“Nei social network, che ci piaccia o no, si svolge buona parte del dibattito pubblico contemporaneo. Oggi ci si informa sui social, si comunica sui social, ci si arrabbia sui social, ci si innamora sui social. E se non vogliamo escludere la filosofia dal mondo, rendendola nulla di più che un coltissimo hobby per studiosi, dobbiamo anche fare filosofia sui social!”. Con questo appello Eugenio Radin, divulgatore con la pagina Instagram “White Whale Cafe” e autore di “Argomentare, Watson!”, promuove la scoperta della “filosofia-social” attraverso il luogo dove Platone ambientò uno dei suoi dialoghi più importanti: il simposio (e di divulgazione culturale online si parlerà con ilLibraio.it al Salone del libro di Torino il 10 maggio)

C’è una domanda che, nella mia attività di divulgatore, mi viene rivolta spesso: “È possibile fare filosofia in un luogo così chiassoso, impulsivo e irrazionale come i social network?”.

La mia risposta è che non solo è possibile, ma addirittura auspicabile, come ben sapeva Socrate!

«Ma come!» diranno subito i miei attenti lettori, «Ai tempi di Socrate non esistevano i social». Certo, questo è vero, ma esistevano altri luoghi altrettanto chiassosi, impulsivi e irrazionali. Uno di questi erano i simposi.

A chi ha studiato filosofia la parola “Simposio” farà immediatamente riaffiorare alla mente le dotte dissertazioni su Eros raccolte nell’omonimo dialogo platonico. Ma vi assicuro che la maggior parte dei simposi antichi era un qualcosa di molto diverso da un erudito ritrovo di anime belle. Al contrario, il simposio era un luogo di pulsioni, in cui ci si riempiva la pancia di cibo, la gola di vino e i lombi di desiderio sessuale.

E allora com’è possibile che uno dei testi più celebri della tradizione filosofica occidentale sia ambientato durante uno di questi degenerati banchetti? Come si spiega che Platone scelga di ambientare uno dei suoi dialoghi più importanti proprio in un simposio? La risposta, a parer mio, ha un che di rivoluzionario.

A differenza dei suoi predecessori – a differenza di Talete o Anassimandro, che meditavano sull’arché e sull’origine del mondo; all’opposto di Eraclito l’Oscuro che rifuggeva la gente; contrariamente al mistico Pitagora e ai suoi circoli iniziatici – Socrate (e con lui il suo allievo prediletto: Platone) per la prima volta, si rende conto che la ricerca filosofica deve partire dall’uomo. E che l’essenza dell’uomo è molto più presente in un simposio che non in un libro o nella polverosa aula di una qualche accademia.

Quindi, per tornare ai giorni nostri, se vogliamo che la filosofia rimanga uno strumento valido per affrontare le domande e i problemi che interrogano il nostro presente, il nostro futuro e la nostra umanità, non possiamo non fare i conti con i luoghi in cui questa umanità esprime se stessa. E questi luoghi comprendono certamente le università, le riviste accademiche, i libri, le rassegne culturali; ma comprendono anche le piazze, i talk show, la cultura pop e i social network.

Nei social network, che ci piaccia o no, si svolge infatti buona parte del dibattito pubblico contemporaneo; le giovani generazioni (ma non solo loro!) ci passano diverse ore ogni giorno. Oggi ci si informa sui social, si comunica sui social, ci si arrabbia sui social, ci si innamora sui social, si lavora con i social. E se non vogliamo escludere la filosofia dal mondo, rendendola nulla di più che un coltissimo hobby per studiosi, dobbiamo anche fare filosofia sui social! O, per lo meno, utilizzare queste tecnologie per trasmettere una passione e aprire mondi.

