Romanzo di Grazia Deledda apparso per la prima volta tra il 1903 e il 1904, “Cenere” torna ora in libreria in una nuova edizione a cura di Michela Murgia, all’interno di una serie interamente affidata a lei, e che ha per scopo la ripubblicazione e il recupero delle opere del Nobel per la Letteratura 1926 – I dettagli
“Per la sua opera di ispirazione idealistica che raffigura con plastica chiarezza la vita della sua isola nativa e affronta con profondità ed empatia le vicissitudini universali dell’uomo”. Con questa motivazione, nel 1926, vinceva il Nobel per la Letteratura Grazia Deledda (Nuoro 1871 – Roma 1936), seconda donna al mondo e unica autrice italiana nella storia, nonché tra le maggiori esponenti della letteratura europea del Novecento.
Cresciuta in Sardegna, esordì giovanissima pubblicando i suoi primi lavori su riviste e giornali. Nel 1900 si trasferì a Roma, città d’elezione in cui presto si affermò come una delle voci più autorevoli sulla scena letteraria. Fu autrice prolifica di romanzi e racconti, tra i quali si annoverano Elias Portolu, L’edera e Canne al vento. Negli anni Venti e Trenta la sua fama si consolidò anche all’estero, e dall’opera Cenere fu addirittura tratto l’omonimo film interpretato da Eleonora Duse.
Ora Utopia riporta in libreria una nuova edizione proprio di quest’ultimo romanzo, consigliandolo a chi ha amato Delitto e castigo di Fëdor Dostoevskij, I Malavoglia di Giovanni Verga e La lunga vita di Marianna Ucria di Dacia Maraini. Così facendo, la casa editrice inaugura l’intenzione di ripubblicare e recuperare i tanti romanzi e racconti dell’autrice sarda, all’interno di una serie serie interamente affidata alla scelta e alla cura di Michela Murgia, che oltre a scegliere i titoli firmerà l’introduzione di ogni libro.
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Nel caso specifico, protagonista di Cenere è la giovane Olì, ragazza madre che abbandona il figlio di otto anni, Anania, alle cure del padre benestante e di sua moglie, così da garantirgli un futuro migliore. Il bambino cresce a Nuoro, nella casa paterna, studia e si fidanza con una ragazza facoltosa, prima di trasferirsi a Roma per frequentare l’università . Il ricordo della madre è vivo nella sua mente, ma la vergogna di essere nato da una relazione extraconiugale e da una donna disonorata è a lungo più forte delle sue ambizioni borghesi, che rischiano di essere minate da un legame inviso alla società .
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Nessuna distanza, però, né fisica né sociale, attenua l’inquietudine interiore del protagonista. Rientrato in Sardegna, Anania scopre che la madre è ancora viva. Si decide perciò a tenerla con sé, sfidando le regole non scritte di una civiltà misogina e crudele. A opporsi, però, minacciando di sciogliere il fidanzamento, c’è la promessa sposa del protagonista, Margherita, che non intende in alcun modo convivere con una donna che ritiene disonesta e senza dignità . Olì, allora, come molti anni prima, decide di farsi da parte, per non rovinare la vita del figlio. E si uccide.
Perché in fondo l’uomo è questo, “una vana fiamma che passa nella vita e incenerisce tutto ciò che tocca, e si spegne quando non ha più nulla“.