio.it è Emily Rems della rivista Bust, secondo cui anche i media mainstream si stanno interessando a tematiche femministe: “Certo, potrebbe trattarsi di un interesse passeggero, ma l’assalto ai diritti delle donne sta facendo anche nascere un tipo di attivismo…”. E invece cosa avviene in Italia? – L’approfondimento

Negli ultimi anni, negli Stati Uniti, gran parte dei media online (ma anche cartacei), siti letterari compresi – e il riferimento va sia alle riviste culturali più sofisticate, giovani e meno giovani, sia agli spazi online dall’approccio più “pop” -, stanno dedicando un crescente spazio a tematiche femministe e alle voci femminili, che si sono espresse sulla situazione politica e sulla condizione delle donne: ineluttabilmente, l’arrivo sulla scena di Trump, giunto in un contesto di grande divisione nel Paese, ha intensificato questa tendenza, che riguarda, va specificato, anche il mondo Lgbtq, quello afroamericano e quello ispanico, “minoranze” sempre più rappresentate nei media.

trump

Abbiamo preso in considerazione alcuni siti molto diversi tra loro – tra cui le sezioni Books di Bustle e Buzzfeed, oltre a Literary Hub e al celeberrimo New Yorker (e il discorso resta valido anche per numerose altre testate, come la sezione Libri dell’Huffington Post Usa e Bookriot, solo per citarne altri due) – a circa un mese dalla Women’s March dello scorso 21 gennaio, e mentre si parla dell’infausta “Neverthless she persisted“. Per chi se lo fosse perso, il Senatore repubblicano Mitch McConnell ha zittito la collega democratica Elizabeth Warren durante un discorso “fin troppo lungo”. E, per giustificare il gesto, ha citato una regola vetusta sottolineando che la collega “era stata avvisata, ma tuttavia ha continuato”.

Non stupisce che, in un momento storico come questo, negli Stati Uniti le donne si stiano ritagliando degli spazi anche al di fuori dei luoghi a loro tradizionalmente dedicati: i magazine femminili e le loro controparti, riviste online e siti “femministi”.


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L’antefatto

Già nel 2015, tuttavia, secondo i dati raccolti da VIDA: Women in Literary Arts, l’associazione che monitora il numero di giornaliste e critiche letterarie che firmano articoli per le riviste culturali più autorevoli, si era verificato un aumento positivo della presenza femminile tra le “firme” delle recensioni. Come detto prima, l’ingresso in scena del nuovo presidente Trump, spesso sotto accusa in campagna elettorale per il suo atteggiamento nei confronti delle donne, ha fatto significativamente aumentare lo spazio dedicato alle voci femminili (e a temi connessi), anche nei siti letterari.

Cosa sta succedendo in questo periodo sulle riviste online?

Bustle

Apriamo la nostra rassegna (che non ha la pretesa di essere esaustiva) con una realtà “pop” come Bustle, che si rivolge soprattutto a donne e ragazze, e limitiamoci a prendere in considerazione la sezione Books. Per prima cosa è interessante notare che, nella parte dedicata alle submission, ossia alle proposte, da parte di lettori e freelance, la responsabile Cristina Arreola scrive: “Bustle’s Books section is looking for identity pieces and personal essays... “, ossia che verranno accettati articoli su tematiche legate all’identità e pezzi di nonfiction, connessi alla propria vita.

Passando invece alla pagina principale della sezione Libri, ecco le diffusissime liste: in meno di una settimana sono due gli articoli che provano a legare attualità e libri. Il primo è un elenco di letture che, in qualche modo, affrontano gli avvenimenti recenti, dall’elezione di Trump alle più recenti polemiche legate a sessismo e prevaricazione di diritti.

bustle

Il secondo articolo, della stessa autrice, Kristian Wilson, è di nuovo una lista, dedicata alle eroine letterarie che “non hanno mollato”. Un riferimento, per niente velato, al recente caso di Elizabeth Warren (nella foto in apertura all’articolo).

Bustle

BuzzFeed

Passiamo ora a Buzzfeed, uno dei siti più letti al mondo, che in più occasioni nelle ultime settimane ha fatto arrabbiare Trump. Anche in questo caso, consideriamo solo la sezione libri. Il responsabile è Saeed Jones, afroamericano e gay. Ogni anno Buzzfeed, con la Emerging Writers Fellowship, si propone di dare voce (e fondi) a scrittori emergenti che appartengono a minoranze (nel 2016 erano tutte e quattro donne, quest’anno sono due su quattro).

Nella pagina principale, ecco un articolo di Jarry Lee, la editor che solitamente si occupa di tematiche femminili. Al centro del pezzo la questione Roxane Gay vs Simon & Schuster. L’autrice, queer e afroamericana, conosciuta per Bad Feminist, ha deciso di non pubblicare il suo nuovo romanzo, How to Be Heard, con il famoso editore per via di Milo Yannopoulous, estremista di destra oltre che misogino. O meglio, a causa del suo libro, anch’esso in via di pubblicazione da parte dell’editore.

buzzfeed

Articolo decisamente più pop, ma sempre vicino alle tematiche femminili, è la lista di poster femministi per ispirare le lettrici, forse ancora infervorate dopo la Women’s March.

buzzfeed

Literay Hub

Più elegante e classico, anche nella grafica, oltre che nello stile, Literary Hub, anche conosciuto come Lit Hub: una rivista che ospita spesso brevi saggi d’autore e interviste, oltre che reportage. Tra gli altri, ha pubblicato scritti di Roxane Gay, come il recente articolo sul tema – guarda caso – della rappresentazione.