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salone del libro di torino 2023

“A SCUOLA DA TIKTOK” – L’INCONTRO ORGANIZZATO DA ILLIBRAIO.IT AL SALONE DEL LIBRO DI TORINO – Eugenio Radin sarà protagonista al Salone Internazionale del Libro di Torino, venerdì 10 maggio, alle ore 19, all’Arena Bookstock, con l’incontro A scuola da TikTok a cura del sito ilLibraio.it. Con il divulgatore, autore di Argomentare, Watson! (Ponte alle Grazie), saranno presenti: Victor Diamandis (booktoker, creator del canale TikTok del sito ilLibraio.it e autore), Enrico Galiano (insegnante e scrittore, protagonista anche su Facebook, Instagram e TikTok), Maura Gancitano (autrice, divulgatrice, editrice e co-fondatrice di Tlon), Giusi Marchetta (insegnante e scrittrice, esperta di promozione della lettura), con la moderazione di Silvia Cannarsa (redattrice del sito ilLibraio.it).

E qui arriviamo al compito della divulgazione, che non dovrebbe essere confuso con il compito dello studioso o con quello dell’insegnante.

Alberto Angela, uno dei più amati e dei più capaci divulgatori italiani, ha scelto come sottotitolo per il suo programma: “Il piacere della scoperta”. Credo che proprio nella capacità di trasmettere questo piacere per la scoperta, risieda la missione più grande di ogni divulgatore. Il divulgatore, infatti, è proprio colui che sa generare nelle persone la meraviglia verso qualcosa che prima era loro totalmente sconosciuto o indifferente. Colui che sa stimolare la curiosità e il desiderio di conoscenza.

Non dovremmo però dimenticare che la scoperta è il punto di partenza del cammino conoscitivo e non, invece, il punto di arrivo. Cosa significa? Che un video su TikTok non può sostituire la ricerca, l’approfondimento e la fatica dello studio, ma dev’essere l’utile pungolo – il punto di partenza che ci indirizza verso un nuovo cammino, destinato a svolgersi (questo sì) anche fuori dai social.

Per concludere: nell’antica grecia, oltre ai simposi, c’erano anche altri luoghi chiassosi, irrazionali e poco adatti alla riflessione intellettuale: i porti. Mi vengono in mente almeno tre famosi dialoghi platonici che iniziano proprio al porto di Atene: “La Repubblica”, “Il Teeteto” e lo stesso “Simposio”. Potremmo dedurne che Socrate (protagonista di tutti e tre i dialoghi) avesse un’innata passione per l’ingegneria navale, ma è più facile pensare che il porto, proprio come i simposi e come i nostri feed social, fosse un altro di quei luoghi ricolmi di umanità, in cui Socrate gettava la propria esca, ascoltava i propri interlocutori.

Non mi viene in mente, però, alcun dialogo né alcun viaggio che si concluda in un porto. Esso deve dunque rimanere il punto di partenza da cui ammirare nuovi orizzonti e da cui spiegare le vele, seguendo il monito dell’Ulisse dantesco: E misi me per l’alto mare aperto.

Argomentare, Watson di Eugenio Radin

L’AUTORE E IL LIBROEugenio Radin, vicentino, diplomato in violino al Conservatorio, laura magistrale in Filosofia, lavora come social media manager. Ama la montagna, la musica e la letteratura. Dal 2022 ha aperto White Whale Cafe, un profilo Instagram da oltre 105mila follower dove parla di filosofia e letteratura.

Nel suo saggio edito Ponte alle Grazie, Argomentare, Watson, il giovane autore tratta il tema dell’argomentazione e delle fallacie logiche.

Come facciamo a distinguere un ragionamento corretto da uno scorretto? Esiste un modo di ragionare giusto, che conduca a conclusioni valide? Sì, esiste e si può imparare. È un’arte antica, risale alla Grecia di Pericle, l’ha codificata Aristotele: è l’arte dell’argomentazione…

Il libro insegna a riconoscere le fallacie, i falsi argomenti. Lo fa attraverso le storie di uno dei più grandi ragionatori di tutti i tempi, l’amatissimo Sherlock Holmes, che guida noi e l’esterrefatto Watson a disvelare gli inganni che si annidano nei ragionamenti. È dal sonno della ragione che nascono i mostri, ma possedere la spada affilata dell’argomentazione e saperla usare può aiutarci a sconfiggerli, di qualsiasi tipo essi siano. Reali, immaginari, politici, etici, comunicativi.

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