Mercoledì 8 giugno si conoscerà la cinquina (o sestina?) del premio Strega 2022. Ecco i retroscena raccolti da ilLibraio.it in vista dell’attesa semifinale (mentre già circolano quelli sul 2023, quando potrebbero sfidarsi alcuni big…), e qualche spunto di riflessione sull’evoluzione del riconoscimento letterario italiano più ambito, sempre meno segnato dalle polemiche: sta cambiando l’immagine che lo Strega vuol comunicare di sé al mondo letterario, ai media e al pubblico? E anche la definizione di “libro da Strega” va rivista, alla luce dell’evoluzione degli ultimi tempi? 

Erano davvero tanti, ben 74, i libri proposti dagli Amici della domenica, i giurati del riconoscimento letterario più ambito. Ma a contendersi l’ingresso alla finale del premio Strega 2022, come da regolamento, saranno in 12: la cinquina (che potrebbe anche essere una sestina se tra i 5 libri più votati non ce ne sarà uno pubblicato da una piccola casa editrice) si conoscerà mercoledì 8 giugno. Alla vigilia, il 7, a Cinecittà si conoscerà il romanzo premiato dagli studenti, che vincerà il Premio Strega Giovani.

premio strega 2022

Questi sono quindi giorni di attesa e tensione, in cui tra gli addetti ai lavori si gioca al #totocinquina e in cui le case editrici sono impegnate nella ricerca di voti che potrebbero risultare decisivi. Sì perché, stando ai retroscena raccolti da ilLibraio.it, se si esclude il nome del favorito, la sfida appare apertissima, come in poche altre semifinali dello Strega, almeno tra quelle degli ultimi anni, e sono diverse le case editrici, le autrici e gli autori che sentono a un passo l’ingresso in finale, in programma giovedì 7 luglio al Ninfeo di Villa Giulia.

IL FAVORITO

In un’edizione dello Strega poco prevedibile e non semplice da decifrare (non si può non notare, ad esempio, come, nella “dozzina” di quest’anno, a parte poche eccezioni, manchino nomi molto noti al grande pubblico… ma a quanto si dice più di un big potrebbe esserci nel 2023…), scaramanzie a parte le voci della vigilia convergono sulla presenza in finale, da favorito, di Mario Desiati, autore di Spatriati (Einaudi), un libro capace di emozionare nel profondo.

IN TANTE E TANTI PER 4 POSTI

Dietro Desiati, la gara, come detto, a quanto ci risulta dovrebbe essere apertissima: da Marco Amerighi, autore di Randagi (Bollati Boringhieri) a Claudio Piersanti (Quel maledetto Vronskij, Rizzoli), passando per Fabio Bacà (Nova, Adelphi – in cinquina anche al premio Campiello) e Alessandro Bertante (Mordi e fuggi, Baldini+Castoldi), senza dimenticare autrici come Jana Karšaiová (Divorzio di velluto, Feltrinelli), Daniela Ranieri (Stradario aggiornato di tutti i miei baci, Ponte alle Grazie – selezionata a sua volta per la finale del Campiello) e Alessandra Carati (E poi saremo salvi, Mondadori), oltre allo stesso Davide Orecchio (Storia aperta, Bompiani), i contendenti per i quattro posti restanti non sono certo pochi.

RAIMO IN DUBBIO

Un paragrafo a parte lo merita Veronica Raimo, che con Niente di vero è al momento l’autrice del libro più venduto, ad oggi, tra quelli arrivati in semifinale. Da un lato per Einaudi (Torino) non sarebbe certo facile gestire la presenza di due libri in cinquina (Desiati e Raimo), dall’altro è difficile pensare che un’opera così apprezzata da pubblico e critica possa restar fuori dalla finalissima di luglio. Staremo a vedere.

SARÀ SESTINA?

Se tra i cinque semifinalisti più votati sarà assente un libro edito da un piccolo editore, come anticipato il regolamento apre a un sesto finalista (l’unico precedente – ma la norma è di recente introduzione – è del 2020, con Jonathan Bazzi): ecco quindi che quest’anno potrebbe entrare in finale Veronica Galletta, autrice per minimum fax di Nina sull’argine, che appare favorita rispetto a Marino Magliani (Il cannocchiale del tenente Dumont, L’Orma).

C’è un altro aspetto da considerare, che potrebbe essere tema di dibattito dopo l’annuncio del gruppo di finalisti. In più occasioni, albo d’oro alla mano, si è detto delle rare vittorie di scrittrici al premio Strega (vale per molti altri premi letterari, anche internazionali). L’ultimo successo di un’autrice al riconoscimento romano è del 2018, quando a imporsi fu Helena Janeczek. Lo scorso anno in cinquina le autrici erano in maggioranza (3 a 2), mentre due anni fa in sestina l’unica donna era Valeria Parrella, tra l’altro protagonista di un polemico botta e risposta nelle interviste durante la diretta Rai della finale del Ninfeo. Vedremo quest’anno.

