Scrivere un nuovo libro dopo un enorme successo non è una sfida facile: nel caso di “home body”, Rupi Kaur ha deciso intraprendere la strada della familiarità, ritornando su alcuni dei temi che avevano caratterizzato le sue raccolte precedenti, “milk and honey” e “the sun and her flowers”, questa volta, però, con una consapevolezza ancor più profonda e vibrante – L’approfondimento sulla sua nuova raccolta di versi e su come la poetessa canadese di origini indiane, che su Instagram è seguita da oltre 4 milioni di follower, abbia dato avvio a un importante cambiamento nel mondo letterario contemporaneo

Non avrebbe bisogno di presentazioni, Rupi Kaur, l’autrice che negli ultimi anni ha rivoluzionato il mondo della poesia. I suoi libri hanno venduto milioni di copie nel mondo e, se non avete un suo volume nella vostra libreria, è alquanto probabile che vi siate imbattuti nei suoi versi su Instagram.

Kaur, di cui è appena uscito home body (tre60), è da anni al centro del dibattito: la sua antologia di debutto, milk and Honey, ha scalato le classifiche quando è stata pubblicata nel 2016, e il seguito, the sun and her flower (entrambi pubblicati sempre dalla casa editrice tre60 con la traduzione di Alessandro Storti), non è stata da meno.

Nata nel 1992 nella regione del Punjab, Kaur si è trasferita con la sua famiglia sikh a Toronto quando aveva quattro anni, crescendo con l’inglese come seconda lingua.

Da sempre appassionata di lettura e disegno, sin da piccola sviluppa una passione per tagliare e incollare parole e immagini, dando vita a collage evocativi che raccontano i suoi stati d’animo.

Rupi Kaur_HB_credit Amrita Singh 3

Così, le liriche iniziano a farsi strada nella sua quotidianità: a 17 anni si trova per caso a un recital di poesie e, per la prima volta, legge un suo testo in pubblico. Da subito i suoi versi si contraddistinguono per una semplicità e un’immediatezza davvero rare: sono brevi, freschi, possono essere letti tutti d’un fiato.

Quando si ha a che fare con le poesie di Rupi Kaur non sorge mai la domanda – abbastanza comune quando ci si imbatte in un componimento lirico – “che cosa vorrà dire?“, per questo i suoi versi hanno trovato un terreno fertile sui social che, al contrario di quanto si possa pensare, non nascono per Instagram, ma proprio grazie a esso hanno ottenuto estrema visibilità e condivisione.

L’APPUNTAMENTO CON “LIBIVE” SULLA PAGINA FACEBOOK DE ILLIBRAIO.IT – Il 12 marzo alle 18 Rupi Kaur dialoga con Laura Pezzino, Paolo Armelli e Florencia Abichain DI Stefano

Il nuovo libro: home body

Scrivere un nuovo libro dopo un enorme successo non mai è una sfida facile. Nel caso di home body, Rupi Kaur ha deciso intraprendere la strada della familiarità, ritornando su alcuni dei temi che avevano caratterizzato le sue raccolte precedenti, questa volta, però, con una consapevolezza più profonda e vibrante: si parla di depressione, di ansia, di accettazione di sé, di incubi ricorrenti, di violenze sessuali, di paranoie, di masturbazione, di legami, di solitudine.

Anche questa volta, leggendo le sue parole ci troviamo a compiere un viaggio interiore e intimo, una sorta di flusso di coscienza viscerale dove non esistono punti fermi e maiuscole, ma soltanto quattro sezioni che svolgono la funzione di stelle polari: mente, cuore, riposo, veglia.

Si scende a fondo, nell’oscurità, fino a raggiungere gli angoli più bui del nostro essere. Salgono a galla paure e insicurezze, in una spirale di emotività che fa eco alle nostre parti più nascoste e fragili (come si legge in uno dei primi testi, “come mai mi lascio esasperare / dalla mia mente / quanto sono suscettibile” e dalla relativa illustrazione, che vede un vortice scuro travolgere alcune persone che precipitano).

Emergono passaggi come “non sono all’altezza”, “bugiarda”, “aggressione sessuale“, “solitudine“, “maltrattamenti“. Frasi che mettono in risalto il terrore di restare isolati, il panico da stress, l’intorpidimento nei confronti di una vita che sembra immobile (“voglio qualcosa che / mi tenga per il collo / mi sventri / e mi faccia sentire di nuovo viva”).