Inoltre, in questi giorni, ecco spuntare un essay sulla rivalutazione della chick lit, la letteratura per ragazze tipica della seconda metà degli anni Novanta, da cui sono nati fenomeni come Bridget Jones o il romanzo che ha dato vita anche alla fortunata serie tv Sex and the City. L’articolo in questione è stato scritto da un’autrice statunitense che si è sentita chiamare lit chick, gallinella letterata, in una recensione sul suo libro scritta da un collega.

lithub chicklit

Legato invece a Trump, o meglio al suo Muslim Ban, ecco un articolo (scritto da una donna) che innalza Warsan Shire – la poetessa che ha lavorato a stretto contatto con Beyoncé nella realizzazione del manifesto ‘pop-femminista’ Lemonade – a eroina dei nostri tempi: “Quando tutto sta andando in pezzi, noi combattiamo“, recita il sottotitolo.

lithub beyonce

New Yorker

Se finora abbiamo considerato realtà nate negli ultimi anni, arriviamo ora a una delle riviste letterarie più celebri, anche nell’era dei social: il New Yorker, che ha ospitato recentemente un pezzo di nonfiction di una poetessa poco conosciuta in Italia, Patricia Lockwood, che nelle sue opere indaga il genere e la sessualità. Nata in Indiana nel 1982, ha una biografia che sembra quella di un personaggio di un romanzo: il padre, dopo aver visto il film L’esorcista, si converte e diventa addirittura un prete cattolico. La madre, invece, porta i figli alle proteste e agli incontri del gruppo antiabortista Pro-Life. Ed è questo che l’autrice racconta sul New Yorker proprio ora che il governo di Trump sta mettendo a repentaglio la libertà di scelta delle donne.

new yorker

E chi di femminismo e voci femminili si occupa da anni?

Sembra dunque che l’arrivo di Trump abbia innescato un rinnovamento nella rappresentazione delle voci femminili, anche al di fuori dei magazine e delle riviste online solitamente dedicate a queste tematiche; ma cosa pensano di questo fenomeno le autrici e le giornaliste che da anni si occupano di femminismo? “Credo sia fondamentale che le donne siano rappresentate: troppo spesso viene riportata solo la prospettiva di uomini bianchi e le esperienze e le storie delle donne vengono ancora riportate come esempi di minoranze, nonostante rappresentino più della metà della popolazione”, spiega a ilLibraio.it Emily Rems – editor della rivista (e sito) femminista BUST che dal 1993 si occupa di donne, anche in relazione alla cultura pop e che ha appena dedicato una copertina a Nadya Tolokno delle Pussy Riot.

bust

“Sotto la presidenza Trump la situazione potrebbe peggiorare: se è stato eletto è anche perché molte persone hanno accettato il suo sessismo. Finora, però, la risposta è stata incredibile: i prossimi anni potrebbero essere molto fruttuosi per i media che si occupano di femminismo, visto che avremo un sacco di argomenti di cui occuparci. Fin dall’elezione sembra che anche i media più mainstream siano interessati a notizie legate al femminismo. Certo, potrebbe trattarsi di un interesse passeggero, ma l’assalto ai diritti delle donne a cui stiamo assistendo sta anche facendo nascere un tipo di attivismo che continuerà negli anni”, ha continuato Emily Rems che, tra gli esempi di ‘media mainstream’ che si sono occupati della Womens March, ha citato la copertina della rivista Time dedicata proprio alla marcia del 21 gennaio con il titolo “The Resistance Rises”.

time

Dove si ascoltano le voci femminili in Italia?

E cosa avviene in Italia, in riferimento ai siti letterari ma non solo? Lo spazio online dedicato alle voci femminili è prevalentemente nella terra ‘sicura’ dei magazine femministi: dalla nonfiction di Abbiamo le prove, agli approfondimenti di STREAM! e Soft Revolution, fino a realtà più militanti come Abbatto i muri.  E poi è nato da poco Freeda, che “vuole già raccontare grandi storie, con foto, video, articoli, a volte con emoticon”.

Al di fuori di questi territori c’è Rivista Studio che riprende l’articolo di Literary Hub (citato sopra) sulla chick lit e minima & moralia che dedica uno spazio a Virgina Woolf, in occasione dell’anniversario della sua nascita.

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ilLibraio.it nei mesi scorsi ha proposto una serie di riflessioni su maschilismo & letteratura, che ha coinvolto editori, scrittrici e addetti ai lavori come Luigi Spagnol, Michela Murgia, Renata Gorgani, Elena VarvelloBianca Pitzorno e Maurizia Rebola. E altre ne arriveranno nelle prossime settimane.

Dal punto di vista della fiction, la rivista effe, qualche tempo fa ha pubblicato un’uscita interamente dedicata a racconti scritti da donne.


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Mentre sui social…

Il dibattito, così come del resto avviene anche negli Usa e in tanti altri paesi, avviene prevalentemente sui social network, dove un giorno sì e l’altro pure si scatenano polemiche, spesso connesse alla condizione delle donne. Al di là dei toni più o meno accesi, non mancano anche in Italia, per fortuna, personalità, e comunità online, attente a questi temi. Il rischio, però, è che nel flusso infinito di post e tweet che accompagna le nostre vite iperconnesse, tanti punti di vista interessanti e utili a riflettere vadano persi. Ecco perché siti letterari e riviste culturali possono giocare un ruolo importante in questa fase complicata.


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