A distanza di oltre un decennio dalla precedente edizione, la saga più famosa di Jonathan Stroud torna in libreria con il primo capitolo della Tetralogia di Bartimeus, “L’Amuleto di Samarcanda”. Un’occasione unica per (ri)scoprire un capolavoro dell’urban fantasy e riabbracciare una coppia di nemici/amici che, sul principio degli anni Duemila, hanno saputo conquistare il fandom dei giovanissimi (soprattutto nella fascia middle grade)…
Un desiderio che solo un Jinn poteva esaudire: a distanza di oltre un decennio dalla precedente edizione la saga più famosa di Jonathan Stroud torna in libreria con il primo capitolo L’Amuleto di Samarcanda (Salani, traduzione di Riccardo Cravero).
Una pubblicazione – richiesta a gran voce – per riscoprire un capolavoro dell’urban fantasy e riabbracciare una coppia di nemici/amici che, sul principio degli anni Duemila, hanno saputo conquistare il fandom dei giovanissimi (soprattutto nella fascia middle grade), in particolare all’estero, dove la Tetralogia di Bartimeus è divenuta fenomeno cult al pari di Artemis Fowl o di Percy Jackson…
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Quale migliore occasione – se non quella di un rilancio letterario -, dunque, per dimostrare all’insolito duo tutto quell’affetto che il #Booktok negli ultimi anni ha saputo tributare? Ecco sei cattivi-buoni motivi per cui (ri)leggere L’Amuleto di Samarcanda è una grande idea (e non un’idea per soli grandi). A meno che che non vogliate scatenare la furia del millenario Bartimeus o, ancor peggio, quella dell’undicenne Nathaniel…
Ma prima, un po’ di trama…
Ambientato nell’Hampstead di Londra, dove la magia è prerogativa di molti (basta studiarla), il principio del ciclo vede un apprendista maghetto sottomettere uno spirito demoniaco pur di vendicarsi dello stregone Simon Lovelace, il ministro più arrogante al potere (che l’ha umiliato di fronte al suo tutore Arthur Underwood). Intenzionato dunque a fargliela pagare, il piccolo Nathaniel evocherà il Jinn Bartimeus per introdursi nella dimora del politico e così sottrargli L’Amuleto di Samarcanda, un prezioso manufatto che si dice in grado di assorbire ogni incantesimo gli venga scagliato contro. Salvo poi scoprire che il leggendario talismano (di cui il bambino è ora un possessore illegittimo) è stato in realtà sottratto al governo, acquistato di contrabbando da Lovelace per finalità che lo vedrebbero coinvolto in un possibile attentato terroristico. Una situazione davvero spigolosa che solo la disalleanza fra i due protagonisti potrà, in qualche modo, sperare di risolvere.
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Bartimeus, un Jinn simpaticissimo
Chiamatelo Sakhr al-Jinni, N’Gorso il Possente o Serpente dalle Piume d’argento, Bartimeus è uno dei ventimila Jinn sotto il controllo di Re Salomone, il mitologico sovrano che – ce lo dice il Corano – era in grado di sottomettere gli spiriti per poi utilizzarli in una molteplicità di imprese (dalla edificazione di mura di cinta alla maledizione degli eserciti in battaglia, solo per fare qualche esempio). Un’entità soprannaturale dunque, musulmana e pre-islamica, che nell’immaginario comune meglio si identifica con la figura di un simpaticissimo genio, tipo quello della Lampada di Aladino; ed è per l’appunto così che ce lo presenta Stroud, un mutaforma dalle proporzioni gigantesche il quale, una volta convocato da Nathaniel, dovrà sottomettersi alle volontà del giovane neanche fosse alla pari di un miserabile Folletto. Perché è questo ció che esige l’incantesimo di evocazione: la riduzione in schiavitù dello spirito chiamato a servire. E ciò a patto che il demone non scopra il vero nome del mago che l’ha chiamato; in tal caso il vincolo si indebolirà e la creatura potrà insinuarsi nella mente del suo padrone, contrastandone gli incantesimi.
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Nathaniel, non il prototipo del bravo bambino
Una svista dettata da inesperienza che costerá ben cara all’avventato apprendista; avendo evocato Bartimeus ancor prima dell’assegnazione del titolo (ovverosia del momento in cui gli verrà consegnata la sua identitá ufficiale, quella di John Mandrake), sarà ben facile per il demone risalire al vero nome di Nathaniel, sfruttandolo a proprio vantaggio per ricattarlo in ogni occasione utile. Una vicenda, detta ultima, che ben ci descrive il carattere del ragazzo: disobbediente, rancoroso e sprezzante del pericolo, si caccerá in un guaio dopo l’altro mettendo a repentaglio non soltanto la pazienza del suo schiavo (che, per tale motivo, gli augurerà tutto il male possibile) ma altresì quella degli adulti che lo circondano (la professoressa Lutyens in particolare, che ci andrà di mezzo in prima persona). Un protagonista non proprio esemplare, insomma, né tantomeno il prototipo del bravo bambino; eppure attraverso Nathaniel – e la sua coming-of-age che potremmo definire “al negativo” – viene veicolato un importante messaggio di crescita: che spesso la vita ci educa attraverso gli sbagli, e che gli errori non rappresentano fallimenti ma possibilità di apprendimento che altrimenti ci rimarrebbero precluse.