Al di là della durezza dei temi trattati, le scelte linguistiche di Kaur sono sempre taglienti e turbanti (“il gioco lo sceglieva sempre lui quando gli dicevo di smettere / diceva che me l’ero cercata / ma cosa ne sapevo io / degli orgasmi involontari / del consenso /e della scelta / a sette, otto, nove, dieci anni”): probabilmente non sono quelle che ci aspetteremmo di trovare in una poesia, ma forse sono quelle di cui abbiamo bisogno per comprendere a pieno il discorso portato avanti dalla poetessa.

IL TEST – Quale poesia di Rupi Kaur ti rappresenta di più?

Il suo scopo sembra essere quello di riportare il componimento poetico a una normalità quotidiana, fatta soprattutto di cadute, di eventi normali e marginali, di espressioni spoglie e ruvide.

Alla domanda “la poesia salverà il mondo?” Rupi Kaur risponde di sì, ma a una condizione: che per salvarci scenda nel mondo stesso, che lo guardi in faccia e ne diventi parte.

E come sempre, alla fine di questo percorso spirituale, si intravede uno spiraglio di luce. Anzi, molto di più: una sorgente di luce che illumina ogni cosa, rendendo anche questo volume (come i primi due) uno strumento per chi è alla ricerca di un testo che possa aiutare a credere in se stessi e nelle proprie capacità interiori (“perdi tutto / quando non ti vuoi bene / – e guadagni tutto quando te ne vuoi”): un manuale poetico per imparare ad amarsi, fatto di versi che fluttuano al centro di una pagina vuota, di disegni stilizzati e di spazi bianchi (“mi sto tirando fuori dal buio a forza di amarmi”).

Il successo, i social e le critiche agli instapoets

In poco tempo Kaur ha realizzato un’impresa apparentemente impossibile: far diventare la poesia pop, e far avvicinare a essa un nuovo pubblico. Il suo profilo Instagram – al momento della scrittura di questo articolo – ha raggiunto i 4,1 milioni di follower (l’ascesa è iniziata quando Instagram ha vietato una sua fotografia in cui è ritratta sdraiata su un letto con le lenzuola macchiate di sangue mestruale), mentre i suoi libri sono stati acclamati come un vero e proprio caso editoriale.

Non solo: la sua personalità è stata talmente influente che sul suo esempio ha preso avvio un vero e proprio trend editoriale, una nuova generazione di instapoets, ovvero poeti e poetesse che pubblicano versi principalmente sui social media. Tra i nomi internazionali più celebri di questa corrente spiccano Kate Tempest, Hollie McNish e Gabbie Hanna, mentre da noi molto popolari sono, tra gli altri, Guido Catalano, Gio Evan e Marzia Sicignano.

I social si riempiono delle loro poesie e dei loro aforismi, spesso abbinati a illustrazioni minimal ed emozionanti (che ricordano un po’ gli scarabocchi sognanti che facevamo da studenti sui diari). Ma, come prevedibile, davanti a questo nuovo fenomeno letterario e culturale, non mancano critiche e scetticismi.

Eppure, per quanto semplici, i versi di Kaur (e di molti instapoets) affrontano temi attuali e spesso oscuri, come l’amore, il sesso, il rifiuto, le relazioni tossiche, l’alcolismo, gli abusi, gli standard di bellezza, il razzismo e la condizione della donna nell’epoca moderna.

La poesia come rivoluzione

Nonostante le inevitabili polemiche, è evidente che qualcosa di grande sia stato messo in moto da questa poesia istantanea sì, ma sicuramente non passeggera e fugace.

Rupi Kaur può essere vista come la capofila di questa rivoluzione, una figura che ha restituito alla forma poetica il suo principale compito: quello di ripulire il linguaggio da ostacoli e impedimenti, arrivando dritto al cuore di chi legge.

Ma non è tutto qui, perché quello che ha fatto Kaur è stato anche riuscire a svincolarsi da una critica da sempre appannaggio di una determinata categoria – uomini, bianchi, occidentali: il successo di questa giovane donna mostra che c’è stato un cambiamento di potere nella poesia contemporanea. Sono stati infranti gli schemi tradizionali più elitari, lasciando spazio a un modo di esprimersi che non ha voglia di sottostare a regole secolari.

In questo Internet e i social media hanno fornito un’occasione unica, concedendo a chiunque, indistintamente, l’opportunità di prendere parola.

Si è creata un’arena libera e aperta, che ha permesso di cambiare le carte in tavola e di dare voce a chi non l’ha mai avuta. E il mondo tradizionalmente chiuso della poesia (pur con delle eccezioni) è stato arricchito da nuove forme d’espressione, e reso più inclusivo e rappresentativo.

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