L’antieroe è un personaggio ambiguo e complesso, lontano dalla comune definizione di bene e male: si contrappone al classico eroe senza macchia e senza paura ma, per qualche motivo, il più delle volte riesce a catturare l’empatia e il favore del lettore. Da Don Chisciotte della Mancia al giovane Holden, passando per Emma Bovary e Heathcliff, ripercorriamo il ruolo e l’evoluzione dell’antieroe all’interno di alcune delle opere più note della letteratura…

Chi è l’antieroe e qual è il suo ruolo?

Personaggi grigi, ambigui, fragili, rancorosi, pavidi, vendicativi: gli antieroi sono questo e molto altro, eppure, per qualche motivo, spesso sono capaci di catturare il nostro favore e la nostra empatia più degli eroi della storia.

L’antieroe è una figura molto presente nel mondo della letteratura, del teatro, del cinema e del fumetto: le sue motivazioni complicate, le sue emozioni sfaccettate e i suoi pensieri contrastanti lo rendono un personaggio memorabile e di grande interesse.

Ma che cos’è esattamente un antieroe? Quale può essere il suo ruolo all’interno di una storia? Ripercorriamo l’evoluzione di questo tipo di personaggio attraverso alcuni esempi emblematici, provenienti dalla letteratura di ieri e di oggi.

Eroe vs antieroe

Un antieroe è, come suggerisce il nome, un personaggio che si contrappone alla figura canonica dell’eroe, per via di qualità opposte. Se l’eroe è valoroso, deciso, forte o generoso, l’antieroe è spesso calcolatore, volubile, incerto o individualista (se non egoista): gli mancano, insomma, tutte quelle caratteristiche morali, ideali e comportamentali che definiscono l’eroe.

La sua evoluzione nella storia della letteratura ha profondamente cambiato la figura dell’antieroe, rendendolo spesso più simile a una persona comune, con difetti e pregi. E proprio come ogni persona comune, difficilmente può essere riassunto da un solo ruolo o da una sola etichetta: per questo genere di personaggi non si tratta solo di distinguere tra bianco e nero – il più delle volte gli antieroi si aggirano nel mezzo, tra bene e male, in una moltitudine di sfumature.

Proprio per via di questa complessità interiore quello dell’antieroe è un modello molto utilizzato all’interno della narrazione, perché capace di movimentarla con scelte inaspettate e non convenzionali. Si fa portatore dei dubbi e delle incertezze tipicamente umani, compie errori e si redime, cade nella tentazione e (a volte) non è in grado di uscirne. Può accadere che l’antieroe assecondi comportamenti vendicativi, invidiosi o cinici, seguendo una sua logica non sempre giustificabile, ma solitamente comprensibile.

Le sue passioni, debolezze e speranze sono quindi al centro dell’attenzione dello scrittore, che li indaga con scrupolosità per catturare la sua unicità e, con essa, la comprensione e l’affetto del lettore.

Il fascino ambiguo dell’antieroe lo rende molto presente all’interno delle storie, il più delle volte anche come protagonista: la sua potenzialità è quella di costruire una narrazione verosimile e approfondita a livello psicologico, scardinando allo stesso tempo il modello (piuttosto irrealistico) dell’eroe senza macchia e senza paura.

Origine della figura dell’antieroe

Per quanto possa ora sembrarci moderno, sfaccettato e intrigante, tornando indietro all’epica greca l’antieroe sembra rispecchiare più fedelmente il suo nome, senza molte possibilità di rivalsa.

Uno degli esempi più antichi di antieroe è infatti Tersite, che all’interno dell’Iliade di Omero viene presentato come un uomo timoroso e vile, gobbo, zoppo e dall’aspetto sgradevole, appartenente all’esercito acheo. Il suo aspetto e la sua goffaggine, insieme al suo carattere pauroso, hanno la funzione di svilirlo e di esaltare ulteriormente la figura dell’eroe, bello, coraggioso e forte.

Tersite non è spaventato all’idea di criticare o deridere Agamennone e gli altri capi (il suo nome infatti, deriva da “insolenza, tracotanza”). Ma inevitabilmente viene punito per la sua sfrontatezza: nel libro II del poema, infatti, Tersite viene redarguito dal prode Odisseo, e messo brutalmente a tacere con un colpo di scettro.

Anche se non possiamo evitare di sentire nelle sue parole un fondo di verità, il primo esempio di antieroe non brilla certo per carisma, capacità o simpatia: il suo ruolo rimane vincolato alla presenza di un eroe a cui fare da contraltare. Altrettanto svilente e ridicola è la funzione di Dolone, il secondo antieroe dell’Iliade, questa volta appartenente alle fila dei troiani.