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Una disalleanza tutta da sorridere
Sulla base di tali presupposti (un sarcastico Jinn in cerca di libertà e un cinico bimbo che lo vuole schiavizzare) il rapporto fra Bartimeus e Nathaniel non potrà che risultare esilarante; inframezzato da battute al vetriolo e rafforzato da una narrazione bipartitica, il litigio fra i due personaggi si rivelerà un divertissement efficace non soltanto per colorire – di black humor – la loro relazione, ma così per dare ritmo a un dialogo sempre sul pezzo e che non annoia mai (neppure nelle note a piè di pagina). Non storciamo dunque il naso se, in alcuni passaggi, il linguaggio possa risultare al limite del bon ton; attraverso un uso sapiente del battibecco – sempre calibrato e comunque mai scurrile – Stroud costruisce una relazione che sa farsi apprezzare col tempo, un espediente narrativo funzionale agli eventi e che ci insegnerà come, anche nelle differenze estreme, è sempre possibile trovare un punto di contatto. Basta un sorriso.
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Il genere fantastoria (o ucronia fantasy)
Quanto al genere letterario, L’Amuleto di Samarcanda rientra nella cosiddetta fantastoria (o ucronia fantasy); partendo dal presupposto di che cosa sarebbe successo se i più noti avvenimenti storici si fossero verificati in maniera diversa da quanto in realtà accaduto, la saga di Bartimeus ci propone una cronistoria alternativa ove gli Stati Nazionali sono presieduti da maghi e i principali oppositori politici – cittadini “comuni” e stregoni rinnegati – si riuniscono in movimenti clandestini complessivamente definiti sotto il termine di Resistenza. A oggi è Londra la città magica più potente di tutte (il sogno di Lord Voldemort che si realizza, insomma); subentrata a Praga dopo la sconfitta della Guerra dei Trent’anni, è divenuta il centro nevralgico dello scacchiere geopolitico grazie agli sforzi dell’eroico Gladstone, il più importante mago di epoca vittoriana nonché il primo ad aver conquistato lo scranno del Parlamento britannico. Ma i conflitti non sono ancora terminati: al tempo del nostro romanzo Londra è piena di agitatori e spie e Praga domina ancora le pianure a est della Boemia, spingendo con le truppe che si avvicinano all’Italia.
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Manuale di occultismo per grandi e piccini
Se c’è un trigger warning che davvero non ci aspetteremmo in un libro per ragazzi, questo sarebbe: occultismo. Già, perché negli incantesimi di convocazione dei Jinn (ma anche di Folletti, Foliot, Afrit e Marid) c’è tutto un insieme di regole da ricordare: il tracciamento di un pentacolo, l’interpretazione delle rune, la recitazione del rito di purificazione. Ma non solo; consultando di nascosto i tomi segreti di proprietà del Signor Underwood, il giovane protagonista apprenderà altresì le formule di Comando e Controllo, così come quelle contenute nei libri proibiti della grande biblioteca, “Appare; Mane; Ausculta; Te dede; Pare; Redi”. L’utilizzo degli strumenti magici, inoltre, gli permetterà di ottenere poteri incredibili: dagli occhiali per vedere gli ulteriori livelli di realtà (quelli in cui i demoni si manifestano nella loro forma originale) allo Specchio veggente per imprigionare gli spiriti dell’oltremondo, l’armamentario di Nathaniel non necessiterá di alcuna bacchetta, ma di una ferrea memoria e di un coraggio da adulto che mai avremmo pensato di trovare in un bambino.
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Entrambi dedicati a un diverso manufatto esoterico, i volumi che proseguono la saga (L’occhio del Golem e La porta di Tolomeo) approfondiscono la relazione fra Nathaniel e Bartimeus – e Kitty – rivelando i tanti segreti che nel primo romanzo sono solo accennati. “L’intera trilogia”, ha commentato l’autore in un’intervista che fa sempre piacere rileggere, “riguarda il trovare un equilibrio fra personalità e gruppi differenti. All’inizio non c’è un bilanciamento; Bartimeus è sottomesso, i politici hanno il potere e i comuni non ne hanno nessuno. È un percorso alla ricerca di un allineamento” (…) “Bartimeus è carismatico, divertente, energico. Ma se l’intero libro fosse stato su di lui vi sareste annoiati”; per questa ragione “abbiamo i capitoli su Nathaniel che è un personaggio freddo, quasi gelido. Quando c’è lui la storia diviene molto più seria. Nessuno scherzo. Il lettore cambia assieme al loro punto di vista”. Quanto al quarto libro, L’Anello di Salomone, esso torna indietro nel tempo per raccontarci il prequel di Bartimeus al servizio del Re Mago biblico, nella Gerusalemme del 950 a.C. Sempre dello stesso autore, la saga di Lockwood & Co.
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