“Finalmente si parla di follia, o meglio: la si fa parlare. E se dovesse diventare (addirittura) una moda, non sarebbe neanche una cosa malvagia: c’è un debito di secoli di silenzio, di vergogna, di incuria nei sui confronti…” – In occasione dell’uscita del romanzo “Beati gli inquieti”, la riflessione dell’autore Stefano Redaelli su ilLibraio.it, con riferimenti a ben 21 testi sul disagio mentale pubblicati in Italia negli ultimi 6 anni (alcuni insigniti di prestigiosi premi letterari)

Franco Basaglia ne sarebbe contento: negli ultimi sei anni sono state pubblicate ventuno narrazioni di scrittori italiani che mettono il disagio mentale in primo piano (alcune insignite di prestigiosi premi letterari). Dal 1978 (anno di approvazione della legge 180) non se n’era mai parlato così tanto. Qualcosa è successo, qualcosa d’importante, che Basaglia auspicava almeno quanto la chiusura dei manicomi.

Non voglio prediligerne alcuni a scapito di altri, preferisco (in un gesto democratico di livellamento) nominarli tutti, accostando nomi famosi a nomi meno noti, grandi editori a piccoli, libri promossi a piene pagine su testate nazionali a brossure che in pochi hanno intercettato e letto.

Inizio da Simona Vinci, che nel 2016 vince il Premio Campiello con La prima verità (Einaudi Stile Libero): un lungo viaggio nella follia attraverso Leros, Budrio (città natale della scrittrice), la Sierra Leone.

Simona Vinci

Dello stesso anno sono i romanzi Medusa (Tunué, 2016) di Luca Bernardi e Io e Henry (Marcos y Marcos, 2016) di Giuliano Pesce, costruiti (con registri completamente diversi) intorno alla schizofrenia, nonché Il libro di un pazzo (Giometti&Antonello) di Giovanni Antonelli (ristampa dopo più di un secolo delle note biografiche del poeta anarchico, a cui Lombroso dedicò un capitolo in Genio e follia).

Nel 2017 Simona Vinci pubblica Parla, mia paura (Einaudi Stile Libero), uno splendido racconto sul potere curativo della parola, e Fabio Iuliano Lithium 48 (Aurora Edizioni). Nel 2018 vengono pubblicati: L’uomo che trema (Einaudi) di Andrea Pomella (memoir su una depressione), Tredici canti (Neri Pozza) di Anna Marchitelli (archeologia manicomiale), La galassia dei dementi (La Nave di Teseo) di Ermanno Cavazzoni (fantaracconto sull’idiozia del futuro), Il 23 agosto. Un piattello di segreti (Eretica) di Gianluca Garrapa.

L'uomo che trema andrea pomella

Altri quattro titoli sono del 2019: Svegliami a mezzanotte (Einaudi) di Fuani Marino (racconto di una depressione), Sbagli (Castelvecchi) di Martino Marazzi (cinque storie schizofreniche), Fuori per sempre (Marcos y Marcos) di Doris Femminis (infermiera psichiatrica) e il Premio Campiello 2020, Vita morte e miracoli di Bonfiglio Liborio (minimum fax) di Remo Rapino (un secolo narrato da una “cocciamatte”).

Nel 2020 vengono conferiti due importanti premi letterari al racconto del disagio: Premio Strega Giovani a Daniele Mencarelli per Tutto chiede salvezza (Mondadori), Premio Flaiano Giovani a Claudia Petrucci per L’esercizio (La Nave di Teseo). Del 2020 sono anche Ex O.P (Tabula Fati) di Maria Ester Graziani, Maddalena bipolare (Golem Edizioni) di Ornella Spagnulo e Ligabue Fandango (Corsiero Editore) di Roberto Barbolini (ristampa, a quasi vent’anni dalla prima edizione, di un romanzo visionario dedicato al genio malato).