Nel corso della storia della letteratura, però, questa tipologia di personaggio ha cambiato aspetto e ruolo, acquisendo centralità nella storia.

Antieroe: alcuni esempi tra i classici della letteratura

Nel corso dei secoli scrittrici e scrittori hanno inserito nelle loro storie personaggi grigi, difficilmente inquadrabili dal punto di vista morale e comportamentale.

Molti di questi personaggi sono rimasti impressi nella mente dei lettori e delle lettrici proprio per via delle loro contraddizioni: vittime e allo stesso tempo artefici del loro tragico destino, è impossibile capire se amarli o odiarli, compatirli o criticarli.

Don Chisciotte

Un primo esempio di antieroe si trova nel primo romanzo europeo in senso moderno, Don Chisciotte della Mancia (1605) di Miguel de Cervantes.  Il suo protagonista è un hidalgo (ovvero un nobile) spagnolo: Alonso Quijano, grande appassionato di romanzi cavallereschi. “A forza di dormir poco e di leggere molto”, però, all’uomo “si inaridì il cervello al punto che perse il senno”: si convinse quindi di essere un cavaliere errante, don Chisciotte della Mancia, e cominciò a viaggiare per la Spagna con il suo scudiero, Sancio Panza.

Don Chisciotte non diventa mai l’eroe che tanto vorrebbe essere: le sue imprese falliscono una dietro l’altra, e nella sua follia trasforma in minacciosi nemici persino dei comuni mulini a vento. Tra litigi, duelli e battute, il povero don Chisciotte combatte furiosamente contro una realtà che non lo riconosce, e il suo ardore non riesce a rivolgersi verso nessun vero nemico.

Don chisciotte della mancia Miguel de Cervantes l'antieroe

È soprattutto durante l’Ottocento, però, che l’antieroe inizia a lasciare il segno nella letteratura, attraverso trame e declinazioni sempre diverse.

Il Conte di Montecristo

Il Conte di Montecristo (1844) di Alexandre Dumas, per esempio, rappresenta un personaggio enigmatico, diviso tra luci e ombre. La lealtà e la fiducia che un tempo caratterizzavano il giovane Edmond Dantès, promettente marinaio della nave Pharaon, vengono prosciugate dal desiderio di vendetta e dal ricordo del male subito. Accusato ingiustamente di essere un bonapartista, Dantès rimane prigioniero per 14 lunghi anni, progettando la sua rivalsa contro coloro che lo hanno tradito. Una volta libero, Dantès costruisce attorno a sé la figura cupa, solitaria e misteriosa del Conte di Montecristo, volto spietato dietro cui si nasconde la sua sete di vendetta.

Copertina de Il conte di Montecristo Alexandre Dumas, che mostra la figura dell'antieroe

Cime tempestose

Passando a Cime tempestose (1847) di Emily Brontë, Heathcliff e Catherine Earnshaw sono due personaggi tanto iconici quanto ambigui e complicati. Da un lato abbiamo Catherine, una donna graziosa, appassionata e vitale, ma anche impulsiva e capricciosa; dall’altro troviamo Heathcliff, prima un giovane sempliciotto e poi un uomo affascinante e letale, animato da un antico rancore. L’amore che lega i due personaggi è altrettanto contraddittorio – bruciante e proibito, nato in giovane età ma destinato a non compiersi fino alla morte.

Madame Bovary

Ritornando in Francia, Madame Bovary (1856) di Gustave Flaubert descrive con minuziosità un’antieroina e la sua drammatica vicenda. La giovane Emma Bovary sogna una vita agiata, ricca di avventura e passione, complici anche le letture romantiche con cui cerca di evadere dalla monotonia. Il suo personaggio rappresenta la ricerca tipicamente umana della felicità, ma allo stesso tempo anche l’incapacità di scendere a patti con la realtà, comprendendo le conseguenze delle proprie azioni. Nella smania di ottenere ciò che desidera, Emma trascina se stessa e la sua famiglia in un vortice distruttivo, tramutando la sete di libertà in un senso di oppressione crescente.

madame Bovary di Gustave Flaubert l'antieroe

Il ritratto di Dorian Gray

Avvicinandoci alla fine del secolo, Il ritratto di Dorian Gray (1890) dello scrittore irlandese Oscar Wilde è uno dei romanzi che mostra in maniera più potente il processo di corruzione del protagonista. All’inizio del romanzo Dorian Gray viene presentato come uno splendido ragazzo, dall’animo gentile e ingenuo, spinto però dalla sua vanità a desiderare di rimanere per sempre bello e giovane. La sua richiesta si esaudisce inaspettatamente: non solo il suo magnifico ritratto invecchia al posto suo, ma è anche in grado di prendere su di sé tutte le sue colpe e i suoi peccati, permettendogli di scivolare sempre di più in una vita dissoluta e corrotta. Continuamente braccato dal terrore che qualcuno possa scoprire lo stato della sua anima, l’orribile dipinto diventa per Dorian un tormento di cui non riesce a fare a meno, tra rimorso e cinismo, fino all’autodistruzione.