LO STREGA STA CAMBIANDO? CON IL NUOVO REGOLAMENTO MENO POLEMICHE E POCHE CERTEZZE

A conferma dell’impatto delle novità che negli ultimi anni sono state introdotte nel regolamento e nella giuria (via via ampliata) dalla Fondazione Bellonci, è da tempo ormai che non si parla più, spesso con oltre un anno di anticipo, di vincitori annunciati (l’ultima volta è accaduto nel 2017, quando si impose Paolo Cognetti con le Otto Montagne). Nelle edizioni successive, infatti, non sono mancate le sorprese e spesso le previsioni degli addetti ai lavori sono state smentite dai verdetti finali. In precedenza, invece, c’era stato un (lungo) tempo in cui le voci sul probabile vincitore circolavano già nel corso dell’edizione precedente, o addirittura da prima (e praticamente mai si sbagliavano).

A dire il vero, come si accennava prima, circolano già retroscena (da prendere con le pinze, visti i colpi di scena degli anni scorsi) sull’edizione 2023, quando potrebbero sfidarsi autrici e autrici molto amati (alcuni già protagonisti al Ninfeo in passato). Vedremo…

Inoltre, anche le polemiche, che hanno caratterizzato sin dalle prime edizioni la storia del premio romano, da qualche tempo sono diminuite, e le recriminazioni e gli attacchi si sono affievoliti.

Lo stesso Tullio De Mauro, noto linguista, ministro dell’istruzione ed ex presidente della Fondazione Bellonci, venuto a mancare all’inizio del 2017, non ha mai nascosto che “attacchi e critiche fanno parte della storia della manifestazione”, e che nel tempo hanno portato un innegabile contributo alla visibilità mediatica e alla mitologia che a essa si lega.

Non sarà dunque un “rischio”, proprio per la visibilità del premio (che resta il più ambito, perché contribuisce alla notorietà e alla carriera del vincitore o della vincitrice, e alle vendite del libro trionfatore come pure a quelle degli altri testi finalisti), il venir meno di dispute e provocazioni?

Proprio alle polemiche legate alla storia del premio, del resto, lo stesso Stefano Petrocchi nel 2015 ha dedicato un libro, La polveriera, edito da Mondadori. Una definizione, “la polveriera”, che nasce da Maria Bellonci, consapevole che lo Strega tenda a infiammare gli animi dei protagonisti della competizione. Si pensi, per restare al passato del premio romano, all’edizione 1968, con il furente ritiro di Pier Paolo Pasolini, nell’anno in cui vinse Alberto Bevilacqua.

Tornando al presente, con le novità introdotte di anno in anno nel regolamento (e che hanno effettivamente fermato il discusso, e lungo, strapotere del gruppo Mondadori) il premio è diventato più contendibile. Senza dubbio un obiettivo non scontato quello ormai raggiunto dagli organizzatori, ma le cui conseguenze, su più livelli, andranno osservate nei prossimi anni.

CAMBIA ANCHE LA DEFINIZIONE DI “LIBRO DA STREGA”?

L’impressione, dunque, è che stia cambiando l’immagine che lo Strega vuol comunicare al mondo letterario, ai media e a lettrici e lettori (inevitabilmente, tra l’altro, nei discorsi legati al premio entrano pian piano le istanze e di questi anni, com’è giusto che sia per “un’istituzione” che certo non rinnega il passato, ma che vuole essere rilevante nel presente). Ma sta forse mutando anche la definizione di “libro da Strega”?

Per fare un esempio legato all’edizione in corso, dopo essere stata presentata da un giurato e ammessa alla gara, il Comitato Direttivo ha escluso dai “12” semifinalisti una delle autrici italiane più amate, Viola Ardone, autrice di Oliva Denaro, e già apprezzata per il bestseller del 2019 Il treno dei bambini. Via social, il suo editore, il direttore di Einaudi Stile Libero Paolo Repetti, nelle scorse settimane ha reagito così: “In tanti mi chiedono commenti sulle esclusioni dai 12 del Premio Strega. Rispondo a titolo personale. Le sentenze prima di tutto si accettano. Possono essere però commentate. Credo che il comitato rischi di diventare un Tribunale del canone letterario dell’anno. Mentre sarei più propenso a pensarlo come un filtro per dar conto delle varietà narrative prodotte. Magari con uno sguardo anche al responso dei lettori e della critica. Tutto qui”.

Viene da chiedersi che tipo di libri vuole premiare oggi lo Strega. Sì perché alle caratteristiche dei libri premiati (e non) nel corso dei decenni sono state dedicate analisi e tesi di laurea, e solo per un fare un riassunto servirebbe un articolo a parte.

Saranno le prossime edizioni (già quella 2023, a cui si è accennato…) a dirci se davvero il premio Strega è cambiato, e come, e soprattutto se avrà saputo conservare la propria centralità, adattandosi ai nuovi tempi, ai nuovi gusti, alle nuove dinamiche e alla sua stessa voglia di evolversi.

Per chiudere, citiamo ancora l’ex presidente della Fondazione Bellonci De Mauro, per cui “quello del canone è un lavoro affidato al tempo, e dunque ai lettori di domani. Non spetta a noi oggi indicare chi saranno gli autori che verranno letti nei prossimi anni. Ciò che dobbiamo provare a fare è segnalare letture di alta qualità letteraria“.

Ancora De Mauro: “Gli anni ci diranno. Quanto al giusto e ingiusto, non c’è una Corte costituzionale che valuti la legittimità del voto. I votanti scelgono un libro e un autore che a loro piace. Gli storici della letteratura faranno a loro tempo il loro lavoro”.

Sì, gli anni ci diranno.

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