Fuani Marino - Svegliami a mezzanotte

E siamo arrivati all’anno in corso, che si apre con un libro che ha fatto molto parlare: L’arte di legare le persone (Einaudi) dello psichiatra Paolo Milone. Il verbo “legare” ha una polisemia critica (molto apprezzata dai critici letterari, non altrettanto dagli psichiatri): legare a sé in una relazione terapeutica, legare nel senso della contenzione. Ci sarebbe molto da dire. Magari in un altro articolo.

Ho nominati venti libri: dell’ultimo non posso parlare, non sarebbe elegante. Ma posso provare a tirare le somme.

Non credo che il disagio mentale sia aumentato negli ultimi sei anni (non mi riferisco qui alle conseguenze della pandemia, che potremo osservare e capire meglio negli anni a seguire).

Non credo neppure che sia una moda, un tema di tendenza (magari alcuni editori la pensano così). Nei libri che ho citato il disagio mentale non è mai marginale o funzionale alla storia, né pretesto né contesto per poi parlare di altro. Il disagio è la scaturigine del racconto. E se dovesse diventare (addirittura) una moda, non sarebbe neanche una cosa malvagia: c’è un debito di secoli di silenzio, di vergogna, di incuria nei sui confronti.

La cosa davvero importante è che se ne sta parlando e scrivendo.

Finalmente si parla di follia, o meglio: la si fa parlare. Ci si dispone ad ascoltarla: “Voce confusa con la miseria, l’indigenza e la delinquenza, parola resa muta dal linguaggio razionale della malattia, messaggio stroncato dall’internamento e reso indecifrabile dalla definizione di pericolosità e dalla necessità sociale dell’invalidazione, la follia non viene mai ascoltata per ciò che dice o che vorrebbe dire” (Franco Basaglia).

La chiusura dei manicomi è stata metà della riforma che Basaglia auspicava. L’altra metà, la più difficile, consiste nel colmare il solco che divide il mondo dei sani da quello dei malati, nel cancellare lo stigma, nel combattere il pregiudizio, lo stereotipo, l’ignoranza.

E questo non può farlo la medicina da sola né la politica. Ci vuole la letteratura.

Basaglia ne sarà contento e con lui milioni di persone che ogni giorno si confrontano con il disagio mentale, proprio o di chi gli sta accanto: medici, pazienti, familiari, amici, care giver. Milioni di persone spesso sole, che potrebbero (grazie anche alla letteratura) compaginarsi in una “comunità di cura e di destino” (illuminate parole di Eugenio Borgna).

Beati gli inquieti, Stefano Redarelli

L’AUTORE E IL LIBRO – Stefano Redaelli è professore di Letteratura Italiana presso la Facoltà di Artes Liberales dell’Università di Varsavia. Addottorato in Fisica e Letteratura, si interessa dei rapporti tra scienza, follia, spiritualità e letteratura. È autore delle monografie Circoscrivere la follia: Mario Tobino, Alda Merini, Carmelo Samonà (Sub Lupa, 2013),  Nel varco tra le due culture. Letteratura e scienza in Italia (Bulzoni, 2016), Le due culture. Due approcci oltre la dicotomia (con Klaus Colanero, Arcane, 2016), e di numerosi articoli scientifici. Ha inoltre pubblicato la raccolta di racconti Spirabole (Città Nuova, 2008) e il romanzo Chilometrotrenta (San Paolo, 2011).

Ora è in libreria con il romanzo Beati gli inquieti (Neo Edizioni), secondo classificato al Premio Nazionale di Letteratura Neri Pozza 2019: Casa delle farfalle è il nome della struttura psichiatrica a cui Antonio, ricercatore universitario, si rivolge. Per raccontare la follia, d’altronde, devi osservarla da vicino, conoscerla, abitarla. Il protagonista prende quindi accordi con la direttrice e si finge un paziente. I matti dicono sempre la verità, sono uomini liberi, e così Antonio scopre le storie delle persone che vi abitano, le loro ossessioni, le paure, i loro desideri. Conoscerà Marta, Cecilia, Angelo, Carlo e Simone; ma sarà costretto a conoscere anche sé stesso, più a fondo di quanto abbia mai fatto prima.

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