La coscienza di Zeno

Scavallando il Novecento, l’antieroe assume delle forme peculiari, come nel caso del protagonista de La coscienza di Zeno (1923) di Italo Svevo: un “inetto“, un individuo debole e incapace di vivere appieno. Come i protagonisti degli altri romanzi dell’autore triestino, Una vita (1892) e Senilità (1898), Zeno Cosini non è in grado di uniformarsi alla società. La sua psicologia viene indagata attentamente, con particolare attenzione per le sue tendenze nevrotiche e i suoi auto-inganni, che inevitabilmente lo conducono a soccombere davanti alla vita. L’inetto è l’espressione moderna di un antieroe fragile e articolato, in cui è impossibile non rivedere un po’ delle nostre stesse paure.

La coscienza di zeno di Italo Svevo l'antieroe

Il fu Mattia Pascal

Tornando un po’ indietro, al 1904, Il fu Mattia Pascal di Luigi Pirandello rappresenta similmente un antieroe incapace di integrarsi alla realtà. Mentre è in fuga dalla sua vita asfissiante, Mattia Pascal legge il suo necrologio, scoprendo che sua moglie e la suocera lo credono morto. È così che decide di crearsi una nuova identità: prende il nome di Adriano Meis e si trasferisce a Roma, incredulo e euforico all’idea di poter ricominciare da zero. La libertà tanto agognata, però, ben presto lo intrappola in un’esistenza che non può assaporare appieno, essendo “vivo per la morte e morto per la vita”.

Il personaggio di Mattia (il cui nome, come ci ricorda il narratore, rievoca una persona un po’ matta) è un antieroe bislacco, un uomo insoddisfatto, senza certezze né obbiettivi, capace di amore ed empatia, ma anche di azioni impulsive. Il suo tentativo di rinascita in Adriano Meis va a vuoto, rendendogli però impossibile tornare indietro: non sapendo più chi egli sia, non può far altro che riconoscersi, semplicemente, ne “Il fu Mattia Pascal”.

Il grande Gatsby

Pubblicato per la prima volta nel 1925, Il grande Gatsby è il romanzo più noto dello scrittore statunitense Francis Scott Fitzgerald, e presenta al lettore un personaggio tragico quanto affascinante. Jay Gatsby è un uomo ricco e influente, che nella sua villa a Long Island ospita feste grandiose e scintillanti, eventi mondani che attirano persone da tutta New York. Dietro al suo aspetto spavaldo, però, Jay Gatsby nasconde il ricordo di un amore lontano, e un passato molto diverso da quello che cerca di ostentare. Gatsby crede di poter riottenere la donna che ama, ma la sua illusione si infrange in un lampo. La sua vita si rivela un’immensa e amara finzione, la storia di un uomo appassionato e brillante, ma destinato a rimanere solo anche in mezzo a un mare di persone.

Il grande gatsby

Il giovane Holden

Concludiamo questa lista (che sicuramente potrebbe comprendere molti altri nomi) con Il giovane Holden di J.D. Salinger (Einaudi, traduzione di Matteo Colombo). Pubblicato negli Stati Uniti nel 1951, il protagonista di questo romanzo è Holden Caulfield, un antieroe unico nel suo genere: ha sedici anni, i capelli tendenti al grigio, un’interesse molto altalenante per lo studio e un’incredibile propensione a esprimersi attraverso parolacce e formule ripetute. Holden è stato espulso dalla sua scuola, ma per non farlo sapere ai genitori girovaga per New York, prendendo poche decisioni accorte e facendo ancora meno incontri felici.

Nonostante si presenti come “il più fenomenale bugiardo che abbiate mai incontrato”, Holden sembra mostrarci la realtà con occhi sinceri, attraverso una sensibilità e un’intelligenza che potrebbero sorprendere. Holden è un ragazzo alla ricerca del suo posto nel mondo, scostante, sprezzante e senza filtri come sono spesso gli adolescenti. Non solo Holden Caulfield sa di non essere un eroe, ma non gli interessa neppure diventarlo, dando forma a un romanzo di formazione unico nel suo genere.

Il giovane Holden

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